26 ottobre 2006

Death comes to individuals as their most powerful memory

Oggi ho fatto alcune cose:
Ho lavato la macchina.
Ho preso un insetto prima che diventasse farfalla e l'ho gettato in una pozzanghera.
Ho fatto un bruco nell'acqua.
Mi sono steso per terra e mi sono fatto la barba.
Mi sono raso al suolo.
Ma più importante di tutto è quello che farò, rapimenti permettendo.

22 ottobre 2006

Effetto placebo

La domenica mattina, voglio stare nel mio letto.
La felicità è forse nella schiavitù.
La felicità è distante solamente una linea di basso.
Il passato è passato è passato.
E' tutta una questione di fiducia, o di rispetto, o di saper tacere?
Perchè da un punto di vista razionale, la fede è solo superstizione.
Ma la fede è proprio accantonare il punto di vista razionale.
La fede è fedeltà?
Se perdere la fede vuol dire non credere nell'esistenza di.
Se perdere la fedeltà vuol dire non amare più.
Si esiste solo quando si è amati?
La credenza è sufficiente all'esistenza?
Senza un soggetto credente, probabilmente l'oggetto creduto non esiste, semplicemente "è".
Mi divertivano al liceo i filosofi che dissertavano sull'essere.
E non è solo un problema di significato.
Faccio fatica a comprendere eventi semplici e banali.
Forse sopravvaluto la loro semplicità, o l'importanza della loro semplicità.
Credo d'illudermi che la mia mancanza di controllo mi ponga in completo controllo.
Pensare di poter capire è una forma di superbia?
E' ironico come la morale cristiana trasformi le fonti del male nel male stesso.
Come si può accettare il libero arbitrio e allo stesso tempo condannare chi mette in pericolo solo se stesso?
Il male semplificato comincia quando abbandonandomi alla gola tolgo il cibo a chi non lo ha, quando preso dall'avarizia levo a chi ha bisogno, quando annebbiato dall'accidia costringo chi mi vuole bene a faticare per me.
La gola, l'avarizia e l'accidia, in sè, riguardano solo me.
Concessami la libertà delle mie azioni, voglio rispondere di esse e solo di esse.
E' tutta una questione di rispetto.
Certo, non sarebbe così importante se...
Confesso che ci sono cose in cui non ho mai creduto.
Che ci sono cose in cui non credo più.
La dimostrazione che non esistono risiede nel fatto che possa accettare la loro inesistenza senza cadere in una palese contraddizione.
O che accettarla porta ad una contraddizione così grande che implode in sè stessa.
Scomparendo.
Ma io non sono una scatola nera.
Fossi Linneo mi aprirei, tirerei fuori tutti i miei pezzi e li disporrei ordinatamente sopra un tavolo.
Poi su ogni cosa apporrei una etichetta, e su queste etichette scriverei i nomi delle cose, le cose che ho dentro.
Forse non avrei parole per tutte.
Forse una delle cose sul tavolo avrebbe l'etichetta "I nomi delle cose".
Cerco solo di non combinare guai.
La felicità, o piuttosto la mancanza di felicità, viene solitamente ritenuta provocata da due cause.
La prima è la conoscenza.
Non si può sapere ed essere felici insieme, dicono.
La seconda è la felicità altrui.
Si può raggiungere la felicità solo smettendo di preoccuparsi della felicità degli altri, dicono.
Mi chiedo se le due cose siano in realtà la stessa cosa.
Ora quattro clacson suonano al contempo, ed io li distinguo uno dall'altro.
Sono diversi in timbro, altezza e volume, ma credo vogliano dire tutti la stessa cosa.
Vogliono andare via.
L'altezza non mi dà vertigine.
Ma salire l'altezza, senza appigli, mi mette a disagio: provo insicurezza.
Scendere da una altezza maggiore a quella stessa altezza mi lascerebbe indifferente.
E' una ironia che non avevo mai provato prima d'ora.
Io condivido la sorte del mio baricentro.

17 ottobre 2006

La dipendenza che ebbero l'un per l'altra fu indotta da sottili scosse di dolore e piacere.

Volevano fiori di porpora, cuori di porpora, dolori di porpora, fuori da schemi semplici e razionali fecero qualcosa di ancora più semplice e razionale. Alla base di ogni cosa c'erano loro e tutto intorno lo scenario crollava per riemergere più convoluto, più sconvolto, più rane, più mi fai arrossire, più sento sapore di sangue. Ecco un bicchiere di liquore da mandare giù con un colpo solo, siete pronti? No, è troppo tardi. Siamo circondati. Da chi? Non mi ricordo i nomi. Fa niente. Ma tu sei...? Già. If we could just ignore them. Un gigante e il suo birrino. Fortuna che non si fece più vedere. Le impressioni di quella notte li resero di nuovo fecondi, li rasero al suolo, li sollevarono così in alto, su materassi rossi che pendevano dal cielo. Che folli. Che geniale follia. Brividi così profondi, così terribili, così sconquassanti, così disarmanti, che così non vale. Che valgono più della loro esperienza. Innumerabili. Potrei impazzire, lo sai? Scusami. Non devi dirmi mai scusa per queste piccole cose. Non tu. Non noi. Labbracciati.

