08 marzo 2007

In morte di Bob la spugna

Non un'altra stupida metafora sulla vita, per(perfavore)favore. Le tasche dei pantaloni. Serve una scelta attenta su cosa infilarci. Cosa potrebbe servire, in molte occasioni ma non in tutte. Ci infili troppe cose e rischi di apparire ridicolo. Le lasci vuote e finisce che ti trovi senza soldi, chiuso fuori di casa, senza telefono. Poi conviene mettere sempre le stesse cose nelle stesse tasche, che se vengono a mancare te ne accorgi con una strana sensazione. Ma ogni tanto è bene anche cambiare, per il gusto di farlo. Non si possono mettere in tasca le penne, che bucano e macchiano e scoppiano e macchiano. (sono due tipi di macchie diverse). Il piccolo taschino sopra la tasca anteriore è comodo per tenerci dentro le monetine da pochi centesimi, tranne quando ti fanno male le dita e allora tirare fuori qualcosa da lì può diventare un'operazione spiacevole.

Mi ero abituato a pensarti come a quelle carte che si mettono in orizzontale quando si fa un castello di carte. Mi interessa il giudizio di una persona fino al momento in cui arrivo a conoscerla bene, il punto dove so le sue debolezze o difetti e trovo un motivo per cui il suo giudizio non mi interessa più. Faccio ombra col corpo per colpa di una eclissi auto-inflitta. Dopo aver scritto la tua parola preferita, riempine le lettere con un colore pastello. Poi inspessisci i bordi e colorali di nero. Al posto del puntino, sopra la i, fa un piccolo disegno. Distanzia le lettere. Al posto di qualche vocale, mettici una stella. Non è meglio, così? Dicono che quando si fa una domanda ad una persona, questa sposterà lo sguardo alla sua sinistra richiamando un ricordo del passato, a destra invece se cercherà di inventare una bugia. Inoltre, in un ritratto, il soggetto guarderà a sinistra pensando al passato, a destra pensando al futuro, in alto se i suoi pensieri sono positivi, in basso se sono negativi. Adesso dovresti guardarmi e dirmi dove sono.

Riprendere violentemente coscienza sotto una valanga di sabbia, forse ancora vivi. Il corpo è immobilizzato e la pressione sembra voler schiacciare il petto come la corazza di un insetto. Gli occhi e la bocca e il naso e anche le orecchie sono piene di sabbia e bruciano e sono ferite e insanguinate e ogni movimento aumenta il dolore, che arriva a ondate e pulsante. Ci sono ferite ovunque che come sorgenti bagnano di sangue la sabbia intorno, che diventa calda e appiccicaticcia. Tentare di scavare si rivela uno sforzo inutile, perchè le unghie si spezzano ed ogni centimetro conquistato si riempie subito con altra sabbia. Ad ogni nuovo tentativo, la sabbia sembra sempre più pesante e compatta, e lo sforzo per attaccarla sempre più un ostacolo troppo grande. Dopo pochi minuti i più grandi rimpianti sono l'ossigeno e il senso dell'alto e del basso. Non c'è mai stata luce, ma adesso, che è quasi la fine, si percepisce che è lei che sta andando via. Che ne dovrebbe essere adesso dei sentimenti e delle emozioni, quando la luce non c'è più? E dei ricordi e del passare del tempo? Niente, non ce ne facciamo niente. Qui sotto è come la morte, tranne per la parte che fa ancora male, come la vita. Per(perfavore)favore, non un'altra stupida metafora sulla vita.

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