14 giugno 2009

Manuale per giovani mar morti

Sta a guardare la gente che si china sul fioco getto d'acqua che sgorga dal marmo, mentre raccoglie le mani a coppa e tenta di dissetarsi.

"non si accorgono che questo è il gesto più religioso che faranno in tutta la vita"

A causa dei piccioni e delle persone e delle coppie di piccioni e delle coppie di persone, chiude gli occhi. Per non essere assediati da luoghi comuni e tubature.

"vogliono solo essere felici come animali"

Si trova la bocca con le mani, tenendo gli occhi chiusi. Se la apre infilandoci le dita, come se le fosse sconosciuta e aliena. Allunga una mano e chiede che ci metta sopra qualcosa che possa essere mangiato. Io ho solo una caramella avvizzita. La inserisce in quella fessura con biasimo chirurgico.

"falso"

Dopo un poco.

"non è facile vivere con gli occhi chiusi, quando hai fame"

Certi fogli di giornale se ne vanno in giro da soli, come un teatrino della marionette. Il vento tira le fila. Metto le mani dove è lei, cercando di non farla apparire una spaccatura. Mi sembra una bambina che colora con la testa appoggiata sul foglio, contro la guancia, fissando la matita a tempera mentre oscilla fuori fuoco. Un delirio delfico.

"se io fossi una cleptomane, tu saresti il monogramma di uno sconosciuto sopra un fazzoletto rubato"

Apre gli occhi. Per un istante la sua pupilla si stringe e si stringe, lasciando un forellino d'ossidiana nel mezzo. Capisco che è rimasta delusa quando tutto questo non è semplicemente scomparso.

"ora lasciami stiracchiare un po', poi andiamo via. dobbiamo festeggiare"

festeggiare cosa?

"che ci sia ancora qualcosa da salvare"

21 maggio 2009

Con tanti saluti dal basso ereticato

Se fossi una mela probabilmente non la chiamerei gravità, ma libero arbitrio.

21 aprile 2009

Ma poi non sapresti a cosa aggrapparti

vorrei avere da raccontare storie che sanno di bruciato. vorrei assaggiare gli occhi liquorosi del mondo. A volte rigurgito. risputo nel bicchiere prima di buttare giù. per vedere se ci sono parole incastrate tra i denti, parole a marcire contro le pareti bucate della bocca. parole di carne troppo cotta, formiche negre sul tronco encefalico. mi fanno rizzare i peli dietro la nuca. ho questa riserva di stima incondizionata per una ragazza che sapesse bruciarmi sul petto la parola IRONIA. ho questa cosa addosso che arranco sulla superficie delle persone. voi per me siete tutti in salita.

(fino a tre, trattenendo il respiro con una scusa)
1) Questa situazione è del tutto surrenale.
2) Da bambino volevo uccidere tutti con i trasferelli e diventare un decalcomaniaco omicida.
3) Raramente ci è concesso il fiore che desidereremmo. Più spesso, veniamo costretti a scendere a compromessi con i nostri orchideali.

Se le conversazioni sono porte, so fare sospiri a doppia mandata. Contro le persone che per vizio si introducono a vicenda. Come dannate VHS E120 dove non entra mai il finale. Ho l'impressione che mi rimangano solo azioni e manifestazioni troppo visibili per essere viste. Come dire: sono stato sfidato a duello e la mia scelta dell'arma è ricaduta su Torte in faccia. Poter annunciare "Senza rancore, ma abbiamo sbagliato tutto; Dobbiamo tornare indietro di 10 pagine". Tanto ci stavamo leggendo senza capire niente. Perchè comportarsi come se quello che hai in mano debba per forza appartenere ad un luogo e che quello che non hai in mano debba essere tenuto insieme da equilibri già contrattati, da dadi già tratteggiati, equivale a tracciare la rotta del proprio non saper nuotare. Rigore e compassione. Crapuloni coraggiosi.

Strizzo le tempie abbastanza forte da far affiorare i dotti dove scorre la linfa. Filigrana di certe ispirazioni. Mi scorre dentro artritica, a piccole valanghe con le unghie spezzate. Le pareti interne tutte graffitate e carbonizzate, come i bordi delle mappe del tesoro. A seguirne la tessitura con i polpastrelli si potrebbe capire da dove tutto ha inizio. Probabilmente dalla pancia. L'inizio, arroccato intorno a un buco che non va a finire da nessuna parte. Il covo. Scalcio dentro, come un feto cronenberghiano.

