30 dicembre 2006

Beverage against the machine

La mia mente non è un luogo e il mio cervello non ha anticamera. Non è una macchina, non ci sono le rotelle, nè lampadine che si accendono. Non ci sono fessure per infilare le monetine e non ci sono tasti da premere, o, più pudicamente, da non premere. Non ci sono nemmeno pensieri che frullano o neuroni che muoiono di solitudine. Io dico di pensare, ma la verità è che non so cosa succede là dentro. Non so nemmeno se succede là dentro. Non so nemmeno se succede. Tenerci intorno la maggior parte degli organi di senso non sembra nemmeno un grande idea, visto che mi sembro ancora un singolo punto flottante con un corpo che ci penzola sotto.

- La mia faccia è qualcosa che appartiene agli specchi, non a me - (sì, ho pensato a tutto)

Non mi ero ancora fatto le domande e già mi avevano insegnato che non ci sono risposte. Che l'importante è farsi le domande. "Cogito?" ergo sum. Ma forse, forse, forse c'è qualcosa che non va. Saranno state quelle sbagliate, ma io qualche domanda l'ho fatta. E ancora non sento niente. "Sono" non si risolve mai e i denti rimangono stretti, mentre la 's' si allunga a dispronuncia. Sembra il suono di qualcosa che si sgonfia. "L'importante non è la meta, ma la strada percorsa" dice il manovratore di tapis roulant, ridendo sotto i baffi. Perchè non può che avere i baffi, neri e folti. Di tapis roulant lunghissimi, come quelli che ci sono negli aereoporti. Concetti banali, ma con il giusto ritmo. La mia ontologia è un'antologia. La mia etica è emetica. E malgrado belgrado, instant Boole instant Boole. La prima cosa che comprerò l'anno prossimo sarà lo stesso paio di scarpe che ho indossato quest'anno. E non sarò ricco.

- Natale non è il mio babbo -

Nei miei sogni c'è la regia: primissimi piani, carrellatte, filtri colorati. Nell'ultimo c'erano anche gli effetti speciali scadenti, per giunta. Una di quelle scene in computer grafica che saltano subito all'occhio per mancanza di naturalezza. Un insetto che cammina sulla mano di uno dei personaggi e io che penso: "si vede che è finto". Mi sono svegliato ripetendo il nome di questi insettini colorati, "nocetti", che da questa parte della realtà sembrano non esistere. Altri sogni poi, invece che premonitori, sono postmonitori. Rivivo scene del passato e scopro cosa ho fatto di sbagliato, imparo l'imbarazzo che avrei dovuto provare allora. Una forma di auto educazione sociale a posteriori, suppongo.

- Avrò buoni ricordi del 2infinto6 -

28 dicembre 2006

7/4

1/4. Il primo quarto è quello della luna. Gobba a ponente, luna crescente.

2/4. Il secondo quarto è un quarto d'ora. Accademico.

3/4. Il terzo quarto è un quarto di finale. 23 Aprile 2003. Milan - Ajax, 92'esimo minuto della gara di ritorno. 2 a 2. Manca l'ultimo minuto di recupero e poi il Milan è fuori dalla Champions. Ibrahimovic perde palla nella metà-campo del Milan, pressato da Brocchi. Palla a Nesta, poi Costacurta, che la passa a Capitan Maldini. Il capitano avanza qualche metro palla al piede, alza la testa e decide di fare un lancio lungo verso l'area dell'Ajax. Parte il lancio, la palla viene spizzata di testa da Ambrosini al limite dell'area grande, con un'elevazione impressionante. La sfera giunge a Inzaghi, che scoordinatissimo alza la palla in un pallonetto che sembra infinito. Che ricade in rete. Oddio, delirio. E' stato quello il momento in cui ho capito che Filippo 'Superpippo' Inzaghi è il giocatore di calcio più forte di tutti.

4/4. Il quarto quarto è così autoreferenziale che basta a se stesso.

5/4. Il quinto quarto è in realtà una quarta. Perchè "sotto la quarta misura non è vero amore".

6/4. Il sesto quarto è Quarto, provincia di Napoli.

7/4. L'ultimo quarto è Quarto Potere. Citizen Kane. Più che un film, una profezia.

