09 agosto 2010

Scegli un colore e picchialo a sangue

La cucitura del cuscino sul dorso del mio collo, preme, le presto attenzione. Spero di non dimenticare le cose che ho toccato. Sono uno che rinnega lo sporco nei fazzoletti, qualcosa che prima era mio, o ero io. Se mi chiedeste dove trovare il peccato, vi direi di cercare nel passaggio dalla pianura ai monti.
Non credo all'abbracciarsi le ginocchia.
C'è quella parte del pollice, quella un po' più larga, dove si incontrano le due falangi: percossa contro gli oggetti produce un rumore legnoso e ho imparato ad usarla per tenere il tempo. A causa dei ritmi sincopati, fa male e ripenso alla scuola media e ai ragazzi popolari che tenevano per vezzo un anello di metallo intorno alla base del pollice. Suppongo che distinguere la foto di un tramonto da quella di un'alba sia solo una questione di concentrazione.
Mi avvolgo il fil di ferro intorno alle dita.
Provo a non essere troppo sicuro di me quando a penso a cosa è una gabbia e cosa non lo è. Pensieri che assomigliano a quello che volevamo fosse la filosofia, pensieri che sembrano messaggi che si fanno strada tral rumore bianco. Ho cominciato a coltivare un'ossessione ma è venuto fuori un bonsai. Mi fermo a guardare uno scarafaggio scavalcare un pelo pubico sul pavimento. I modellini in scala fatti con la carta si dividono in due categorie: i ruffiani e i prepotenti.
Se ora mi presti le mani ci gioco un po'.

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