Io posso anche fare la parte del cretino spelacchiato, quello che se ne sta a farsi nevicare in testa, quello con gli occhi annuvolati, quello che crede che la pioggia sgorghi solo da un cielo ulceroso, quello dai sentimenti idrodinamici, quello che per fare la corsa col sacco prima col sacco ci deve stringere un legame, quello che sogna di suscitare prodigiose increspature della pelle, quello che inchino e sberrettata, quello che sarà salvato dalla chimica, cavaliere della tavola periodica, quello che ti prego ti prego ti prego chiedimi di tirarti fuori di qui.

29 marzo 2009

Mi nascosi all'ombra d'una sagacia

Il cannibale sogna un'umanità glabra.

In pieno agosto,
a bordo del mezzo di trasporto pubblico,
La convinzione dell'umanista vacilla.

Danza d'accoppiamento tra spettatore e tv:
Lo spettatore ammaestra colesterolo ubbidiente.
La tv propone preservativi con intarsi maori.
Lo spettatore affigge la guida ai programmi
fuori dalla porta del salotto
e dal suo modellato scranno, secede.
La tv predica pozze catramose agli eteroformi.
Lo spettatore espia a mezzo carta di credito.
La tv placca in oro idoli dalla chiappa antonomastica.
Lo spettatore dispera dei propri cedimenti idraulici.
La tv dota lo spettatore d'un cervello coibentato.
Lo spettatore, occhi spalancati nella notte
cerbiatto d'autostrada, immobile a fari accorrenti
imbambolato e perduto, applaude.

(il seguente brano è tratto da: "I migliori racconti della tradizione favolostica")
L'uomo mangia l'uovo. L'uovo abbandona la cesta. L'uovo si fa strumento. L'uomo sbuffa. La linea dell'uovo è affilata, la ... dell'... è stilizzata. L'uomo è compiaciuto. L'uomo sceglie un angolo e si dedica alla vestizione. L'uovo l'ha scelto una puttana. Poi di nuovo l'uomo e l'uovo sono insieme, tutto viene registrato, regolato, vantaggiosamente per tutti. L'uomo fissa i piedi della bambola al pavimento con i chiodi. La bambola è narcisa poi recisa. L'uovo barcolla. L'elicottero antincendio supera la linea dell'orizzonte. L'ascesa dell'elicottero è uno sberleffo. La linea dell'orizzonte picchietta contro i vetri. L'uomo apre la finestra. L'uomo va in epistassi. La bambola si preoccupa della disinfezione. L'uovo previene la fibromialgia. L'elicottero sorvola un'impiccagione. L'uovo si tranquillizza, poi insubordina. L'uomo ripiana il debito verso la bambola con un'omelette. La bambola esplode. L'assenza di traffico proietta oscurità contro la strada vuota. Il semaforo solitario recita un'omelia di colore nella notte, inascoltato.

22 marzo 2009

La fine giustifica gli intermezzi

Io non credo che tu esista. Per quel che vale, non credo d'esistere neanche io. Potremmo essere semplicemente l'immaginazione di qualcosa nel mezzo. Questa rivelazione mi solleva da tutte le responsabilità, tranne quella di scoprire le definizioni nascoste tra le più piccole pieghe di questa creazione. Questa rivelazione è la causa che mi rende estranei, all'improvviso, gli oggetti familiari. Non avevo mai visto la serratura della porta di casa mia con questi occhi. E' per questo che vedo l'azzurro solo lungo i bordi di un tetto. E' per questo che non sento calore, ma solo bruciore di cento minuscoli graffi.

Ho provato subito disinteresse per il grande fuoco. Mi sono appassionato, invece, alla giovane scintilla. Con animo incerto ne ho seguito il percorso. Ho forse contribuito alla sua dissoluzione semplicemente osservandola? Io sapevo che le sarebbe bastato posarsi in un punto piuttosto che un altro per spegnersi velocemente o dar vita ad un nuovo baluginare di fiamme, che avrebbe aggiunto la sua lingua al rissoso ululare del grande fuoco. Sì, è meglio bruciare senza avere nessuno a casa che ti aspetti.

