28 ottobre 2008

vedi alla voce: Astronomia del quotidiano

Adesso non so esattamente sotto che forma io possa apparire, ad un set di occhi standard. Forse bambino, forse cappellaio matto, forse simbologia floreale per carta da parati. Comunque dondolo, sopra un seggiolo di materia plastica. Dentro altalena, dentro sabbiera, dentro giardino, dentro cortile, dentro istituto educativo, dentro dentro dentro: qui reificata la condizione di dentro, la dicotomia delle appartenenze interiori.
Rincorro l'apogeo scalciando. Il bacucco e la bambina non vogliono guardare e si tappano le orecchie: dentro l'avvizzito secchio cerebrale del crapone due pensieri se ne vanno a letto insieme, -emulazione- e -fittizio-. Io vorrei solo quel male di cui tutti parlano, il male che si farà, il male che si è fatto, il male è la droga nei pensieri di loro che parlano di me. Per me quel male è sperimentale e collaterale, come una buca per la terra sotto le unghie.
Importa? Importare significherebbe prendere questa scena e sezionarla come uno scoiattolo sul tavolo operatorio: tirare fuori tutti gli organi, che sono attimi più fili d'erba più anelli metallici, e rimetterli dentro secondo un ordine di gusto arbitrario. Poi, sperare che lo scoiattolo torni ad accatastare ghiande e ad essere adorabile. E' una legge severa quella per cui l'accatastamento delle ghiande avverrà solamente quando non avrà alcuna importanza se ogni ghianda è accatastata o meno.
Millenni, la voglia di buttarsi dall'altalena in swing misinterpretata per desiderio di volare.
Ogni storia umana contempla ineluttabile un ginocchio sbucciato.

15 ottobre 2008

Per lunghi tratti strumentale, poi gente che urla

Prima hai gli occhi chiusi e il mondo lo dividi orizzontale, facile, cielo e terra e orizzonte e così. Poi apri gli occhi e ci sono gli alberi che vanno da giu a su e si sfascia tutto un sistema e l'erba e le persone in piedi e così. Che poi ti viene da ridere per queste cose strane, come che l'unica cosa dritta dritta ma veramente dritta è l'acqua quando se ne sta dentro a qualcosa o quando non se ne sta dentro a niente ma comunque s'appoggia; e poi invece una cosa un poco meno dritta dritta come un filo penzoloni, l'acqua non te lo rimanda mai indietro dritta dritta, ma coi riflessi sempre un po' spezzettati e vibrolanti. Puoi andare a vedere i film, ma dei film non te ne frega niente. Niente, delle poltroncine rosse, niente dei popcorn mezzi coriandoli, niente delle pagliuzze volanti nel cono di luce del proiettante. A te importa solo di aprire la bocca e far aprire la bocca e quando si apre una bocca è bello come qualcuno che ha scritto col gessetto bianco sull'asfalto e poi ha piovuto e poi le foglie gialle. Poi dici che ti vorresti sposare la televisione e la prima notte di nozze deflorare la presa per l'antenna e rimanerci attaccato nell'amplesso elettrosciocco immediatico. Il canale della televisione alla fine lo cambi con il dito medio sui bottoni anche tu, perchè vaffanculo tivù. Hai pensato che in verità il paradiso, quello bianco con le nuvolette, è un campo di concentramento, primo perchè non te ne puoi andare e secondo perchè sì, bello Dio e la beatitudine, però che palle. Ma nessuno ci torna indietro dal paradiso, mica per niente, ma solo perchè è troppo ironico, ironico alla arbeit macht frei, sei in paradiso e ti rompi le palle. Invece poi hai pensato che il paradiso quello vero deve essere come un outlet di poltrone e sofà. Che di un divano non ti stanchi mai. E pure se ti stanchi, c'è sempre un altro divano per riposare.