27 dicembre 2006

Walk like an egyptologist

Bang bang, io sparo a te. Bang bang, tu spari a me. Sembra qualcosa che avrebbero potuto scrivere i Subsonica. Ora, fermi tutti e guardate attentamente la mia fronte. Vi fa ridere? Cosa c'è scritto? Sono un pagliaccio?!? No, non c'è problema, mi siedo volentieri sul sedile posteriore. Anche quando camminiamo per strada, mi piace restare qualche passo indietro. Per avere la situazione sotto controllo, sai. Mi guarderò anche un paio di volte alle spalle, per sicurezza. E c'è il risveglio, la mattina dopo. Quando dentro mi sento come pieno di tutto quello che la marea ha portato a riva, durante la notte. Si potrebbe pensare sia l'insieme di ciò che il mare rifiuta silenziosamente, di nascosto, senza pietà e con imbarazzo, ma non voglio dimenticare che invece la terraferma accoglie tutto: è una madre immodesta e caritatevole. Oh gioia! Dopo pranzo devo andare a fare i compitini. Compìto. Lasciatemi che stare che non ne voglio parlare. E se faccio il misterioso mi si nota di più.

Per festeggiare l'avvento del dAnno nuovo, riorganizzo l'amusica. La completezza è l'obiettivo. Si parte dall'Italia e si comincia con: Afterhours, Bluvertigo, Linea 77, Marlene Kuntz, Marta sui Tubi, Moltheni, Moravagine, Morgan, Negramaro, Otto Ohm, Subsonica, Tiromancino, Tre Allegri Ragazzi Morti, Verdena. Segue. L'ordine mettetecelo voi.

24 dicembre 2006

Verdure nello scanner

Sì, alle tre di notte tutte le luci sono appariscenti ed ipnotiche, soprattutto quelle ai lati dei cancelli d'entrata delle abitazioni. Forse perchè di notte nessuno vi entra più quindi l'atto del passaggio si sposta su un piano metafisico. E i baci hanno il sapore del tabacco. Oggi un'altra persona è finita nella lista degli inaffidabili. E' una lista particolare, si allunga più velocemente di quanto si accorci. Sì, banalità: è facile entrarvi, difficile uscirvi. No, perché trovo fastidioso chi inizia una frase con "no". A meno che non segua una domanda che preveda quella risposta. Non capisco, ora non dovremmo star camminando sulla neve o su un sottile strato di ghiaccio, ridendo nervosamente per la difficoltà di mantenere l'equilibrio? Ti va di andare al mare insieme? Farà freddo, ci portiamo una coperta e qualcosa da leggere e la pelle. Il giorno che smetto di ascoltare quello che la gente cerca di dirmi, sopprimetemi. Come se lo avessi mai fatto. Il desiderio di mezzo è sempre il più difficile. Io chiedo di potermi perdere ancora. Domani mi sveglierei e troverei un grande fiocco a nascondere il mio egoismo. E d'ora in poi fare finta di non volere.

21 dicembre 2006

I'm mortale

Parte il cronometro.

Frontespizio emo: queste feste mi pigliano malissimo, non le sento affatto. Non le ho mai sentite le feste, ma queste sono da incatenarsi alle rotaie del treno. Mi vado a tumulare nel controsoffitto e ci vediamo il 7 mattina. Portatemi il vitto.

Noi è troppo ambiguo. Potrei star parlando di me e te che mi stai ascoltando, o di me ed un'altra persona, escludendo l'ascoltatore. L'ambiguità alla base di molte canzoni d'amore.

Nonostante tutta la mia rabbia, sono ancora solo un topo in gabbia. Fa rima anche in italiano.

Esercitazioni di scrittura creatina. Il doping delle parole e vincono sempre le stesse storie, come nel calcio vincono sempre le stesse squadre. A nessuno si può negare di sentirsi per un giorno come un novello Hemingway o la reincarnazione di Bukowski, bastasse una sigaretta in una mano e un bicchiere di liquore nell'altra. Perchè l'arte ci eleva al di sopra della nostra miserabile vita e l'artista è il moderno prometeo che ci dona il fuoco a discapito della propria incolumità. Certo.

Non c'è veramente niente da festeggiare, niente da ostentare. Mmmh, lamentoso, sìsì, lamentoso. Depravato, lussurioso, disperato, sporco, voglioso, bastardo, insensibile, picchiatello, rancoroso, banderuola. Sono stanco anche io delle insignificanze che si presentano rumorose come gli eventi che non sono. Col passare del tempo, la realtà percepita non si fa nè più facile nè più difficile, solo sempre più strana. Non vale la pena di fare progetti se non vuoi incontrare ciò che te li farà mettere da parte.

