18 febbraio 2007

Il ricordo della linea di contatto tra il mio orecchio destro e la tua schiena

Mia quando si alzava di pomeriggio. Indossando le stesse cose nelle quali si era già svegliata e addormentata e svegliata di nuovo, usciva dalla camera da letto e a piedi nudi entrava in cucina. La luce del sole che entrava in casa loro, attraverso le spesse tende chiuse di pomeriggio, che aveva un aspetto diverso dal solito. Come se si appoggiasse su quei quattro mobili spelacchiati, invece che caderci sopra con la solita pesantezza. Forse la luce era veramente diversa, o forse era solo un'impressione: lo smarrimento di quando ci sveglia nel cuore del giorno. Mia che si avvicinava al piano del cucinino. Faceva riscaldare una teiera d'acqua sul fuoco e, posato il filtro di carta sulla sua tazza, lo riempiva di quella miscela di thé così amaro e scuro. Guardava il disordine con gentilezza: i piatti da lavare vecchi di tre giorni e accanto la spugna (una di quelle con un lato verde, più ruvido dell'altro); i cartoni vuoti di succo di frutta e le buste della spesa ancora non svuotate del tutto. Mia che saltellava da un piede all'altro sulle mattonelle fredde, in attesa che l'acqua raggiungesse una buona temperatura; I piedi di Mia, decisamente piatti e con le dita piccole e rannicchiate. Le unghie delle mani di Mia, mangiucchiate e smaltate con più ironia che malizia. Mia che versava lentamente l'acqua sulle foglie di thé triturate. Cos'altro si ricordava di lei?
Una cosa ancora: Quando si faceva il bagno ed infilava tutto il corpo sotto il pelo dell'acqua. Rimanevano fuori appena i suoi occhi lisci; che si facevano completamente scuri, velati, come si riempissero di petrolio. E a guardarci dentro, volute iridescenti. L'ultima cosa che gli aveva detto era stata: "Smettila di dire sempre -se c'è una cosa che odio-. Smettila di dimenticare tutte le cose che hai già odiato e che odierai. Credi ancora di essere ragionevole? Se solo non fossi così pieno d'odio e di dimenticanza."
Sì, proprio l'ultima.
Dopo c'era stato tanto silenzio invece, e poco d'altro.
Ma soprattutto frasi non dette e piante appassite.

15 febbraio 2007

Quest'anno mascherati da Panda Molestie Sessuali

Quando si presenta un problema, trovare la soluzione non basta. Ci sono sempre almeno due operazioni da svolgere: individuare la causa e scongiurare il ripetersi. L'eleganza di una soluzione consiste nel ridefinire tutta la procedura in modo da eliminare la causa, in modo che la seconda operazione segua naturalmente. Se necessario, anche attribuire responsabilità personali. Il modo sbagliato di affrontare una difficoltà è quello di "mettere una pezza". Ignorare l'origine di un problema e complicare la procedura in modo da arrivare ad un compimento efficace anche in presenza della causa d'errore. E generalmente il risultato che si ottiene in questo modo non è altro che quello di fare due volte il lavoro: la prima volta sbagliando, la seconda volta in modo corretto.

Credo che, invece di "coriandoli a natale", il titolo originale fosse "cavoli a merenda".

Idea per un fumetto di San Valentino:
Lui arriva sotto casa di lei.
Guarda in alto trasognato.
Nei suoi occhi cuoricini al posto delle pupille.
Lei si affaccia dall'esagerato-esimo piano e lo vede.
Intorno alla testa di lei cuoricini come bolle di sapone, alcuni scoppiano facendo POP.
Lui tira fuori una bomboletta spray.
Le scrive sul marciapiede "PROVIAMO A VOLARE".
Spazio bianco.
Primo piano sulla faccia di lui, sconvolta e distrutta.
Inquadratura del corpo di lei precipitato e fracassato sul marciapiede, in una pozza di sangue, cervella e interiora.

13 febbraio 2007

La troppo poca lisse: peripezie con l'accento sulla seconda e

Stamattina sono andato a lavoro come al solito ma niente di che... a pranzo ho cenato da solo con mio padre; poi oggi pomeriggio invece di andare alla posta ho fatto una passeggiata col cane. Stasera sono andato a basket con il mio amico Marco. Adesso ho finito di mangiare e mi metto a guardare un po' di tv.

11 febbraio 2007

Dormimmo in un hotel alla periferia di Adelaide

All'interno dell'occhio, sulla retina, ci sono due tipi di cellule fotorecettive: coni e bastoncelli. I coni permettono di vedere i colori, ma hanno bisogno di certa quantità di luce, mentre i bastoncelli percepiscono anche a basse intensità, ma non i colori. Al centro della retina c'è una zona chiamata fovea, nella quale c'è un'alta concentrazione di coni. L'elaborazione ad alta risoluzione delle immagini avviene lì. Questo spiega perchè di notte, guardando un cielo stellato, le stelle al centro del campo visivo sembrano scomparire mentre sono più brillanti ai lati. (A me, ad esempio, capita, spegnendo la luce per mettermi a letto, di riuscire a intravedere con la coda dell'occhio una leggera luminescenza della lampadina appena spenta, luminescenza che scompare appena guardo la lampada direttamente). Un'altra caratteristica della fovea è quella di essere praticamente priva di coni per la visione del colore blu. Per questo motivo è molto difficile leggere un testo di colore giallo chiaro su di una pagina bianca: l'unica differenza tra quei due colori è la quantità di blu. Ed è per lo stesso motivo per cui l'evidenziatore giallo funziona così bene: cattura l'attenzione sfruttando la visione periferica che riesce a "vedere" il blu; quando poi si sposta lo sguardo sulla parte evidenziata, ed entra in azione la fovea, il contrasto giallo/bianco diventa poco percebile e non intralcia la lettura.

