23 aprile 2007

che s'è costretti, lo schifo, ad esalare

"Non ce la faccio", a denti serrati, con la fronte tumefatta dal dolore, avvolta nel sudore, i capelli incollati alle tempie. Contrazioni sempre più frequenti, accecanti e insostenibili.
"Neanche io", trascinando le parole, riverso, bevuto fino al cielo, bruciato dall'alcol e dalla nausea anche nello spazio tra i muscoli e le ossa.
E poi c'è il cane. Bello, alto, bianco, un bastardo a metà strada tra levriero e pastore maremmano. Sguardo intelligente, gli occhi come quelli di Liz Taylor, il ciuffo di James Dean. Il cane sta trascinando lo schifo di materasso su cui sono buttati entrambi. Cinque centimetri al minuto, verso il centro della strada. Ci vuole una piccola pausa per pensare ad un luogo peggiore, più sporco, in cui far nascere un bambino.
Nessuno dei tre, nessuno dei quattro, che possa mettere a fuoco un pensiero in questo momento. Se deve colmarsi la misura, questo è l'istante perfetto. Che finisca come deve finire, ma che finisca adesso.


-Perchè non hai più chiamato?
-Cosa?!? Avrei forse dovuto?
-Beh, sei tu che mi hai chiesto il numero, o no?
-Esatto
-Cosa lo hai preso a fare, allora?
-Per risentirti, mi pare ovvio.
-Eppure non hai richiamato...
-Non credevo ci fosse una data di scadenza.
-Certo sei proprio un bel tipo, tu. Mi sei stato addosso tutta la serata, praticamente ignorando tutti i presenti: e già il giorno dopo, come non esistessi.
-Ti sbagli, non mi sono dimenticato di te; e certamente ti ho pensata.
-Faresti prima ad ammettere che non ti andava di richiamare...
-In parte hai ragione. Vedi: appena qualcosa mi si profila davanti come un obbligo, io divento di pessimo umore. Dalla mattina dopo la volta che ci siamo incontrati, ho iniziato a pensare "forse dovrei richiamarla" e mi è subito sembrata un'azione poco spontanea. Sono rimasto per giorni a oscillare tra la voglia di risentirti e il desiderio di non fare qualcosa per il semplice motivo che "va fatto".
-E sei anche strano forte. Lo sai che io non pensato a tutto questo, ma solo che non intendevi più voler a che fare con me? A chiunque sarebbe apparso evidente che io sono stata il passatempo di una serata. Ti annoiavi e hai trovato qualcuno con cui flirtare un po'.
-Solo se ci vogliamo fermare alla apparenze. E' un po' più complicato di così.
-No, guarda, non è complicato per niente. A me sembra palese. Ti va di rivederci, mi chiami; se non ti va, allora non chiami. Non hai chiamato, quindi non ti andava.
-Non dovresti giudicarmi in base alle mie presunte intenzioni.
-Infatti lo sto facendo sulla base delle tue assunte azioni. Una settimana di silenzio.
-Mi spiace che il mio comportamento ti abbia dato da pensare. Comunque credo ancora di non aver fatto nulla di così grave, che, se deve nascere qualcosa, lo farà anche se scompaio dalla faccia della terra per qualche giorno.
-Ma come potevi aspettarti che io fossi già a conoscenza del modo in cui sei fatto, di questo tuo modo di comportarti? Avresti potuto darmi almeno una piccola spiegazione. Sai che sforzo dire: "faccio qualcosa che potrà apparire maleducato, ma so che tu capirai". Mi avrebbe aiutato a sentirmi meno stupida.
(termina così questo dialogo, privo di una vera) Fine

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