Ancora sempre troppo distanti.

Sono un capo di bestiario.

Stop al cronometro.

Eliminato.

18 dicembre 2006

Intermezzo :: Traduzione di Jose Gonzalez - Heartbeats

Perchè pare che un buon numero di internaufraghi capiti qui sopra cercando la traduzione della canzone nel titolo. Traduzione che io non ho mai scritto, ma che ormai mi sento in dovere immorale di fare. Non è una traduzione letterale, ché non sono in grado e ne uscirebbe una schifezza. Ho tentato di mantere il senso della canzone, almeno per quanto mi è dato capirlo. Perdonate errori, orrori, ori, incensi e meraviglia.

Jose Gonzalez - Battiti di cuore

Una notte per essere confusi
Una notte per mandare più veloce la verità
Avevamo fatto una promessa
Quattro mani e poi via

Entrambi sotto effetto
Avevamo il senso divino
di sapere cosa dire
la mente è la lama di un rasoio

Chiedere mani dall'alto
Adagiarcisi
Non va abbastanza bene
per me, no

Una notte di magica fretta
L'inizio un semplice tocco
Una notte per premere e urlare
E poi sollievo

Dieci giorni di melodie perfette
I colori rosso e blu
Avevamo fatto una promessa
Eravamo innamorati

Chiedere mani dall'alto
Adagiarcisi
Non va abbastanza bene
per me, no

E tu, tu conoscevi le mani del diavolo
E tu, ci hai tenuto svegli con denti di lupo
Condividendo battiti di cuore differenti
In una notte

17 dicembre 2006

Bersagli in un luogo sincero

Se nella finestra di camera mia vedo riflesso l'interno della stanza stessa, può voler dire solo due cose: o qui dentro c'è troppa luce o là fuori c'è troppo vuoto.
Il bisogno di musica che sento adesso è difficilmente esprimibile a parole. La ciclica necessità di sentire suonare i Verdena è riaffiorata e batte i piedi per riempire da sola la scena: voi ignoratela.
Che fascino i numeri senza unità di misura. Ad esempio è necessario voi sappiate che il sole dista solo 40.
Puro potrebbe essere anche un verbo.
"Ma tu come ti definiresti?" "Simpatica, solare, estroversa, creativa" "Ah. E hai anche altri difetti?"
Perchè l'idea di uscire e acquistarmi degli abiti mi deve mettere addosso un tale sconforto? Ne farei volentieri a meno, se i vestiti addosso a me non avessero la tendenza a lacerarsi o mostrare vistose deformazioni in zone imponderabili. Non so parlare in codice d'abbigliamento.
Mi sono sentito fare lo stesso sbuffo di disappunto che fa sempre mio padre. Mi ha fatto sentire un po' plagiato.
Mentre arrivava, il passaggio a livello si abbassava. Attraversamento vietato con luci lampeggianti e campanacci ostinati. Dopo poco gli passò davanti un treno diroccato. Sui vagoni di legno che gli censivano il campo visivo, scritte ambigue: "Non mi accompagni?" - "Ahahahah" - "Faccio un salto nel non c'è più niente da fare".
Più passa il tempo e più intersecare due esistenze non si risolve che in una faccenda complicata, nel peggiore dei casi mal sopportata. Buono-proposito per il prossimo giro intorno al sole: Accettare e sviluppare lo stato perpendicolare (Note to self: non prendere esempio dalla divisione tra stato e chiesa (nonfunziona)).
Voglio essere bello come i Cure e parlare con parole piene di malinconia, col sorriso sulla faccia; Circondato da musiche ironicamente allegre, con una gioia che sembra tanto follia.
Il petto è la parte più pesante di me. Ci cade tutto dentro.
Chissà se i cani pensano al cane-lupo come noi pensiamo all'uomo-lupo.
Il respiro e il tremito di Chino Moreno in mezzo tra l'intro di chitarra e l'attacco di Be Quiet and Drive.
Cercasi gente priva di scrupoli, di senso del pudore e pronta a tutto per rivisitare dal vivo scene poco famose di film dimenticati. Astenersi cambio-canale-solo-perché-il-film-è-in-bianco-e-nero.

16 dicembre 2006

Volontà di (andare a) Potenza

Cammino di notte, senza musica, puro, con un libro in una tasca e l'accendino nell'altra. Mi fa male un tallone, ma se zoppico per un po' credo mi passi. Le vetrine spente mi guardano passare con una giacca troppo grande e un paio di scarpe troppo leggere per la stagione. Perchè dovrebbe essere inverno, ma stasera non fa freddo. Prima guardo avanti, e noto i lampioni illuminati, allineati, illimitati. Poi punto a terra, con passo spedito: sul marcipiede qualcuno ha scritto "IO e TE". La gente monta gli addobbi di natale e li lascia accesi la notte, ma di notte li nota solo la gente triste. Cammino ed è bellissimo perchè non accade niente. Non devo fare caso alle direzioni e mi è concesso il tempo che agli altri è sottratto. Tiro fuori le mani dalle tasche perchè fa troppo caldo e le metto dietro la schiena, una nell'altra: ci sento dentro il sangue che circola e pulsa forte. Anche i semafori pulsano in un modo nuovo, che non avevo mai visto prima: il giallo e il rosso insieme. Vuoi faccia attenzione quando attraverso o quando non attraverso? Passano diverse coppie, qualche donna sola piena di borse, nonostante i negozi siano tutti chiusi da diverse ore, ma soprattutto tante compagnie asimmetriche: un uomo e due donne, due uomini e una donna, tre uomini ed una donna. Quando torno indietro sono alle ultime boccate e non riesco più a nascondermi il fastidio al tallone. Riesci a indovinare?

15 dicembre 2006

Punktuale come un gioco di parole su di un genere musicale

Una emozione al cubo. Io sono il cubo. Voglio cadere dentro come la pioggia. Bruciature di freddo sul dorso delle mani bagnate e arrossate. La mia camicia così grunge. Lo sciopero della mia fame. Una casa che poggia al suolo con un lato del suo tetto rosa. Peccato, sembrava Roma. E comunque non è che posso raggiungere la perfezione con frasi sempre più brevi e slegate da qual si voglia contesto, quindi sarebbe il caso di cambiare. Cambiare cosa? Cambiare i piani, perchè se si guarda al passato come ad un maestro, allora si sta seguendo un cattivo maestro. Oggi è meglio di ieri, solo per il fatto di essere oggi. E comunque non posso manifestare il mio disappunto sempre e solo accelerando. Cosa dovrei dire io, poi, che una faccia non ce l'ho? Ti ricordi quella volta che ci siamo infilati in un vicolo di Murano e abbiamo scoperto quella chiesetta? C'era una festa in cui distribuivano a tutti i passanti spumante e salumi... Noi ci siamo intrufolati e abbiamo visto che un pittore esordiente esponeva i suoi quadri. Da quello che ricordo non mi sembra avesse molto talento, eppure tante persone si interessavano a quello che faceva. Chissà qual'è la sua storia. "Deve essere la tua pelle quella in cui sto affondando" - "Deve essere vero perchè adesso posso sentire" - "Tutto è diventato bianco e tutto è grigio".

Il senso di tutto questo lo cerco fuori di qui.

Eppure non mi pare di chiedere tanto.

14 dicembre 2006

Il dono di nuotare dove non c'è acqua

Desidero andare a sbirciare l'ultima pagina. Desidero scoprire chi è l'assassino. Desidero scoprire chi è che viene ucciso. E' tutto così calmo, qui intorno. La gravità pare essersi presa qualche giorno di vacanza, e mi ha lasciato circondato da cose che non cadono. Quindi che posso fare? Spingerle ancora più forte, immagino. Sembra il momento adatto per imparare a giocolare. Lanciare gli oggetti non è mai stato un problema, ma di riprenderli non mi è riuscito mai. Un flacone di pillole per il mal di stomaco usata a mo' di maracas. Ci sono almeno due tipi di paura: quella che si prova quando mettendo il piede sul freno la macchina non rallenta e la macchina davanti si fa sempre più vicina, e quella che si prova quando d'improvviso manca la luce. Il criterio con cui l'albero decide dove farsi crescere i rami. Non c'è ragione che tenga, razionalità che tenga, semplice spiegazione che tenga. Stare con te è come tornare sulla nota tonica. Ora è subito. Ora? non più. Questa era bella, la rifacciamo? Vado via. Ciao. Era meglio quella di prima. Io odio la tintura di iodio. Posso fare quante giravolte voglio attaccato ai miei anelli, ma non cospargerò mai le mie mani con quella polvere bianca: cadrò perchè sono imperfetto. Era un po' di tempo che non mi sentivo così, caro giaciglio di spine. Esercizi di recitazione per imparare ad essere più nessuno. Rientro di notte, così piano, nessuno mi sente arrivare, eppure provoco un fracasso terribile. Se mi slego i capelli sono guai. Tutte quelle vecchie barzellette che cominciano con "Dottore, dottore". Ho paura di cosa possa rimanere di me, una volta svanita la mia capacità d'immedesimazione. Non c'è nessun motivo per essere timidi; scatteremo delle fotografie. E' un bel fare il tuo. Proseguiamo.

