08 giugno 2006

Rouge, comme ton yeux ouvert

Era un pittore, e anche molto bravo, sebbene fosse poco conosciuto. Sentii parlare di lui per la prima volta ad una festa tra amici, alla quale lui stesso era invitato, e ne rimasi affascinata. Non so come riuscii a parlargli. Parlammo d’arte, di musica, di molto altro, e mi accorsi che per qualche strana alchimia, lui sapeva di me molte più cose di quante io ne sapessi di lui. Ma questo era solo un dettaglio. Mi parlò del suo laboratorio, e di tutto ciò che vi era dentro, della sua casa e del modo in cui la abitava. Gli dissi che avrei desiderato visitare il suo laboratorio, e mentre lo facevo, sentii un brivido percorrermi la schiena. Un laboratorio; il laboratorio di un pittore, certo, ma non valeva sicuramente un brivido. Oppure si?

Mi aprì la porta con un gattino nero in braccio. Era alto, molto più alto di quanto ricordassi, e aveva un viso squadrato, gli occhi verdi e penetranti. La barba incolta contribuiva a rendere il suo sguardo più intenso. Mi accolse con una carezza sulla spalla e con un sorriso. Mi fece strada attraverso il contorto corridoio mostrandosi felice del fatto che avessi mantenuto la promessa di andarlo presto a trovare.
Quell’uomo mi illanguidiva. Erano i suoi modi, era la sua voce, non so cosa fosse ma so solo che mentre ci guardavamo e parlavamo a bassa voce stesi sul suo sofà, io guardavo l’enorme gatta nera che si strusciava contro le sue gambe -non quello di prima, questo era un gatto adulto- e desideravo essere lei. E lo desiderai così forte che ci trovammo vicini, con le mani dell’uno addosso all’altra. La mia lingua percorreva le sue labbra e si insinuava dentro mentre lui, con le mani, mi esplorava avido. Misi le mie mani sotto la sua camicia mentre con la bocca assaporavo il suo collo, e lui mi stringeva i seni. Poi mi scostò delicatamente e mi prese per mano, alzandosi. Vieni, mi disse, ti porto in un bel posto.
La sua camera da letto era monumentale, ma in quel momento non mi prese più di tanto; in quel momento c’era qualcos’altro da cui desideravo farmi prendere. Aveva della mani grandi, nodose, calde, con le quali mi spogliò. Mi misi a cavalcioni su di lui, steso sul letto, ed iniziai a spogliarlo a mia volta. Sentivo la sua erezione premere contro il tessuto dei pantaloni, sempre più fiera.
Avvicinò le labbra ai miei seni, mentre con una mano si insinuava tra le mie gambe. Ero bagnata, molto, e le sue dita scivolavano dentro, facendomi gemere.
Era disteso sopra di me, la sua lingua mi percorreva tutta. Scese ad incorniciare l’ombelico, poi mi allargò le gambe ancora di più. Sentii la sua bocca sul mio clitoride, e la sua lingua insinuarsi dentro. La mia vagina pulsava mentre mi assaporava. Lo sentivo lambirmi con violenza e il piacere si irradiava attraverso il mio corpo tremante e non ne avevo abbastanza, no. E lui non ne aveva abbastanza di darmi piacere. Soffocai un grido e lui mi baciò, restituendomi il mio sapore.
Gattonavo sul letto. Ero la gatta nera che si strusciava contro le sue gambe, ero tutto ciò che avevo sempre desiderato. Quando mi voltai, lo sentii muoversi di scatto sul letto, poi aggrapparsi con violenza ai miei fianchi, stringendomi, attirandomi a lui. Il suo sesso strusciava contro il mio e mi faceva ansimare, stringere i denti e il lenzuolo tra le unghie, mentre prepotente entrava in me. Lo sentii scivolare, sicuro e possente, ed emisi un gemito di piacere, tremante. Si muoveva dentro di me come fossi la morte. Sentivo le sue mani stringere e graffiarmi i fianchi, le sentivo a stringermi i capezzoli, ad accarezzarmi il clitoride e tra le labbra. Sentivo il respiro selvaggio e forzato, mentre si muoveva sempre più forte, ed io con lui. Volevo soltanto sentirlo di più. Sentirlo dentro così forte fino a morirne. Con un gemito arreso venne dentro di me, mi inondò del suo seme caldo, ed io urlai sentendomi esplodere un fuoco liquido tra le gambe.
Restammo li stesi a baciarci per non so quanto tempo. L’unica cosa certa era la sua barba che mi graffiava il viso. Feci scivolare la mia bocca sulla sua pancia, a mordere la pelle sottile, poi scesi ad accarezzare con la punta della lingua il suo pene, che tornò ad essere fiero come lo era stato poco prima, senza alcuna ombra di incertezza. Ne accarezzai il contorno, sentendolo ansimare e gemere. Poi presi il suo membro in bocca e iniziai a succhiare, finché non mi riempì la bocca di sé mentre mi teneva la testa con le mani. Igoiai. Lo volevo tutto per me.
Poi salii su di lui, mentre mi divorava con lo sguardo. Mentre facevo scorrere il suo pene dentro di me, lui mi stringeva; ed io gemetti, sentendolo riempirmi. Iniziai a muovere i fianchi sempre più avida. L’espressione del suo viso non faceva altro che incitarmi ad una danza violenta. Stringeva i denti soffocando i suoi gemiti, e le sue mani stringevano sempre, stringevano forte. Mi muovevo selvaggiamente, così forte da farmi male, ma non mi importava più di nulla, ormai. Venni, e lui subito dopo. Poi ci addormentammo, ansimando ancora, sudati, l’una nelle braccia dell’altro.

Mi svegliai a notte inoltrata. Un’abat-jour irradiava la stanza di un arancione smorto. Ero nuda sul letto. Non c’era traccia di lui, né dei miei vestiti. Mi alzai di scatto, con l’intenzione di cercarlo. Con qualche intenzione. Ma ripiombai sul letto, e solo allora mi accorsi che il mio polso destro era legato alla testata in ferro battuto da un sottile filo di cuoio girato più e più volte intorno ad esso, e mi faceva sempre più male. Lo chiamai, ma non ottenni nessuna risposta. Riuscii a slegarmi e mi misi a cercarlo. Che gran cazzata, andare a casa di uno sconosciuto, ma ancora, nonostante tutto, non riuscivo a pentirmene. Quando arrivai in fondo al corridoio sentii una mano percorrermi la schiena. Mi voltai e lo vidi dietro di me. Nudo, con un frustino nero in mano. Mi spinse contro il muro stringendomi un fianco con la mano, mentre con l’altra infilò il manico del frustino tra le mie gambe, spingendolo dentro. Trattenni il respiro. Lui si avvicinò a sussurrarmi qualcosa all’orecchio. <<>>. Velluto liquido che mi scivolò sul collo.
Chiedimi qualunque cosa.*





*(Michel Faber; Il petalo cremisi e il bianco)

Nessun commento: