15 aprile 2007

Fin da bambino ho bevuto in bicchieri tetradecagonici

Nella sala d'aspetto di un ufficio comunale, sto seduto sopra una panchina di legno compensato e ferro verniciato nero. L'ufficio è chiuso ed io non sto aspettando il mio turno. Le gambe leggermente divaricate, i gomiti appoggiati sopra le ginocchia, la testa tra le mani, le dita tra i capelli, gli occhi chiusi. Contro il muro alla mia destra, riposa un distributore automatico di bibite calde e snack. All'improvviso si mette a vibrare rumorosamente; deve essere il compressore interno che si rimette in moto, servirà a mantenere la corretta temperatura interna. Faccio lo stesso anch'io. Cerco di scuotermi, restando immobile. Ho bisogno di ridare la giusta temperatura ai miei pensieri.
Lo guardo, esso inerme. Dentro, in bella fila, merendine che non avevo mai visto. Non so perchè, mi sembra ci sia un ordine sbagliato in quello che vedo. Il cibo mi è sempre sembrato anarchico, senza regole, accatastato, puzzolente, organico. Ora sembra la falange in formazione di un esercito macedone. La sua disposizione non è naturale. C'è una fila però, che ammicca nella mia direzione. Le schiacciatine al rosmarino. Come al liceo. Ci penso un po' su. 35 centesimi. Ci penso un altro po' su. A28. Infilo la mano in tasca, dove so di trovare qualche monetina (è tutta la mattina che tintinnano là dentro, tenendo il ritmo di ogni mio passo (una seconda parentesi ci vuole, anche solo per dire che è un blues)).
In tasca tocco anche un pezzo di cartoncino spiegazzato. Lo tiro fuori. E' il biglietto di un concerto. Devo essermelo dimenticato: di solito li ripongo tutti insieme, visto che mi piace conservarli. Non c'è scritto di chi sia il concerto, in compenso riporta luogo e data.
Chiedo che sia messo agli atti come prova, Vostro Onore.
Per un istante il termometro scende sotto lo zero, e tutto torna freddo e immobile e vuoto.
L'istante dopo c'è solo una pallina di carta, sul fondo di un cestino dei rifiuti, a far compagnia a bicchierini di plastica, sporchi di caffè istantaneo, e ricordi indesiderati.

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50 cent, 20 cent.

Eseguo.

Un meccanismo a vite compie due rotazioni complete intorno al proprio asse, lasciando cadere due confezioni (mi ricorda un'illustrazione della vite di Archimede di Siracusa, quella per sollevare l'acqua). Il rumore dei biscotti che si spaccano è meno acuto di quanto mi aspettassi, sarà per colpa del vetro divisorio. Non ho per niente voglia di mangiarle ora, e allora le infilo nella tasca della giacca. Ecco, proprio adesso non è il mio turno, non stanno chiamando il mio numero. E' meglio che mi dia una mossa.

1 commento:

Anonimo ha detto...

il gelo del ricordo lo sento anche io..