13 dicembre 2006

Io lo posso spiegare

Guarda fuori della finestra della tua cucina. Avvicina quel piccolo soprammobile per osservarlo meglio. Siediti sul tavolo della cucina. Apri la scatola delle caramelle e mettine due in tasca.
Siamo fatti di plastica plastica plastica, stiamo fermi in posa posa posa, lo sguardo fisso nel nulla nulla nulla. All'ultimo istante il tramonto manda le nostre ombre lontanissimo. Cappello da giullare e petto scheletrico, denti da squalo e ferite stanche. Nello spazio che li separa hanno messo fiocchi e lampi, fiocchi e lampi, fiocchi e lampi. Sto costruendo la mia base con pareti di coperte e tetto di cuscini: a nessuno è permesso l'accesso, eccetto chi non lo desidera. In cerca del tuo equilibrio, il mio suggerimento è di muovere la tua coda. Gente famosa che non voglio incontrare. Non andare non andare non andare. Un attimo che tremo. Il silenzio sa dove voglio andare, io mi lascio guidare.

Il mio regno per una tassonomia

Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Perchè sono seduto? Beh, potrei dire perchè sono stanco, o perchè da seduti si può riflettere senza tensione verticale. Ma la verità è che non so perchè sono seduto. E' la prima volta che mi sono seduto dentro la doccia. Credo sia più interessante chiedermi perchè non l'ho mai fatto, piuttosto che perchè l'ho fatto adesso. Esco un attimo e faccio un giro fuori di me stesso. Da fuori, mi guardo seduto nella doccia. E' una posa un po' troppo drammatica per me, non mi si addice. Mah, allora va bene. Quando sono da solo, quando non c'è nessuno che può vedermi, mi capita di assumere pose teatrali, di provare movenze drammatiche, di fare tutte cose che non mi si addicono. E' che da solo sono finalmente libero di non essere me stesso.
Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Con le braccia intorno alle gambe, le ginocchia strette contro il petto. Trattengo quanto più calore corporeo mi è possibile. Mi trovo a pensare quanta importanza c'è nel calore umano, nel nostro e in quello altrui. Facciamo di tutto per procurarcene sempre di più. Non ci basta mai. Antropotermofagi. L'acqua mi scende sulla testa e poi più lentamente scivola lungo il resto del corpo. Piegando leggermente il capo posso decidere dove indirizzare la colata idrica. Mi viene in mente questa immagine: animali che fuggono tra gli alberi di un bosco in fiamme. Dovrebbe essere l'acqua che si fa strada tra i capelli. Vabè. Nello scarico finisce qualche milione di cellule epiteliali, sono invisibili, ma io le sento scivolare via da me. Poi qualche capello, un pezzo di unghia che ho strappato via con un morso ed un sopracciglio. E poi tutto lo sporco che avevo così gelosamente catturato, collezionato e tenuto nascosto tra i pori della mia pelle.
Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Mi guardo un po', mi studio, mi ripasso, cerco cose nuove sopra di me, o la conferma di cose vecchie dentro di me. A nessuno dovrebbe essere mai permesso di dimenticare il proprio corpo. Dove altro vorrebbero andare a prendere le loro risposte? Bah. Raccolgo il flacone di sapone per la doccia, lo apro e lo stringo leggermente. Una bolla di sapone scappa fuori. Ahaha. Rimbalza un po' contro le pareti, poi io guardo altrove e poi non c'è più. Nel sistema formato da me, la doccia, l'acqua, l'acqua, il sapone... dicevo: in questo sistema, la bolla è l'eccezione.
Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Alzo lo sguardo e l'acqua mi entra negli occhi. Sollevo la testa e faccio finire l'acqua dentro la bocca aperta. Provo a parlare e mi esce una voce tremolante e sofficemente modulata. Mi fa ridere. Lo so cosa devo fare: sigillare porte e finestre con gli asciugamani, tappare le prese della corrente con il nastro adesivo. Aprire tutti i rubinetti e far colmare la stanza d'acqua fino ad un metro e mezzo da terra. Poi potremmo mettere in scena la rappresentazione di una battaglia navale. Sì, noi potremmo essere le barche. Perché è questo quello che siamo. Delle barche.