Un grande fiocco rosso per presentarsi.
Cielo freddo macchiato, panna a parte.
Corpo fasciato da stringhe nere e digrignare di zip tutt'intorno.
Piuttosto che il sole, disegnare finestre.
Un pube interrogativo.
Il mare è salato perchè le balene sono tristi.
Sì, ma una volta sollevato il velo di Maya, uno cosa deve fare? baciarla?
Obliterami l'anima.
L'altra notte m'ha fatto visita un succubus. Ora devo ristuccare le finestre.
Ofelia, oh Ofelia, ridi come noi ridicoli! T'offro speranza di gentile follia.
Il posto da cui escono le parole ha una porta di servizio.
Dopo, sentirsi un ghiacciolo cui hanno succhiato via l'amarena.
Se questi alberi potessero parlare, chiederebbero di fare un giro sulla ruota panoramica.

13 marzo 2009

E' facile smettere di spostare gli oggetti con il pensiero se sai come farlo

Esperimento n. 1: Scrivi ogni tuo pensiero su foglie di platano secche, con inchiostro nero, utilizzando una vecchia macchina da scrivere meccanica. Metti virgole in corrispondenza delle venature più grandi. Ricorda a memoria le parole che la fanno inceppare e inventa per loro un altro significato.

Esperimento n. 2: In una giornata di pioggia, trova un ombrello monocolore e aprilo. Impugna un paio di forbici e colpendolo follemente pratica dei fori nella tela. Esci a camminare, portandolo con te. Verifica miglioramenti negli episodi di soffocamento. Considera l'universo come una scatola di scarpe. Immagina una foglia di lattuga e sopravvivi.

Esperimento n. 3: Prendi la metro e siedi in uno scompartimento poco affollato. Cerca di incrociare lo sguardo di un altro passeggero. A cattura avvenuta, alzati in piedi e suona una fisarmonica immaginaria. Al termine dell'esecuzione fa un leggero inchino e, togliendoti il cappello, allungalo verso il tuo spettatore con fare questuante. Guardalo negli occhi con impazienza.

Esperimento n. 4: Afferra una frusta e falla schioccare con un colpo secco. Con la mano libera, brandisci una sedia in aria. Trova un fiore grande come la testa di un leone. Aprilo e infilaci la testa dentro. Ripeti l'operazione fino a quando non sia certo il tuo coraggio, oppure l'impollinazione.

Esperimento n. 5: Apri il frigorifero e tirane fuori un frutto per ogni tipo. Con un pennarello indelebile disegna su ogni frutto un volto, triste o allegro, e poi assegna a ciascuno un cognome evidentemente inglese. Componi una pièce teatrale in tre atti, con protagonisti i frutti stessi. Congegna l'opera in modo che si verifichino le seguenti scene:
- nel primo atto, un gruppo di arance finisce in prigione. Tutti coloro che le vanno a trovare non sanno cosa portare loro in dono.
- nel secondo atto, un kiwi muore durante un incendio. Il medico legale, nel referto alla voce 'causa del decesso', scriverà 'mancata estinzione'.
- alla fine del terzo atto, tutti i frutti intraprenderanno un viaggio senza ritorno verso un certo paese della penisola balcanica, di cui ometteremo il nome.

Esperimento n. 6: Scatta una foto a lunga esposizione. Quando la macchina fotografica ti chiederà: "Per quanto vuoi che tenga aperto il diaframma?", tu rispondi: "Per sempre". Al termine del tuo cammino, sviluppa la foto. Prendi coscienza del fatto che, per tutta la vita, non c'è stato che bianco. Bianco, bianco, rumore bianco / bianco, bianco, rumore bianco.

