21 settembre 2006

Sopravvalutazioni e sovrappensieri

Non faceva che guardarsi intorno, ignorando la pizza che si andava raffreddando nel suo piatto. Chiunque, osservandola, avrebbe reputato eccessivo l'interesse indirizzato alle figure vuote che decoravano le pareti di questa come di cento altre pizzerie, tutte uguali. I tavolini quadrati, le tendine a scacchi bianchi e rossi, poste sulle finestre che davano sulla strada, le solite olive nere non snocciolate sulla solita capricciosa. Perchè un giorno si era detta: "Il fastidio di scegliere ogni volta che pizza prendere è maggiore della noia di prendere sempre la stessa pizza". E ne aveva scelta una, per sempre.
Si sentì buttare contro un "Va tutto bene?" da una bocca dirimpetto, i cui denti avevano già scelto la propria vittima, e la stavano torturando senza incertezze. Non ricevendo però risposta, lui smise di masticare e le piantò addosso un paio di occhi color nocciola, taglienti, ma stanchi. Lei si ricordò di aver scoperto un'infinitesimale gradazione di verde, nel disco più interno di quell'iride.
Cominciarono una serie di movimenti sotterranei, segreti e rivelatori insieme. Lei disaccavallò le gambe sotto il tavolo, e piantò i piedi sul pavimento, paralleli e distanziati. Impugnò la forchetta, ma più che per iniziare a mangiare, sembrò voler soppesare un pugnale, pronto per un delitto da troppo tempo ponderato, come se la sua presenza fisica potesse scogliere i nodi di una coscienza provata. L'imbarazzo dei propri pensieri la sorprese; un po' di rossore le raggiunse le guance, per poi disparirne repentinamente.
Lui raccolse il fazzoletto che aveva posato sopra le gambe, si nettò le labbra con un lembo e lo ripose sul tavolo: un fantasma sconfitto. I geni dell'imbarazzo e del senso di colpa si urlavano sconcezze dentro la sua testa, producendo un frastuono tale da impedirgli di formulare il più elementare dei pensieri. Perse il controllo della propria compostezza, si lasciò scivolare contro schienale, le braccia buttate a penzolare nel vuoto, le schiena ricurva nelle spalle strette.

Stava in silenzio.
Stava in silenzio e la guardava.
Stava in silenzio e la guardava, perchè gli sembrava bella.

Lei quella sera non gli disse: "Se continui ad aver paura, mi hai già perso"
Lui quella sera non le disse: "Sono stanco di essere messo alla prova"
Lei non rispose: "Non ho bisogno di essere salvata"
E lui non ribattè: "Io scendo da questa giostra. Scendi con me."

Tutto quello che uno dei due seppe dire fu: "Andiamo via".

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