25 febbraio 2007

Il bene e il meglio e il male e il peggio escono insieme per un picnic

Due forze negative opposte si incontrano, si stringono la mano, si piegano ad un volere superiore e firmano insieme una lettera di dimissioni. Le motivazioni dei rispettivi psicologi curanti preoccupano più per la grammatica che per la chiarezza di pensiero. Un'allenza scritta molto simile ad una palude. I pensieri stratificati prendono l'aspetto di un progetto ben pianificato, mentre in realtà sono solo coincidenze, pure coincidenze. Possiedo dei pensieri che migrano nelle stagioni fredde verso territori più caldi, territori più a sud. Non li vedo per un certo periodo di tempo e poi rispuntano insieme a certe esternazioni del termometro. Qui abbiamo chiaramente un problema di stima del danno: il problema è che non c'è nessun danno e quindi non serve alcuna stima, nè attestati di. Potrebbe sembrare un girotondo ma anche un inseguimento in cui l'inseguito non si distingue dall'inseguitore, e ci si dà la mano per non rompere l'illusione. C'è un nucleo e una particella che ruota intorno al nucleo, ma non si sa chi è chi. Suppongo che il primo che va a sbattere e si procura una significante quantità di dolore da contatto può esternare senza remore: "ero io che mi stavo muovendo".

Oggi niente storia, mi dispiace.

Io non indosso cravatta, ma se la indossassi avrebbe sempre una coda più lunga dell'altra. Che è come dovrebbe essere, ma le mie sarebbero sbagliate per partito preso. E qualcuno che dimostra meno anni della sua vera età e ha i capelli che sono un gran casino. Ed è una buona cosa. Le bottiglie di birra spuntano e crescono spontaneamente ai bordi delle spiagge tropicali e saltuariamente arriva portata dalla corrente una palma che contiene un messaggio d'aiuto. O d'addio. Tonno e fagioli non si raccoglie bene con la pinza per l'insalata. Ciotole decorate e i cucchiai abbinati. La moquette alle pareti e tavole di legno inchiodateci. Sopra le tavole, raffigurazioni monocromatiche di animali da fattoria: un'oca verde ad esempio. Scrivere tutti i segni d'interpuntazione che conosco uno accanto all'altro e chiedersi come si pronunciano; o che faccia dovrei fare recitandoli. Secondo me ogni punto e ogni virgola e punto esclamativo e due punti corrisponde ad una precisa configurazione di sopracciglia e angoli di bocca. Una sola coperta a coprire tutto il letto. La coperta è decorata con quadrati. Sedercisi sopra a gambe incrociate e a piedi nudi. Una posizione scomoda ma molto illuminante. Tenendo le ginocchia contro il petto aumento la mia capacità di riflettere di un tanto percento. Come potrebbe essere stare sul bordo di una voragine molto profonda, senza protezione? La gente crede a quello che dico e si forma un'opinione di me in base a questi elementi. E' un gioco ed è il motivo per cui non credo a quello che la gente dice. Alcuni punti non importanti, non ordinati:
1) Ci sono delle lacune nelle mie conoscenze e nella mia capacità di comportarmi, ma non sono qualcosa che accetto. "L'importante è essere se stessi" è solo una grande scusa tonda che è piacevole da far rotolare in pianura.
2) Guarda il sole direttamente e potresti danneggiarti gli occhi. Suona come una sfida.
3) Ciano è un bel nome. E' il corrispettivo maschile di Celeste.
4) Sarebbe bello ricevere in regalo uno strumento a fiato e avere la testa rasata.
6) Manca il punto 5.
7) Il mio nome è strano. Anche tutta una serie di cose altre sono strane. Ci deve essere un collegamento.
8) Cambiamo le regole della logica e vediamo cosa succede?
9 e ultimo) C'è questa immagine in cui a cominciare da lunedì ogni giorno è sul gradino superiore di una scala. Poi il sabato cade dalla scala, domenica giace a terra per un po' e poi ricomincia un'altra scalinata.
A chi, avendone il potere, non ti obbliga a vestire in un determinato modo, cosa dai in cambio? Manuali che insegnano ad avere successo. Una volta ad una cena con amici c'era una ragazza con un trucco "dark", tipo tanto nero intorno agli occhi. Qualcuno la derideva un po'. Io penso che renda chiunque più attraente, e l'ho detto ad alta voce. Ma credo sia suonato più come un'altra derisione che come un complimento. Trovare la morte in un incidente diplomatico. Quando è stata inventata la vasca con le palle in cui si mettono ad annoiarsi i bambini? Nomi di colori didascalicamente indipendenti: Blu singhiozzo di pesce, oppure nero violenza domestica. E quando in una clessidra anche l'ultimo granello di sabbia sia disceso nella metà inferiore, è allora che si ha la certezza che una promessa non è stata mantenuta.