05 marzo 2009

Balla maledizione, balla

Sono stato steso in terra, aspettando che qualcuno mi vedesse.
(di lassù, a volte si cade in certe trappole gravitazionali)
Cercavo un rifugio per lo sguardo, senza abbracciare niente.
Guardare le stelle era come leggere il labiale dell'universo.
Che poi, è sempre bastato un altro paio di labbra, per.
Non che io fossi una persona priva di difetti.
(alieno? come alieno?)
Avevo, ad esempio, sette vizi bianchi e cinque neri.
Non mi era molto chiaro come potessi stare senza. me.
Come sapessi mettere la fantasia a modo di segnalibro.
Io, creatura semplice, fantasticavo di scalini di marciapiede per compensare.
Immaginavo di morire soffocato in una stanza colma di palloncini.
Fino al soffitto. L'estasi senza scampo di fronte all'immensità.
C'era ancora una voce per te, nei miei soliloqui.
Meccanici, forse. Tu accusandomi:
"Le nostre giornate insieme sono foto amatoriali, non lomografie."
Io, creatura semplice, mi interrogavo sui sentimenti delle mattonelle.
Di certe mutile, accanto al battiscopa, amputate al loro destino di riempitivo.
Io sarei dovuto essere la cifra rossa del tuo bilancio in passivo.
Io un posto ancora non ce l'ho.
Però.
Guardandola controluce, ho scoperto che la piramide delle mie felicità è capovolta.

01 febbraio 2009

Sguardi e ladri

i. Stare sotto la pioggia è un investimento a lungo termine. Lì per lì ti sembra di perderci, ma alla fine ne esci più ricco di prima.
ii. La religione monoteista è un'altra dimostrazione che ci si innamora sempre di qualcuno che non esiste.
iii. Il miglior metodo contraccettivo è la spirale di autodistruzione.

Nodi che più tiri e più si stringono. Le strade in discesa. Le reazioni di fissione nucleare. Cosa succede quando una forza impossibile da fermare si applica ad un ostacolo impossibile da spostare? Le razioni di benessere socioaffettivo le trovi comodamente in vendita nei supermercati, in efficienti scatolette di alluminio monoporzione, di quelle sui cui bordi affilati ti ferisci le dita. Il rumore delle gocce che si schiantano sul fondo del lavello, in bilico tra un principio di emorragia e un cliché che ti tiene sveglio la notte. Espropriazioni governative dell'imprevisto. Stanno tutti bene, nonostante i miei sforzi.

iv. Qual è il tuo piano per cambiare il mondo?
v. Il sole non proietta ombre, fa i compiti di disegno tecnico.
vi. Si chiama polidattilia, è quella malattia per cui da grande ti rifiuterai di prendere lezioni di piano.

Sperimentare l'esistenze altrui come luci che lasciano scie di impressioni chimiche su pellicole esposte troppo a lungo. Il dolce ricordo della pasta rosea stretta tra le mascelle, alla ricerca di una impronta dentale, la colpa, la prima mela, tutto quanto. La bocca sigillata, il calore trasformato in solidità, legame tra respiro e panico. Una volta le sirene avevano le ali, lo giuro, è tutto vero. I pavimenti a scacchiera mi fanno venire voglia di assediarti. Poi di notte sento le urla delle matite colorate chiuse nell'astuccio di legno. Hanno incubi. Incubi che noi creature policromatiche non possiamo concepire. Gli incubi di coloro che sono costretti a far uscire dalla testa quello che hanno dentro. Fotofobia e inadempienza alla propria imbottitura. E questa è una distrazione, un argomento nero come la primavera per gli esasperati.

vii. Ci fu lo scontro di civiltà, e poi il relativo CID.
viii. Era una persona così profonda che alla fine è sbucato dall'altra parte.
ix. Questo silenzio è gentilmente offerto dalla bomba appena esplosa e dai timpani appena dissolti. E' stata una ninna-nanna esotermica.

Laocoonte, inventore del tentacle hentai

Ho inventato una parola. Ho inventato una parola che vuol dire che tutte le parole sono già state inventate.
(P.S. la parola è logosaturazione)

Obiettivamente, il passato. Woody, sdraiato sul divano, sdraiato come ci sdraia in bianco e nero, in una sessione di auto-psicanalisi. Elencando motivi sufficienti alla sopravvivenza, tra un movimento della sinfonia Jupiter e un viso di Tracy. Carlo, in viaggio verso Ladispoli, che rompe una bottiglia di olio e si intrattiene a discutere con l'uomo in canottiera sull'etica della manutenzione del bene pubblico. Carlo e gli occhi al cielo per l'archetipica MariSol, sovvertitrice d'esistenza e colpevolmente spagnola. Vabbè, cinenostalgia.