11 dicembre 2006

Insieme ad animali da laboratorio

Ho tenuto la bottiglia di plastica in equilibrio sopra la testa, con entrambe le mani l'ho schiacciata e poi ho tentato di ridarle la propria forma soffiandoci dentro, forte, fino a provare dolore. Ho aperto la porta e sotto la mia mano la maniglia m'è sembrata fatta d'aria, oppure di un velo di seta. Ho avuto l'impressione di essere cresciuto di qualche centimetro. Mi sono fermato davanti allo specchio a giocare col mio unico, nuovo, disordinato capello bianco. Ho sfogliato un libro nuovo in libreria e ci ho lasciato una nota per chi lo comprerà. Ho preso un appunto e accanto ho disegnato delle figure imprecise, e una vignetta. Ho posato in terra tutti gli oggetti che avevo con me, e poi mi sono piegato ad osservarli. Sono stato scambiato per un'altra persona. Ho aperto il rubinetto ed il getto d'acqua che ne è disceso, finendo sul cucchiaio nel fondo del lavabo, è schizzato fuori e mi bagnato la camicia. Ho disinnescato la catena del cancello e sono entrato in un luogo proibito. Ho camminato tra le piante alte, ed un ago di pino, uno di quelli lunghi, è rimasto conficcato nella mia scarpa sinistra. Sono corso fuori e mi sono bucato una calza, impigliandomi e inciampando. Mi sono vestito di nero, e mi sono vestito di verde. Sono stato re. Ho provato a suggerire qualcosa con lo sguardo. Ho fatto una cosa stupida. Ho anche avuto una buona idea. Ho smesso di rimandare un pagamento, non ho saldato un debito. Ho pensato ad un bellissimo regalo che non farò mai. Sono saltato cercando di toccare il soffitto con la punta delle dita. Ho perso una cinta. Ho provato invidia. Ho fantasticato. Ho oltrepassato il limite di velocità. Ho dimenticato l'ora nello stesso istante in cui ho guardato l'orologio. Ho pensato di farmi crescere i baffi. Ho tremato. Sono passato davanti ad un numero civico 22 e avrei voluto avere con me la macchinetta per fotografarlo: erano due belle cifre nere, di metallo. Ho notato una macchina indentica alla mia, dentro c'era una coppia. Mi sono immaginato con una bella voce e con un paio di manette. Ho fatto girare il mondo. Sono diventato vecchio. Ho dimenticato un sapore. Ho contato. Ho dissimulato di aver pianto. Sono tornato indietro nel tempo. Ho visto la stella del sud. Ho passato del tempo contemplando solo piccoli nodi insignificanti. Ma non sono riuscito a trovare la fine di questi miei pensieri.

10 dicembre 2006

Mani. Troppe mani.

  1. Un elenco numerato conferisce dignità ad idee prive di collegamenti.
  2. Buffet è un modo educato e sottile per dire: "Qualcuno ha rubato le sedie".
  3. Non credo nei miracoli. Credo negli sviluppi che non so prevedere, nelle eventualità che non ritengo possibili. Dove la differenza, non saprei dirlo.
  4. In un pomeriggio d'autunno senza vento, in un prato verde, un solo albero. Le foglie cadute, sotto l'albero spoglio,in una perfetta circonferenza rossa.
  5. Altri alberi, d'estate, come i fumi di una esplosione verde, nell'aria instabile.
  6. Sono curioso di vedere quante cose sono in grado di tenere segrete. Quanta parte di realtà posso creare decidendo di nasconderne un'altra parte.
  7. Domani è un essere senziente che passa le sue giornate ponendosi domande e nell'incapacità di darsi delle risposte.
  8. Hai scattato tutte le tue foto attraverso il vetro dalle finestre dei tuoi appartamenti, o dietro il parabrezza delle auto che ti hanno fatto viaggiare. Ed il mio motivo per guardarle è cercare di indovinare in esse la tua immagine tenuemente riflessa.
  9. Considerati un tesoro. Inizia a scrivere indizi su piccoli fogli di carta; e lasciali in giro per chi ti sta cercando.
  10. Incontro solo cartelli stradali che credono di sapere dove io voglia andare. Passando, mi chiedo quando la freccia verso sinistra abbia cominciato ad indicare la direzione sinistra.
  11. Se la perfezione risiedesse in qualche luogo, avrebbe un posto prenotato in ultima fila. Essa potrebbe toccare il fuoco e scoprire che in realtà è solo un'idea.

09 dicembre 2006

Piromanie di grandezza

Mi sia permesso di suggerire un'idea: Durante queste festività, se riuscite a resistere alla tentazione, non fate alcun regalo. E se è possibile, cercate di non riceverne.
Per essere chiari, vorrei precisare che questo non è un appello. Non è una iniziativa no-global atta a non alimentare l'infernale macchina capitalistica delle compere natalizie. Niente del genere. E' solo la mia risposta a una semplice domanda: "Perchè?".
Andiamo per ordine. Tanto per cominciare, molte feste religiose, come il natale, sono solo il frutto dell'evoluzione nel tempo di feste pagane, originarie del mondo agricolo (http://it.wikipedia.org/wiki/Natale).
Quello che mi chiedo è questo: Perchè continuiamo a festeggiare qualcosa di cui, come civiltà, abbiamo perso il senso originario molti secoli fa? Perchè, anche in una società laica, abbiamo sentito il bisogno di perpetuare un evento religioso e mantenerne il carattere festivo? Solo perchè lo si è sempre fatto siamo in diritto di credere che sia giusto continuare a farlo? Cosa ci distingue da un gregge se accettiamo questo tipo di convenzioni sociali acriticamente, anche adesso che la loro motivazione originale è decaduta?
E poi, un periodo di spese incontrollate e di gioia coatta aumenta realmente la qualità della nostra vita? Nulla ci impedirebbe di fare regali durante tutto il resto dell'anno; anzi sarebbero doni maggiormente graditi, più sentiti e genuini, inaspettati, ricevuti senza il disagio dell'obbligo al ricambio, fatti alle persone a cui si tiene veramente.
Siamo in uno stato di cose in cui l'essere buoni ed altruisti è regolato da un comportamento imposto. "A natale siamo tutti più buoni", e ci dimentichiamo che essere buoni non è in interruttore da accendere e spegnere, non è un passatempo, è una scelta. E che ci sono persone che vanno premiate per le loro scelte. Come appartenenti ad una collettività e come singoli esseri umani potremmo fare un passo avanti: liberarci dei comportamenti ipocriti e affrontare il fatto che magari non c'è del buono in ognuno di noi, e negarlo attraverso una grande illusione stagionale non serve più.
Le contraddizioni si accatastano giorno per giorno una sopra l'altra e far finta di non vederle è un esercizio di fantasia sempre meno plausibile. Un giorno dalla folla si farà avanti un bambino che, puntando il dito e ridendo, griderà: "Babbo Natale è nudo".

06 dicembre 2006

Emergere dalle visciole della terra e almeno tre giorni di pioggia

No! Io non ho fatto nessuna figura, hai capito? No! Non era una mia responsabilità! A me non importa nulla di essere stato io a doverglielo dire. Se la pensi così allora lo sai cosa ti dico? Io non ci vado più. Me ne frego, me ne sto con le mani in tasca piuttosto. Non mi lascio buttare giù così. Se questo è il frutto del mio disamore, che allora sia declamato forte verso ogni punto cardinale con megafoni d'oro. Mi aggrappo con i denti al cornicione, ma non ci cammino sulla tua strada prosaica, a quel livello di esistenza-in-fotocopia. Intanto io ero là. Perchè ci dovevo essere io là. Perchè ci dovevo essere io là? Infine, stremato, me ne sono andato; sulla strada del ritorno sono stato inghiottito e, come davanti ad uno specchio che rifletta le mie spalle, ho trovato in me i sintomi della più cupa fame: "Ho perso il filo del mio procedere, la strada sembra aver cessato di cambiare. Le luci dei freni della macchina che mi sta di fronte governano il ritmo del mio sonno e della mia veglia. Sorrido quando mi trovo allineato ad altre tre macchine e posso vedere il conducente della vettura successiva attraverso il finestrino del conducente della vettura precedente. Stasera noi saremo le nostre rispettive televisioni. Ci vediamo presto. Pubblicità."

