13 dicembre 2006

Il mio regno per una tassonomia

Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Perchè sono seduto? Beh, potrei dire perchè sono stanco, o perchè da seduti si può riflettere senza tensione verticale. Ma la verità è che non so perchè sono seduto. E' la prima volta che mi sono seduto dentro la doccia. Credo sia più interessante chiedermi perchè non l'ho mai fatto, piuttosto che perchè l'ho fatto adesso. Esco un attimo e faccio un giro fuori di me stesso. Da fuori, mi guardo seduto nella doccia. E' una posa un po' troppo drammatica per me, non mi si addice. Mah, allora va bene. Quando sono da solo, quando non c'è nessuno che può vedermi, mi capita di assumere pose teatrali, di provare movenze drammatiche, di fare tutte cose che non mi si addicono. E' che da solo sono finalmente libero di non essere me stesso.
Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Con le braccia intorno alle gambe, le ginocchia strette contro il petto. Trattengo quanto più calore corporeo mi è possibile. Mi trovo a pensare quanta importanza c'è nel calore umano, nel nostro e in quello altrui. Facciamo di tutto per procurarcene sempre di più. Non ci basta mai. Antropotermofagi. L'acqua mi scende sulla testa e poi più lentamente scivola lungo il resto del corpo. Piegando leggermente il capo posso decidere dove indirizzare la colata idrica. Mi viene in mente questa immagine: animali che fuggono tra gli alberi di un bosco in fiamme. Dovrebbe essere l'acqua che si fa strada tra i capelli. Vabè. Nello scarico finisce qualche milione di cellule epiteliali, sono invisibili, ma io le sento scivolare via da me. Poi qualche capello, un pezzo di unghia che ho strappato via con un morso ed un sopracciglio. E poi tutto lo sporco che avevo così gelosamente catturato, collezionato e tenuto nascosto tra i pori della mia pelle.
Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Mi guardo un po', mi studio, mi ripasso, cerco cose nuove sopra di me, o la conferma di cose vecchie dentro di me. A nessuno dovrebbe essere mai permesso di dimenticare il proprio corpo. Dove altro vorrebbero andare a prendere le loro risposte? Bah. Raccolgo il flacone di sapone per la doccia, lo apro e lo stringo leggermente. Una bolla di sapone scappa fuori. Ahaha. Rimbalza un po' contro le pareti, poi io guardo altrove e poi non c'è più. Nel sistema formato da me, la doccia, l'acqua, l'acqua, il sapone... dicevo: in questo sistema, la bolla è l'eccezione.
Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Alzo lo sguardo e l'acqua mi entra negli occhi. Sollevo la testa e faccio finire l'acqua dentro la bocca aperta. Provo a parlare e mi esce una voce tremolante e sofficemente modulata. Mi fa ridere. Lo so cosa devo fare: sigillare porte e finestre con gli asciugamani, tappare le prese della corrente con il nastro adesivo. Aprire tutti i rubinetti e far colmare la stanza d'acqua fino ad un metro e mezzo da terra. Poi potremmo mettere in scena la rappresentazione di una battaglia navale. Sì, noi potremmo essere le barche. Perché è questo quello che siamo. Delle barche.

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