24 novembre 2006

If you shakespeare me, I shelley you

Io in casa mia non porrei cose in luoghi che non sapessi raggiungere. E' una questione di autosufficienza. Ho passato tutta la mattinata a cantare una canzone dei Queen. Bohemian Rapsody. Poi sono sceso in strada, sono entrato in macchina. Ho avviato il motore e la radio ha cominciato a suonare. La stessa canzone. C'era una probabilità su molte migliaia. Tante quante quelle di scrivere un romanzo nel 1982. Ambientarlo nel 2010. E ricordare del disastroso Tsunami del 2005. Sono spaventato. Non sono più me stesso da un po'. Non guarisco più. Quando le persone smettono di essere persone ed iniziano ad essere simboli. Io non parlo più con loro. Scommetto che anche un neonato avrebbe più controllo di me sulle sue funzioni primarie. Definizione operativa. Ricerca. R I C E R C A R. Sto elaborando dei piani molto complicati per difendermi dalle ruberie. Penso come loro, vedo quello che vedono, sono abili ma prevedibili. Lineari e diretti. Calcolatori. Superficiali ma estensivi. Il tappeto di foglie in una pozzanghera. Ogni foglia è di un color diverso. Perchè ogni colore è diverso o perchè ogni foglia è diversa? Le foglie sono unite e poi si separano e poi si uniscono di nuovo. L'albero prega per loro con le braccia alzate al cielo, un lamento di abbandono e sospetto. Credi che io ora possa fare quello che desideravo? Non piangere. Non dirmi di restare qui e adesso. Non ci sono mai stato, è questa la verità. Sei stato molto assente. Si è vero, ho avuto molte cose da fare. Si è vero, ma ho avuto molte cose da non fare. Ogni aggettivo rivela il suo sinonimo, ed è un difetto. C'è una forma nubolare bianca che aleggia sopra di te, e mi dice cosa stai pensando. Dal mio punto di vista, su ogni cosa è impressa una etichetta che ne dichiara il prezzo. Tutto è separato se credo di poterne tracciare il contorno con un frammento di gessetto bianco. Sono ossessionato da tutte le ossessioni che non ho. Il fastidio della lontananza dalla normalità mi ci rigetta dentro con un calcio ben assestato. Mi fanno stare male tutti quei piccoli movimenti involontari. Ma solo perchè avvengono dove non ho mai avuto controllo volontario. Sento che sono sbagliati. Mi fanno venire i brividi. Potrebbe essere qualcosa di serio, se non passa presto. Ma è quello che stavo dicendo. Non sono più io perchè non passa presto. Le cicatrici ora sono qui per restare. C'è una spiegazione molto semplice e chiara per tutto questo. Te la potrei esporre e non potresti che essere d'accordo con me. Allora io stavo fantasticando sulle prossime mosse, nella circostanza in cui le prossime mosse non fossero una serie infinita. O una serie finita di cui non si vede la fine. La percezione della fine ci costringe a misurare e pesare ogni passo. Cosa si calpesta e lo spazio-tempo di Minkowski, su una scala pedestre, pedonale, terrestre. Piccoli passi e finire dentro una pozzanghera, dove le foglie rimangono attaccate alla suola delle scarpe. A causa dell'autunno.

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