Chi non ha mai provato paranoia non sa cosa significa. E questo è un pensiero paranoico. Ma chi ha sempre camminato con gli occhi fissi a terra, e un giorno decide di guardare in faccia gli altri, si scopre veramente osservato da tutti. Forse lo facevano anche prima, ma non può saperlo: non li aveva mai osservati osservarlo. Cambia questo: contemplando la punta delle proprie scarpe poteva essere sicuro che chi gli passasse accanto non avrebbe pensato ad altro che a lui. Ora che invece è proprio così, il dubbio lo assale: "Sono forse io ad essere pazzo?"

04 dicembre 2006

L'infallibile sistema aperiodico

Potessi smettere di dormire, volontariamente o involontariamente, allora mi darei un tono, come un personaggio del cinema. Farebbe parte della mia storia, sarebbe qualcosa che menzionerei parlando di me; mi definirebbe, mi darebbe un contorno. E invece continuo a dormire. Continuo ad essere infinitamente stanco al risveglio. Dormire di più non serve a niente, mi alzo solamente più stanco e più incapace di riposare ancora. Una notte ho sognato di volare, quasi. In verità cadevo. Mi ero lanciato da una finestra o da un tetto, non ricordo con precisione. Ricordo bene, invece, la sensazione provata: non avevo paura, ero lucidissimo e mi sentivo liberato. Come se avessi finalmente potuto accedere ad un luogo tenuto nascosto e sotto chiave per anni. Precipitavo, e mi chiedevo se fosse stato sempre così bello precipitare. Non sono mai arrivato fino in fondo; forse non ce n'era bisogno.
Ieri notte, prima di addormentarmi, ho fatto pensieri sulla morte. Non erano pensieri tristi: a volte si può pensare alla morte come si pensa a tutte le altre cose, senza sentimenti. Ho pensato che, magari, funziona come quando ci si addormenta. Si perde coscienza, e al risveglio non si ha memoria del tempo trascorso. Si percepisce l'essenza dell'istante tra l'inizio del sonno e la sveglia. Al momento della morte, si perde il senso del tempo e lo si riguadagna solo insieme ad una nuova coscienza. Ci si potrebbe risvegliare tra milioni di anni, in una forma a noi ora sconosciuta, e credere sia passato un solo attimo. Si muore e ci si risveglia subito, in un altro tempo, in un altro spazio, essendo altro. Che anche la probabilità più misera, di fronte all'eternita, comincia a sembrare plausibile.
Questa mattina il risveglio mi ha fatto dono di uno strano dolore. Come se un senso di colpa si fosse manifestato fisicamente: un pugno chiuso che spinge dentro di me cercando di aprirsi un varco verso l'esterno. Lo sento esercitare metodicamente la sua pressione appena sotto la mia gabbia toracica, alla fine dello sterno. E' una sensazione che non vuole andare via, e mi innervosisce. Io non voglio essere nervoso, e ciò mi rende ancora più nervoso. Mi sembra di essere un doppiogiochista che non può liberarsi del peso della confusione tra le sue molteplici identità. Come se sotto una maschera fosse scomparso il mio volto: anzi, come se innumerevoli maschere si fossero fuse insieme e poi fuse alla mia faccia.
Ed io ora che non ho più un volto, che non ho più nemmeno una maschera.

03 dicembre 2006

Acquarandagia

Il fatto che io ora stia indossando questa maglietta è la prova che, in un futuro prossimo o remoto a scelta, viaggierò indietro nel tempo e la donerò a qualcuno dei miei antenati, da tramandarsi per generazioni, fino a me.
La facile ironia è ormai il nuovo conformismo. E il conformismo non è poi così anticonformista come si può credere.
Non riesco a smettere di ascoltare Precipito di Giorgio Canali. Sarà che neanche io voglio deludere i sismografi. Per davvero.
Un nuovo gioco: Della gente incrociata in strada, cercare di indovinare il potere mutante nascosto.
Più gente dovrebbe indossare magliette che riportano slogan fantasiosi o divertenti circa chi indossa magliette che riportano slogan fantasiosi o divertenti.
CH3CH2OH è la formula di una potente pozione d'amore (ma non eterno).
Credo che Heisenberg mi debba un risarcimento di tutte le multe per eccesso di velocità.
Smettetela di chiamarmi Ismaele.