15 ottobre 2006

Il giorno prima di ieri ho detto una parola piena di "s"

Il conto delle cose che possono accadere in due giorni è un fatto di puro calcolo. Un singolo gesto ripetuto un numero incalcolabile di volte è invece un frutto. Frutto di incontrollabile volontà. Puro, in un modo diverso. Puro in tre volte cento modi diversi. Succoso e zuccherino, aspro e mordace. Dare indietro (ed era la prima volta) quello che devo sempre rubarti. Non basta, non basta. Il più grande difetto di due giorni è che non sono tre giorni. E poi scendi giù, lassù. Alte quote. Perigliose, ma non se si è dotati di ali (cosa per pochi) o se si è trovato il modo di cucire insieme un paracadute di fortuna. O se si è avuta la fortuna di riceverne uno in dono. Odio chi rende stucchevoli e toglie significato alle parole, con romanticismo da quattro soldi, come per: indimenticabili. Ma ci sono quei momenti. Quelli in cui il destino, che è sempre cinico e baro, è voltato dall'altra parte, o è in pausa caffè. Quindi non può vederti, e tu afferri quello che puoi, non volendo neanche sprecarlo a pensare chissà quando o se capiterà di nuovo. E' stato un viaggio lungo, faticoso in fine. E io sono tornato cambiato. Il luogo del ritorno si è fatto trovare cambiato. Quel giorno sembrava un martedì, due giorni sono sembrati uno. Uno. Non occhi nuovi, perchè stavolta non è la vista il senso che vince, non è la vista il senso a dare il senso. E ora possiamo inventare le nostre parole. Mmm.

05 ottobre 2006

Come se piovesse. Ovvero essere felici e averne paura perchè potrebbe finire

C'era un grande sole. Ma graaaande. Ed è scoppiato. E lo seguirò. Scoppierò anch'io. Vedo la pioggia sottile, in controluce, intorno alla luce di un lampione. Non quel lampione, quell'altro, quello lontano. Scoppierò quando avrà piovuto abbastanza, ed io mi sarò dissetato. Mi gira la testa... mi gira la testa mi gira la testa mi gira la testa... sono piccolo piccolo piccolo, stupido stupido stupido.... mi gira la testa, mi gira la testa, faccio un altro giro della piazza, un altro giro, un altro giro. Non andiamo via è ancora troppo presto, non andiamo via, non andiamo via, non andiamo via, non andare via, non andare via, non andare via: è ancora troppo resto.

04 ottobre 2006

Solo una parte infinitesima (se ti dico "lentissimi" cosa mi dici?)

Non vedi com'è facile?
E sì che bastano:
3 scalini,
2 leoni alati di pietra,
6 ranocchie che si fanno i fatti loro e non si degnano di guardarti,
una ringhiera a 1000 metri d'altezza,
un grillo dotato di cellulare con una suoneria fastidiosa
(e altri animali innominati).

Ma ne voglio ancora.
Per questo ho iniziato a contare, partendo da 10, a ritroso.
Esprimere desideri.
Non avere paura di esprimere desideri.
-Ma stai cercando di convincere me o te stesso?
Entrambi.
(come se ci fosse differenza)

Pop up.
E piccoli maiali con le ali.

03 ottobre 2006

Un prato stellato e il pensiero ad un singolo cecio. E poi?

Il cronometro è fermo ad un secondo dallo scoppio del suo segnale acustico. Si può discutere del colore della luna. Questa mattina mi sono tagliato la barba, per mettere un segnalibro sulla serata di ieri sera. Cose semplici e banali, suvvia, ma non così banali, tantomeno così semplici. Perchè questa leggera euforia a posteriori facilita il compito di dimenticare i dubbi della vigilia, il senso di non sapercela fare, la voglia di scappare via e nascondersi nel conosciuto, dallo sconociuto. Poi alla fine, come al solito, la realtà si risolve in qualcosa di meglio dell'idea della realtà. Di molto meglio. Della parte giusta del meglio. Strano il mondo è. Se ho superato un processo in cui io ricoprivo la parte di giudice e di accusato, pubblica accusa e giuria, non lo so. Non ne conosco il verdetto. Mi tengo questa bella sensazione e le schegge di una caccia al tesoro che assomiglia tanto ad un circuito ovale. Tutto è ovale. Io qui ci sono già stato. Torniamo al punto di partenza?