03 ottobre 2020

Qualcosa meno di strapiombo

Ho 11, forse 12 anni. I mie genitori sono seduti davanti, è sera, torniamo a casa. La mia fronte si condensa sul finestrino freddo. Sento le coste del velluto del sedile sotto le dita. Cerco il solito buco per infilarci un'altra volta le dita dentro. Tremo un po', forse l'inverno. La luna e l'orizzonte che ci rincorrono con velocità diverse. Il ritmo dei lampioni che entrano ed escono dall'abitacolo. La forma delle ombre, sul tettuccio, che se ne vanno e che ritornano, pococromatiche. Il ritmo dei ganci del cavalcavia sotto le gomme dell'auto. Non mi accorgo che lì c'è già tutta la musica che ascolterò nei prossimi anni. Io sono lì, per un tempo che non sembra avere una fine. Di notte, mentre sto per addormentarmi e la realtà si sgancia lentamente dal senso della realtà, io sono lì, sono ancora lì. Quando tutto smetterà di essere, io tornerò lì.

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