03 gennaio 2009

Di catarsi incatramarsi

Parte tutto da Najla. Sono due traiettorie separate e speculari. Iniziano procedendo divergenti, linearmente. Poi la velocità con cui si allontano decresce dolcemente, arrivano a camminare parallelamente per un po'. Ad un certo punto nasce tra loro una forza attrattiva, si avvicinano, accelerando. Sembra vogliano scontrarsi. Ora la distanza che le separa da Najla è costante, ma quella tra loro diventa sempre più piccola. Ecco che a pochi istanti dalla fine prendono a rallentare, e ad avvicinarsi a lei. Najla saluta il loro incontro, lungo il piano che ha accompagnato la loro simmetria, con una volgare dimostrazione di denti.

Come si guarda un ascensore che sale, che oltrepassa il tuo piano. La luce che riempie la fessura tra le porte: come per una marea extralunare, seguita dal buio che fa la stessa cosa per non sentirsi dimenticato. Lo stesso modo che ha Najla di guardarti negli occhi: d'un interesse passeggero, come a chiedersi di chi sia l'ombra là dentro. Io, che finisco sempre per immedesimarmi, accendo i miei pensieri in sequenza, come spie che annunciano il susseguirsi dei piani. In un appartamento, due piani più sotto, esplode uno scaldabagno. L'ambiente si satura di particelle di vapore in sospensione che vanno ad attaccarsi a tutte le superfici fredde, rendendole opache, umide e umane. Ora che lei scruta lo spazio vuoto che tratteggio nella stanza, temo sia alla ricerca delle linee di un campo metamagnetico, sensibile solo a qualche suo senso felino. Credo sia il suo modo di orientarsi tra gli uomini.

Quando prende a girarmi la testa, non riesco a più a decifrare i segni del mondo. E l'edificio che sta scivolando lungo la strada ghiacciata? E' una delle sensazioni che mi trivella, vana ricerca di cose che prendono fuoco? Sono io la sua morbida scorza terrestre? Perchè ora Najla mi sembra così vuota di realtà, aliena alla struttura delle cose? Sei Najla o un sbuffo di cenere? Sono vittima di una maledizione, una malia, oppure si tratta della semplice interruzione del flusso sanguigno verso la corteccia cerebrale? Ora mi siederò qui e aspetterò che passi, strappandomi di dosso ogni sanguisuga. No, non sanguisughe: didascalie. Vorrei qualcuno che mi dicesse cosa fare di queste mani ingombranti, che non vanno bene neanche per coprirsi la faccia. La psicosi soffia ed io sono un mulino.

02 dicembre 2008

Fuori da ogni logistica

(cinquanta parole secondo il caso)

Caso I.

L'incontro di due corrisponde alla rottura di una simmetria, un inequilibrio, una deviazione assiomatica. Entrare nella vita di qualcuno è una piccola violenza, domestica più per senso di familiarità che collocazione. Due perfezioni non si troveranno, se una delle due non confuta se stessa e i propri asinini pudori sentimentali.

Caso II.

Seguono giorni di cambiamenti, che sono l'alibi dei sensi. Foglie che smettono l'aristocrazia del ramo, che decapitate raggiungono democraticamente terra. Un cielo senza altri colori da dire, silenzioso come l'incontro di pericolo e follia. Accade un giorno di Novembre, che il tramonto e le foglie del melograno indossino lo stesso colore.

Caso III.

Voleva dare un senso alla propria vita, e non si accorgeva di star applicando l'etica circense. Era equilibrista, cercando la misura tra lavoro e tempo libero. Era trapezista, bramando la cima della scala sociale. Era incantatore di serpenti, adulando i suoi capi, e domatore di bestie, educando i suoi figli.

Caso IV.

Memorie di un bambino euclideo: api che bucano le foglie, mal di testa da occhialini per proiezioni tridimensionali, lettere magnetiche sul frigorifero, erba che non cresce sotto una tenda da campeggio, lettere incastrate in una macchina da scrivere, nastro adesivo su tutta la pelle. Nelle conchiglie non si sentiva il mare.

21 novembre 2008

Lettera di licenziamento al mio spleen

Provo a tirarmi su le maniche, ma i polsi della camicia sono troppo stretti e viene su solo il maglione. Ancora, sbagliando.

