19 agosto 2010

Storia passeggera della tristezza, raccontata affettando un cotechino

I perfetti compagni di viaggio in treno sono in due, sono soli all'interno dello scompartimento e sono sconosciuti l'uno all'altro. Sono il Maliconico e l'Invadente. Il Malinconico era già nello scompartimento quando è salito l'Invadente. Non gli avrebbe rivolto neanche la parola se l'Invadente non lo avesse salutato per primo. L'Invadente porta scompiglio nell'ordinato e costante guardare fuori dal finestrino del Malinconico. L'Invadente comincia sempre parlando tra se' e se', fin quando uno di quei suoi monologhi esteriori non fa scattare la molla nella domanda meccanica: "E lei...?". A coronare il paradosso, l'Invadente trova che la maliconia dell'altro sia molto invadente, mentre il Malinconico pensa l'altrui invadenza come profondamente malinconica.

Non amo viaggiare in treno. Le motivazioni, se stessi ad elencarle, sono sicuro che sarebbero piene di piccolezze e banalità, questionucole di pura contingenza. Eppure, vi sono due questioni su cui il mio senso del dovere all'adattamento non riesce a prendere il sopravvento.
Per cominciare, il viaggio in treno calpesta i miei sentimenti. Il treno parte e arriva ad orari prefissati, quindi mio desiderio di arrivare non si trasforma in un'accelerazione. Di rovescio, nulla del mio non voler giungere a destinazione provoca un rallentamento. Non c'è modo di saltare le soste, neanche quando sembrano aumentare di frequenza più ci si avvicina alla meta. Non c'è modo di mettersi a girovagare per perdere tempo. Verso il bene o verso il male, un viaggio in treno si trasforma sempre in un esercizio di frustrazione.
Il secondo ostacolo è di natura letteraria. Il problema è che la scena del treno, come quella dello scompartimento, è stata sviscerata. Nel treno è successo tutto. Ogni umanità vi ha incontrato qualunque altra. Non v'è persona, animale, pianta o cosa che non sia stata su di un treno, con qualcuno a raccontarne la storia. E per quanto lo detesti, anch'io in questo momento non sto facendo altro che mettermi su di un treno insieme ad una storia, esaurendo anche questa possibilità. La mia unica speranza è che, come per le formule magica, l'ennesima ripezione della formula sia quella che infine fa scomparire l'oggetto della magia. Niente più storie di vaggio in treno allora, e si potrà tornare a bordo pieni di promesse di avventure.

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