10 marzo 2006

La scorsa notte mi ha fatto visita il mio incubus e ha tentato di strangolarmi

Alzatevi in piedi, è il momento di fare un passo indietro. Fatto? Immagino di no. Anzi, vedo che siete ancora seduti. Poco male, tanto è già troppo tardi. Non facendo un passo indietro avete perso l'occasione di cadere. Come dite? Non avete alcuna intenzione di cadere? Oh beh. Peggio per voi. Io cado. Siete ancora là? Sì, qualcuno è rimasto. Sarete curiosi di sapere cosa c'è di desiderabile nell'atto di cadere. Ve lo spiego subito. Tanto per cominciare, se non si cade non ci si può rialzare. Solo questo dovrebbe farvi provare l'impulso irrefrenabile a perdere l'equilibrio. Non è forse una gran cosa poter riguadagnare la propria compostezza, la propria altezza, il controllo di se stessi? Mettendo una mano a terra, tenendo tesi i muscoli dello stomaco, facendo leva su di un piede e poggiando un ginocchio al suolo, su cui poi fare perno. Dite che non vi basta? Oh come siete difficili! Avete bisogno di una motivazione per ogni vostra minima azione quotidiana? Non credo proprio! Tu, che ti stai grattando il mento: perchè lo fai se non provi prurito? E tu, che alzi gli occhi al cielo (volevo dirti che la tua mimica è fuori luogo): cosa vedi di così interessante lassù? Niente, ecco cosa! Ma vi capisco. Obietterete che rialzarsi è faticoso e che cadendo rischiate di farvi male. E sia, non lo nego. Ma invito chiunque di voi a nominarmi un piacere che non richieda nemmeno uno sforzo per essere provato o che, se portato all'esagerazione, non rischi di arrecarvi del danno. E sì, perchè di piacere si tratta. Chiunque può gustare una succulenta caduta, se non teme di rimpiangere poi l'atterraggio. E' liberatorio. Vi pone sottosopra, e il cielo mi sia testimone se non avete bisogno. Quindi, invece di stare ad ascoltare me, fate un favore a voi stessi: Oggi cadete. Io, per mio conto, seguirò il mio consiglio. Cado!

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