Da piccolo mi rifiutavo di mangiare i biscotti rotti. Dicevo che non mi piacevano, ma in realtà era solo l'ignavia dei gesti minimi: andarli a ripescare con il cucchiaino o trovarseli molli, contro i denti, bevendo il latte. Da grande continuo a scansare i biscotti rotti, per un motivo che oscilla tra l'estetico e l'anestetico. Estetico, perchè i biscotti si inzuppano in coppia, schiena contro schiena, e un biscotto rotto non si lascia accoppiare. E' inavvicinabile sia ai biscotti interi (evidente), sia agli altri biscotti rotti, perchè ogni biscotto è rotto a modo suo, diverso. Anestetico, perchè da grande ho scoperto i meccanismi dell'analogia. Non mangiamo quello che siamo, ma quello che vorremmo essere. Nessuno vuole essere un biscotto rotto.

04 novembre 2008

Prolegomeni ad ogni futura sonata per pianoforte che potrà presentarsi come espediente per rimorchiare le ragazze

A un cinghiale somiglia il mio umore.

Mi sono giustificato dicendo che è normale, per un bambino, sperimentare con il corpo. E' scritto in tutti i testi di psicologia infantile. Peccato che io non sia più un bambino e che il corpo, oggetto della sperimentazione, non fosse il mio.

Sono passato con la testa in mezzo ad un nugolo di moscerini ed uno mi è entrato nel naso. Ho provato a soffiarlo fuori, ma non so, non si sa mai come vanno a finire queste storie. A me la parola nugolo non piace, anzi mi fa proprio schifo. Più schifo dei moscerini, nonostante che da bambino, dei moscerini, ti insegnino solo la perversione scatologica. Strane cose, quelle che ti insegnano da bambino.
Di solito un nugolo di moscerini mi fa venire in mente gli elettroni che vorticano intorno al nucleo di un atomo. Sìsì, lo so, un attimo. Se avessi un scrittore dentro di me, adesso quello starebbe commentando: "metafora maldestra". Se invece ci fosse un fisico delle particelle, quest'altro direbbe: "vabbè, non ci hai capito un cazzo". Il fisico delle particelle è molto più diretto dello scrittore.
Qualche volta, in vita mia, mi sono chiesto come una comitiva di moscerini scelga il posto dove annugolarsi. Perchè non è che i nugoli si formino in presenza di, chessò, una carogna imputridita o una scultura di sterco: niente, nascono nei punti più anonimi possibili. E' per questo che ci finisco dentro con la testa, non me l'aspetto proprio un nugolo. Qualche volta mi sono chiesto anche se esista il verbo "nugolare" e se i moscerini lo usino.
Confesso però che mi capita raramente di pensare ai moscerini e ai loro nugoli. Prima mi devono entrare nel naso.

02 novembre 2008

If you think my heart's a mess, you should take a look inside my head

Succede che alcuni pomeriggi, uscendo dal lavoro, io trovi una cavalletta accomodata sul parabrezza della mia macchina. Io non ho una coscienza, quindi la cavalletta non dice niente.

Entro in libreria. Sorvolo le ultime uscite, snob. Vado agli scaffali della narrativa, alla lettera G, leggo tutti i titoli sul dorso dei libri alla G. Li trovo insipidi, non prendo neanche un libro. Inizio a puntare libri a caso. Di sguincio guardo le ragazze carine. Sbircio i titoli dei libri in mano agli altri avventori. Prendo in braccio tanti libri che vorrei leggere, accudire, svezzare, a cui vorrei cambiare la vita. Ascolto indiscreto le parole senza sugo delle professoresse di italiano e delle loro amiche. Mi interrogo sulla natura dell'ordine alfabetico. Nella mia libreria ideale, i libri sono in ordine di interesse, crescente. Secondo il mio, di interesse. Così potrei entrare in libreria, adocchiare un libro: "uhm, interessante", e poi vederne un altro: "uhm, ancora più interessante", e così via fino al momento di dover andare via, avendo detto un sproposito di volte "uhm". Gli ultimi libri sarebbero quelli, quelli che ho sempre cercato. Rimango in silenzio e guardo. Guardo i libri che ho in mano e penso che idea ci si possa fare del loro lettore. Le cassiere mi mettono sempre addosso l'ansia da interrogazione alla cattedra, me le figuro acide che stanno lì a giudicarmi in base agli acquisti che faccio. "Ecco un altro sfigato che legge Carver e vuole fare lo scrittore". Rimetto sulla sua pila un testo di Calvino che non ho ancora letto, che avevo pensato di prendere e ora ho deciso di lasciare: adesso immagino di avere un debito nei suoi confronti, di Calvino intendo. Dalla porta automatica entra un ragazzino di otto o nove anni, insieme a quello che potrebbe essere il padre. Il ragazzino gli sta spiegando che "... se raccogli abbastanza punti, è come avere una vita in più...". Mi guardo intorno, cercando di incrociare lo sguardo di qualcun altro che abbia sentito. C'è solo un trentenne, giacca e camicia, occhiali dalla montatura nera, spessa, squadrata.
Lo guardo negli occhi.
Lui mi guarda di riflesso.
Non ha capito niente.
Deve essere un altro sfigato che legge Carver e vuole fare lo scrittore.
- E' come avere una vita in più -
Ecco, sì, più o meno.