22 febbraio 2007

La famiglia degli oboi

Sono dentro. Guardo fuori, fuori è buio, dentro è accesa la luce. Di fuori sono accese le luci di altri dentro. Io col naso contro la finestra. La mia parte tangibile si riflette nella parte nera di un fuori e ha la barba vecchia di tre giorni. Respiro addosso al vetro e si condensa una macchia d'anima grigia a forma di cuore. Cuore il muscolo, non il simbolo. Sono dentro. Io sono la falena - che picchia contro il vetro - che sbatte le ali sfrenata e inebriata dalla luce - che cerca di entrare: come se da questo inutile varco dipendesse la sua sopravvivenza o un orgasmo, che poi sono la stessa cosa. Io la falena mi sbaglio quando formulo pensieri sulla luce e sulla vita. Sono dentro. Sono dentro che guardo fuori e fuori che muoio di volare dentro. Ora dentro è acceso un buio che non assomiglia a nessun altro buio. Sono fuori.


Parte da una vecchia foto. C'è lui e il gruppo dei suoi amici, risale ai tempi del liceo. Una foto di gruppo, scattata in un parco della città in cui abitavano tutti.
Qualcuno cerca di aiutarlo a capire, affinché sia felice. Gli chiedono: "Chi vorresti che tu sia?".
Inizia tagliando via lo sfondo. Poi, con una punta di metallo, gratta via i suoi amici. Lascia solo sè stesso e lei, in questa sorta di alone bianco.
Per lungo tempo, ogni volta gli venisse rivolta questa domanda, lui capiva: "Chi lei vuole che tu sia?". Era un interprete invisibile, che traduceva a sua insaputa ogni parola egli udisse.
Con un pennarello nero indelebile cancella il proprio volto, le mani e tutta le parti esposte del suo corpo, quelle non protette dai leggeri vestiti estivi.
Accadde un giorno, e fu un solo istante, che egli intravide l'ombra di questo oscuro traduttore; e si accorse di quanto fosse tardi.
Strappa via la figura di lei. Inizia a piegare questo frammento a metà, poi ancora e ancora.
Imparò così quanto la lingua parlata da questo osceno e indecifrabile individuo fosse ancora bizzarramente discordante...
...che fino ad allora non aveva fatto altro che ripetergli "Chi saresti se lei ti volesse?"
Rimane un centimetro quadrato della pelle di lei, in scala 1 contro 22.

18 febbraio 2007

Il ricordo della linea di contatto tra il mio orecchio destro e la tua schiena

Mia quando si alzava di pomeriggio. Indossando le stesse cose nelle quali si era già svegliata e addormentata e svegliata di nuovo, usciva dalla camera da letto e a piedi nudi entrava in cucina. La luce del sole che entrava in casa loro, attraverso le spesse tende chiuse di pomeriggio, che aveva un aspetto diverso dal solito. Come se si appoggiasse su quei quattro mobili spelacchiati, invece che caderci sopra con la solita pesantezza. Forse la luce era veramente diversa, o forse era solo un'impressione: lo smarrimento di quando ci sveglia nel cuore del giorno. Mia che si avvicinava al piano del cucinino. Faceva riscaldare una teiera d'acqua sul fuoco e, posato il filtro di carta sulla sua tazza, lo riempiva di quella miscela di thé così amaro e scuro. Guardava il disordine con gentilezza: i piatti da lavare vecchi di tre giorni e accanto la spugna (una di quelle con un lato verde, più ruvido dell'altro); i cartoni vuoti di succo di frutta e le buste della spesa ancora non svuotate del tutto. Mia che saltellava da un piede all'altro sulle mattonelle fredde, in attesa che l'acqua raggiungesse una buona temperatura; I piedi di Mia, decisamente piatti e con le dita piccole e rannicchiate. Le unghie delle mani di Mia, mangiucchiate e smaltate con più ironia che malizia. Mia che versava lentamente l'acqua sulle foglie di thé triturate. Cos'altro si ricordava di lei?
Una cosa ancora: Quando si faceva il bagno ed infilava tutto il corpo sotto il pelo dell'acqua. Rimanevano fuori appena i suoi occhi lisci; che si facevano completamente scuri, velati, come si riempissero di petrolio. E a guardarci dentro, volute iridescenti. L'ultima cosa che gli aveva detto era stata: "Smettila di dire sempre -se c'è una cosa che odio-. Smettila di dimenticare tutte le cose che hai già odiato e che odierai. Credi ancora di essere ragionevole? Se solo non fossi così pieno d'odio e di dimenticanza."
Sì, proprio l'ultima.
Dopo c'era stato tanto silenzio invece, e poco d'altro.
Ma soprattutto frasi non dette e piante appassite.

15 febbraio 2007

Quest'anno mascherati da Panda Molestie Sessuali

Quando si presenta un problema, trovare la soluzione non basta. Ci sono sempre almeno due operazioni da svolgere: individuare la causa e scongiurare il ripetersi. L'eleganza di una soluzione consiste nel ridefinire tutta la procedura in modo da eliminare la causa, in modo che la seconda operazione segua naturalmente. Se necessario, anche attribuire responsabilità personali. Il modo sbagliato di affrontare una difficoltà è quello di "mettere una pezza". Ignorare l'origine di un problema e complicare la procedura in modo da arrivare ad un compimento efficace anche in presenza della causa d'errore. E generalmente il risultato che si ottiene in questo modo non è altro che quello di fare due volte il lavoro: la prima volta sbagliando, la seconda volta in modo corretto.

Credo che, invece di "coriandoli a natale", il titolo originale fosse "cavoli a merenda".

Idea per un fumetto di San Valentino:
Lui arriva sotto casa di lei.
Guarda in alto trasognato.
Nei suoi occhi cuoricini al posto delle pupille.
Lei si affaccia dall'esagerato-esimo piano e lo vede.
Intorno alla testa di lei cuoricini come bolle di sapone, alcuni scoppiano facendo POP.
Lui tira fuori una bomboletta spray.
Le scrive sul marciapiede "PROVIAMO A VOLARE".
Spazio bianco.
Primo piano sulla faccia di lui, sconvolta e distrutta.
Inquadratura del corpo di lei precipitato e fracassato sul marciapiede, in una pozza di sangue, cervella e interiora.

13 febbraio 2007

La troppo poca lisse: peripezie con l'accento sulla seconda e

Stamattina sono andato a lavoro come al solito ma niente di che... a pranzo ho cenato da solo con mio padre; poi oggi pomeriggio invece di andare alla posta ho fatto una passeggiata col cane. Stasera sono andato a basket con il mio amico Marco. Adesso ho finito di mangiare e mi metto a guardare un po' di tv.

11 febbraio 2007

Dormimmo in un hotel alla periferia di Adelaide

All'interno dell'occhio, sulla retina, ci sono due tipi di cellule fotorecettive: coni e bastoncelli. I coni permettono di vedere i colori, ma hanno bisogno di certa quantità di luce, mentre i bastoncelli percepiscono anche a basse intensità, ma non i colori. Al centro della retina c'è una zona chiamata fovea, nella quale c'è un'alta concentrazione di coni. L'elaborazione ad alta risoluzione delle immagini avviene lì. Questo spiega perchè di notte, guardando un cielo stellato, le stelle al centro del campo visivo sembrano scomparire mentre sono più brillanti ai lati. (A me, ad esempio, capita, spegnendo la luce per mettermi a letto, di riuscire a intravedere con la coda dell'occhio una leggera luminescenza della lampadina appena spenta, luminescenza che scompare appena guardo la lampada direttamente). Un'altra caratteristica della fovea è quella di essere praticamente priva di coni per la visione del colore blu. Per questo motivo è molto difficile leggere un testo di colore giallo chiaro su di una pagina bianca: l'unica differenza tra quei due colori è la quantità di blu. Ed è per lo stesso motivo per cui l'evidenziatore giallo funziona così bene: cattura l'attenzione sfruttando la visione periferica che riesce a "vedere" il blu; quando poi si sposta lo sguardo sulla parte evidenziata, ed entra in azione la fovea, il contrasto giallo/bianco diventa poco percebile e non intralcia la lettura.

Oggi, domenica undici febbraio duemilasette. Molti pensano che oggi sia stato preceduto da sabato dieci febbraio duemilasette, comunemente detto ieri, ma solo per oggi. E molti hanno ragione. Quella dei giorni è una serie. Quindi ogni giorno può essere visto come un elemento di una lista infinita. Per comodità di analisi noi riduciamo il sistema osservato: per un giorno, ci sono un giorno precedente e un giorno successivo. Così ogni caratteristica che si può dedurre per un giorno con queste caratteristiche, si può dedurre per ogni altro giorno. Per induzione, cara. Ora, consideriamo la sequenza di questi tre giorni come una sola entità, con oggi non distinguibile da ieri o da domani. Il nostro "esserci" sarebbe adagiato in questi tre contenitori e ne prenderebbe la forma come se fosse acqua. Il problema della percezione del qui ed adesso si può così ridurre ad una questione geometrica, la sezione generata dall'intersezione tra questo oggetto temporale e un piano perpendicolare alla direzione del tempo. Questa osservazione però comporta dei problemi di linguaggio: quello che noi chiamiamo "scorrere del tempo" sarebbe una percezione generata da una osservazione effettuata da un punto di vista che trascende il tempo stesso e lo deduce da qualcosa che tempo non è. Le implicazioni sono innumerevoli. Ma quello che volevo dire è che sono già le sei e tra poco è di nuovo lunedì.

09 febbraio 2007

Esco dal tunnel e la pioggia sul vetro è come una malattia della pelle in avanti veloce

Questo post è lasciato inintenzionalmente bianco.







Lo si consideri riempito con tutti i sinonimi di nulla; scelti tra i possibili, ma soprattutto tra gli impossibili.

06 febbraio 2007

Le mie labbra si sono addormentate

...e ho perso fiducia nell'aiuto del pubblico.
Introduzione melodica, ingredienti per due persone, condire con rumore a piacimento.
Non sono che frazioni trascurabili dell'unità di tempo, quelle in cui io mi trattengo immobile. Non sono modellate con le stesse particelle dell'aria, perchè non le respiro. Sono come flussi, campi invisibili, che mi attraversano quasi fossi a loro impalpabile e ogni volta abbandonano o portano via qualcosa. Invece di doni, pedaggi. Dovrei essere sollevato quando tutto questo accade e invece mi sento tirato giù. Anzi tirato in tondo, come se mi avessero legato le caviglie alla lancetta di un enorme orologio meccanico. Ed in ogni momento il braccio dei minuti indicasse il basso. Poi quando mi sento parlare, mi sembro un essere perfettamente razionale, uno di quelli che tengono nascosti in stanza bianche dalle pareti tempestate di cuscini. Lo so benissimo che ti piace discutere della libertà, ed è per questo che non tiro più fuori questo argomento. Una volta volevamo scrivere un libro e riempirlo di tutte le cose che riempivano il tempo passato insieme. E adesso siamo rimasti senza libro e senza tempo insieme. Gli intervalli delle nostre relazioni impersonali sono così leggeri, leggeri, e i passi fatti sulla strada verso dimenticare verso ricordare così pesanti, pesanti. Che se tu mi stessi lasciando delle mollichine di pane per trovare la strada, io starei andando in direzione opposta; e naturalmente dopo aver girato la testa alla prima mollica sarei già perso. Ci si sta consolando con forme trite quando entra in scena la vocina impertinente: ella fa domande elementari, chiede "ma chi?" "ma perchè?". E mette in crisi un sistema. Allora che la si spinga via, titubando: "Mmmmma, dai, non stare a cavillare, lascia fare, non ti preoccupare". Il problema di girare intorno alle cose è che poi si forma il solco per terra, diventa un binario e non se ne esce più. Io lo so come andrà a finire: Dal punto centrale entrambi si allontano, dandosi le spalle, come duellanti. Lui le ha lasciato scegliere l'arma e lei ha scelto se stessa. L'inquadratura da sopra la spalla di lui, che si gira e la vede andare via: "non si volterà". L'inquadratura da sopra la spalla di lei, che si gira e lo vede andare via: "non si è voltato". Tutto sfuma in un bianco accecante. Cos'è quella cosa che distilli e mi instilli, gocce soporifere o vanagloria?

04 febbraio 2007

Come sono stupidi i titoli delle canzoni inglesi tradotti in italiano

Qui dentro fa eccezionalmente caldo. Eppure in questa marea c'è un iceberg, uno di quelli di cui si vede solo la punta. E' gelido, è solido, così impenetrabile che basterebbe toccarlo per farlo scomparire. Al suo interno ogni cosa è cristallizzata e addormentata. La marea si muove disordinata sospinta da un tempo che viene interrotto, poi cambiato, poi interrotto di nuovo e ancora cambiato. Ci sono luci blu da un lato e luci rosse da un altro lato. Se lì ci fossero l'inferno e il paradiso vorrebbe dire che noi ci troviamo in un limbo (e io non avevo mai immaginato che il limbo potesse essere così buio e affollato). Andiamo ancora più addentro? Io tengo gli occhi spesso chiusi, per il fumo, per non dover sentire con niente altro che lo stomaco e le gambe. Ogni tanto guardo in basso verso lo spazio che ci sta in mezzo. Se apro la mano al massimo, c'entrerà magari due volte in questo spazio: quindi non ci dividono che 50 cm, al massimo. Io non permetto che siano di più e tu non permetti che siano di meno. Ogni tanto guardo te mentre sei girata verso chissà chi altro. A volte mi dici qualcosa e io intuisco che mi stai domandando della canzone che c'è adesso, ma non ti so decifrare, che come al solito il senso di riconoscere le parole è il primo ad andarsene; e allora annuisco, oppure scuoto la testa sconsolato, e ti sorrido. Quando andiamo via non ci sono rimpianti, che la musica tanto è finita.
In tutto ciò che fila così liscio, non manca un certo senso di crudeltà. Può capitare di spaventarsi intravedendo un uomo addormentato dentro un furgone, che non si capisce se ti stia guardando o meno. Può capitare che uno si attacchi all'uso improprio della persona di un pronome, o all'uso sottilmente chiarificatore. Può capitare che uno, dopo aver parcheggiato, si fermi ad ascoltare quei 9 minuti di canzone che il giorno dopo a leggerne il testo erano proprio azzeccati -ma ieri non lo sapevi e allora capisci che era pura ispirazione-. Può capitare che uno, appena sceso dalla macchina, senta impazzire gli uccelli nascosti dagli alberi ancora neri per la notte, e lo prenda il senso di sè e la giornata successiva che si stanno aspettando a vicenda per darsi il cambio. Può capitare che uno prima d'addormentarsi si figuri Oscar Wilde che proclama che la vita vada vissuta come un'opera d'arte, e a me il cyrano mi sta bene che è una gran bella opera: però questo può capitare per colpa di quel gin tonic in più preso perchè lo si era letto il giorno prima in un racconto di Hemingway e lo si voleva provare; ma che l'unico effetto sortito può essere stato quello di aver provocato stupidi pensieri d'amore e di pennacchi.