04 marzo 2006

Ora scriverò, e sarò meno lontano

Non sapevo in che direzione stesse nevicando. Mia nonna mi ha raccontato: "Una volta, prima che tu nascessi, più di 20 anni fa, nevicò il 30 aprile. Le stufe erano ormai spente e fu una giornata molto fredda". Mentre narrava controllava l'acqua in ebollizione, in attesa del momento per versarvi la pasta. Il vapor acqueo le saliva fino agli occhiali, per appannarli. Poi mi ha guardato ed ha sorriso. Dovrei decorare una parete. Dovrei. Magari con un segno indecifrabile per molti, e inconfondibile per quella sola persona. Poi mi siederei sul bordo del mio letto, di fronte alla decorazione e mi auto-scatterei foto in cui la mimica facciale non potrebbe lasciar dubbi sulla gamma dei miei stessi stati d'animo. E in un istante d'incredulità tu verseresti alcol sulle mie ferite e nella mia bocca. E sulle ferite della mia bocca. Il diavolo si toglie la maschera e si scopre innamorato dell'amore. Pareti lisce come specchi d'acqua mi offrono quattrocento colpi per farsi abbattere, quattrocento passi per farsi percorrere, quattrocento appigli per farsi scalare, su su, fino a grattare il cielo, ultimo baluardo tra me ed il mio soffitto. Perchè i pensieri manifesti non osano sollevarsi in aria al di là di dove l'occhio arriva a tracciare i confini del presente. Un sarto, con tratteggi di gesso e puntando spilli, può dichiarare a voce alta il confine tra l'eleganza e la goffaggine. Una chiamata nel cuore della notte, proveniente dalla città, può accendere la consapevolezza improvvisa di essere altrove. Bianco, rosso e blu sono i colori che si possono incrociare sul ponte di un traghetto. La verità è che non ho paura di sanguinare, ma pretendo il dolore che accompagna ogni ricompensa.

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