04 marzo 2006

Al diavolo la brace, io voglio la padella

Immagina la scena. Ho appena chiuso. Mi preparo per la notte. Spengo la luce grande, accendo la luce piccola. Prendo il libro. Sono già sovrappensiero, tanto che tolgo il segnalibro dalle pagine segnate e lo dimentico lì. Tiro su il cuscino contro il muro, mi metto sotto le coperte. Apro il libro. Non leggo una riga. Penso. Come potrei toglierti il saluto? Solo perchè non credi alla mia incapace giustificazione di una colpa che non ho mai commesso? Non ci crederei neanche io, visto che è un tale assurdo. Un tale dolce assurdo. Tutto quello che posso portare come prova di una mia ipotetica innocenza è la mia ossessione. Ad ogni canzone d'amore non posso esimermi dal vedere noi due nei panni dei protagonisti. Tu sei ogni "tu" che leggo, che penso, che canto con voce comica e stonata. Quanto tempo è passato? Non ho letto una riga. E' ora di dormire. Dov'è il segnalibro? Me lo cerco addosso, non c'è. Sulla coperta, nemmeno. Sconvolgo le lenzuola. Ah, eccolo. M'alzo. Raggiungo il segnalibro e ripongo il libro. Notte senza fortuna, sii buona.

(Nuova puntata della vicenda Baricco. A gentile domanda, cortese risposta. Pare quindi che la stroncatura già ci fosse. Ma non cambia la sostanza. Ferroni non è in grado. Solo per essere l'autore del mio manuale di letteratura italiana del liceo meriterebbe una punizione esemplare.)

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