13 marzo 2006

menoventisette

Stanotte la musica era diversa. Le imposte erano sbarrate, nessuna proiezione luminosa a solleticare la mia vista, e un vento di gelida consistenza s'apriva la strada in camera mia, come un veleno mellifluo. Le coperte tirate fin sopra la testa, cercando di tenere in cattività fino all'ultima stilla di calore. Nessuno spazio per fantasticare, ma tanto buio per pensare. Ho immaginato che forse è questo il mio egoismo: cercare di fare al massimo ogni cosa. Io ho il mio, tu hai il tuo. Se di mattina ho del lavoro da svolgere mi faccio prendere cosi' tanto da non mandarti nemmeno un messaggio. Se lavoriamo insieme ad un template rimango silente per ore, alla ricerca di una chimerica combinazione di colore. E non una parola per te. Se mi introduci nella tua cerchia di conoscenze cerco di fare una buona impressione, non dico apparire brillante, ma almeno capace di conversazione piacevole e faceta. Cerco di essere qualcosa per cui tu possa essere almeno un poco orgogliosa. Mentre finisce che trascuro il vero motivo per cui sono lì, che sei tu. Potrebbe sembrare un assurdo: ciò che mi rende "imperfetto" è la ricerca di una ipotetica "perfezione". Che ovviamente non esiste. Ma ha perfettamente senso. Queste non sono scuse, è solo l'errore n°5. Come ti ho già detto ho gusto nel fare le scelte sbagliate. O forse sono solo un po' pigro. Abbasso la guardia e ricado nella perniciosa abitudine di non sentirmi all'altezza. E provo a metterci una pezza. Come se un'apparenza di gran laboriosità potesse sopperire ad un lavoro ben fatto e portato a termine con costanza. Abbasso la guardia e il colpo viene sferrato a te. E fin qui sono cose che già sai. Ora le novità. Di tutto quello scritto sopra, ora me ne importa poco. Se una cosa è importante e vale meno di zero e una cazzata qualunque diventa un delirio, io smetto di ascoltare. Chi si prende la colpa è perduto; e per una volta che ho qualcosa da perdere, non ho intenzione di farlo. Ci sentiamo presto, bellezza mia bellezza mia bellezza mia.

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