28 ottobre 2008

vedi alla voce: Astronomia del quotidiano

Adesso non so esattamente sotto che forma io possa apparire, ad un set di occhi standard. Forse bambino, forse cappellaio matto, forse simbologia floreale per carta da parati. Comunque dondolo, sopra un seggiolo di materia plastica. Dentro altalena, dentro sabbiera, dentro giardino, dentro cortile, dentro istituto educativo, dentro dentro dentro: qui reificata la condizione di dentro, la dicotomia delle appartenenze interiori.
Rincorro l'apogeo scalciando. Il bacucco e la bambina non vogliono guardare e si tappano le orecchie: dentro l'avvizzito secchio cerebrale del crapone due pensieri se ne vanno a letto insieme, -emulazione- e -fittizio-. Io vorrei solo quel male di cui tutti parlano, il male che si farà, il male che si è fatto, il male è la droga nei pensieri di loro che parlano di me. Per me quel male è sperimentale e collaterale, come una buca per la terra sotto le unghie.
Importa? Importare significherebbe prendere questa scena e sezionarla come uno scoiattolo sul tavolo operatorio: tirare fuori tutti gli organi, che sono attimi più fili d'erba più anelli metallici, e rimetterli dentro secondo un ordine di gusto arbitrario. Poi, sperare che lo scoiattolo torni ad accatastare ghiande e ad essere adorabile. E' una legge severa quella per cui l'accatastamento delle ghiande avverrà solamente quando non avrà alcuna importanza se ogni ghianda è accatastata o meno.
Millenni, la voglia di buttarsi dall'altalena in swing misinterpretata per desiderio di volare.
Ogni storia umana contempla ineluttabile un ginocchio sbucciato.

15 ottobre 2008

Per lunghi tratti strumentale, poi gente che urla

Prima hai gli occhi chiusi e il mondo lo dividi orizzontale, facile, cielo e terra e orizzonte e così. Poi apri gli occhi e ci sono gli alberi che vanno da giu a su e si sfascia tutto un sistema e l'erba e le persone in piedi e così. Che poi ti viene da ridere per queste cose strane, come che l'unica cosa dritta dritta ma veramente dritta è l'acqua quando se ne sta dentro a qualcosa o quando non se ne sta dentro a niente ma comunque s'appoggia; e poi invece una cosa un poco meno dritta dritta come un filo penzoloni, l'acqua non te lo rimanda mai indietro dritta dritta, ma coi riflessi sempre un po' spezzettati e vibrolanti. Puoi andare a vedere i film, ma dei film non te ne frega niente. Niente, delle poltroncine rosse, niente dei popcorn mezzi coriandoli, niente delle pagliuzze volanti nel cono di luce del proiettante. A te importa solo di aprire la bocca e far aprire la bocca e quando si apre una bocca è bello come qualcuno che ha scritto col gessetto bianco sull'asfalto e poi ha piovuto e poi le foglie gialle. Poi dici che ti vorresti sposare la televisione e la prima notte di nozze deflorare la presa per l'antenna e rimanerci attaccato nell'amplesso elettrosciocco immediatico. Il canale della televisione alla fine lo cambi con il dito medio sui bottoni anche tu, perchè vaffanculo tivù. Hai pensato che in verità il paradiso, quello bianco con le nuvolette, è un campo di concentramento, primo perchè non te ne puoi andare e secondo perchè sì, bello Dio e la beatitudine, però che palle. Ma nessuno ci torna indietro dal paradiso, mica per niente, ma solo perchè è troppo ironico, ironico alla arbeit macht frei, sei in paradiso e ti rompi le palle. Invece poi hai pensato che il paradiso quello vero deve essere come un outlet di poltrone e sofà. Che di un divano non ti stanchi mai. E pure se ti stanchi, c'è sempre un altro divano per riposare.

29 settembre 2008

I sassi ci sorridono da due milioni di anni

I muscoli delle braccia sono contratti nel massimo sforzo. Le scapole, la base del collo, cominciano a tremare, vibrare prima debolmente, poi si abbandonano in scosse. Dentro la schiena non più scintille, non crepe elettriche, solo sfrigolare di vertebre, solo digrignare di denti. La carne è intossicata dal desiderio di essere strappata. E' una violenza contro tutte le forme del corpo avute sin adesso. Finalmente la fame tiene accesi tutti i sensi, e non è più nebbia che inghiotte il mare di notte.

...ma quella cosa, quella cosa la tagliano col dolore, che il veleno per topi ne ammazza meno. Quella cosa non va via. Così la vuoi, la vuoi, la vuoi ancora: perchè se non c'è, vuol dire che stai precipitando, perchè se c'è, precipitare non vuol dire niente. Non così. Non la vuoi così. Il dolore è giusto così. Ottuso di poesie mandate a memoria. Umido. Allucinato. Senza freni.

24 settembre 2008

Magnitudo silentii

This is the perfect plan:
so inspiring,
so devious,
yet so simple.

07 settembre 2008

Storia del signor Epsilon: l'uomo piccolo a piacere, una presenza costante

Prometto che non sarò bravo. Bravo, come in "Oh, ma che bravo, fa tutto quello che gli si dice di fare". Buono forse sì, perchè atti di involontaria bontà nascono spontaneamente da atti di puro egoismo, ed io, senza falsa modestia, sono un vero egoista. Se la natura sa inventarsi il riflesso per giustificare l'impossibilità di un colore, allora io mi coprirò di cieca consapevolezza, e passerò attraverso. Non sarò dentro niente.

La pioggia, come l'impero, non esiste veramente. Per questo motivo la pioggia cade e l'impero decade, non hanno altrimenti. Il vento, una definizione orizzontale, spinge una goccia contro l'altra, un uomo contro un altro uomo; il vento fa sorgere leggeri rumori da scontri senza energia, il destino che è fatto di fruscii.

Misteri della fisiologia umana. La sola vista della libagione è in grado di renderci muti e farci inghiottire le urla che ci riempivano la bocca e svuotavano i polmoni. Appena preso parte al banchetto, poi, e già siamo sordi alle grida di altri noi.

L'autorità ha bisogno che il potere sia diviso in parti dispari, per garantirsi l'equilibrio e scongiurare lo stallo o il reciproco annichilimento. La verità è invece di natura pari, poiché necessita che ogni affermazione, per essere verificata, sia posta di fronte alla propria negazione. Non può, quindi, la verità essere partorita dall'autorità, nè l'autorità giustificarsi con la verità. Tutta colpa dell'insieme dei numeri razionali e dell'insieme degli uomini razionali.

Costantia, donna intersesso, mangiapane e serafica autoeccitante. Aggrappata a monomanie perse tra dentrifici e fluoriti, a suocere sfiorite, femmina con viscere di razza. Parodia di cross dalla fascia, palleggi al limite dell'area, ridicole brochure di tattica. Sprizzi socialismo e caviale eziotropico che guarisce la turpe affaristica, la borsistica criminosa. Niente trucco, solo pochi pittogrammi di sguardi cavapietre. Resti annacquata dalla sillaba impollinata, il verso aromaterapico, la flessione del muscolo pomicione. Ontologia della gestante burocratica, reiterate trattative per un bambino pacioccoso. Non genererai un figlio, ma uno sprezzante padroncino di laniccia.