Oggi, domenica undici febbraio duemilasette. Molti pensano che oggi sia stato preceduto da sabato dieci febbraio duemilasette, comunemente detto ieri, ma solo per oggi. E molti hanno ragione. Quella dei giorni è una serie. Quindi ogni giorno può essere visto come un elemento di una lista infinita. Per comodità di analisi noi riduciamo il sistema osservato: per un giorno, ci sono un giorno precedente e un giorno successivo. Così ogni caratteristica che si può dedurre per un giorno con queste caratteristiche, si può dedurre per ogni altro giorno. Per induzione, cara. Ora, consideriamo la sequenza di questi tre giorni come una sola entità, con oggi non distinguibile da ieri o da domani. Il nostro "esserci" sarebbe adagiato in questi tre contenitori e ne prenderebbe la forma come se fosse acqua. Il problema della percezione del qui ed adesso si può così ridurre ad una questione geometrica, la sezione generata dall'intersezione tra questo oggetto temporale e un piano perpendicolare alla direzione del tempo. Questa osservazione però comporta dei problemi di linguaggio: quello che noi chiamiamo "scorrere del tempo" sarebbe una percezione generata da una osservazione effettuata da un punto di vista che trascende il tempo stesso e lo deduce da qualcosa che tempo non è. Le implicazioni sono innumerevoli. Ma quello che volevo dire è che sono già le sei e tra poco è di nuovo lunedì.

09 febbraio 2007

Esco dal tunnel e la pioggia sul vetro è come una malattia della pelle in avanti veloce

Questo post è lasciato inintenzionalmente bianco.







Lo si consideri riempito con tutti i sinonimi di nulla; scelti tra i possibili, ma soprattutto tra gli impossibili.

06 febbraio 2007

Le mie labbra si sono addormentate

...e ho perso fiducia nell'aiuto del pubblico.
Introduzione melodica, ingredienti per due persone, condire con rumore a piacimento.
Non sono che frazioni trascurabili dell'unità di tempo, quelle in cui io mi trattengo immobile. Non sono modellate con le stesse particelle dell'aria, perchè non le respiro. Sono come flussi, campi invisibili, che mi attraversano quasi fossi a loro impalpabile e ogni volta abbandonano o portano via qualcosa. Invece di doni, pedaggi. Dovrei essere sollevato quando tutto questo accade e invece mi sento tirato giù. Anzi tirato in tondo, come se mi avessero legato le caviglie alla lancetta di un enorme orologio meccanico. Ed in ogni momento il braccio dei minuti indicasse il basso. Poi quando mi sento parlare, mi sembro un essere perfettamente razionale, uno di quelli che tengono nascosti in stanza bianche dalle pareti tempestate di cuscini. Lo so benissimo che ti piace discutere della libertà, ed è per questo che non tiro più fuori questo argomento. Una volta volevamo scrivere un libro e riempirlo di tutte le cose che riempivano il tempo passato insieme. E adesso siamo rimasti senza libro e senza tempo insieme. Gli intervalli delle nostre relazioni impersonali sono così leggeri, leggeri, e i passi fatti sulla strada verso dimenticare verso ricordare così pesanti, pesanti. Che se tu mi stessi lasciando delle mollichine di pane per trovare la strada, io starei andando in direzione opposta; e naturalmente dopo aver girato la testa alla prima mollica sarei già perso. Ci si sta consolando con forme trite quando entra in scena la vocina impertinente: ella fa domande elementari, chiede "ma chi?" "ma perchè?". E mette in crisi un sistema. Allora che la si spinga via, titubando: "Mmmmma, dai, non stare a cavillare, lascia fare, non ti preoccupare". Il problema di girare intorno alle cose è che poi si forma il solco per terra, diventa un binario e non se ne esce più. Io lo so come andrà a finire: Dal punto centrale entrambi si allontano, dandosi le spalle, come duellanti. Lui le ha lasciato scegliere l'arma e lei ha scelto se stessa. L'inquadratura da sopra la spalla di lui, che si gira e la vede andare via: "non si volterà". L'inquadratura da sopra la spalla di lei, che si gira e lo vede andare via: "non si è voltato". Tutto sfuma in un bianco accecante. Cos'è quella cosa che distilli e mi instilli, gocce soporifere o vanagloria?

04 febbraio 2007

Come sono stupidi i titoli delle canzoni inglesi tradotti in italiano

Qui dentro fa eccezionalmente caldo. Eppure in questa marea c'è un iceberg, uno di quelli di cui si vede solo la punta. E' gelido, è solido, così impenetrabile che basterebbe toccarlo per farlo scomparire. Al suo interno ogni cosa è cristallizzata e addormentata. La marea si muove disordinata sospinta da un tempo che viene interrotto, poi cambiato, poi interrotto di nuovo e ancora cambiato. Ci sono luci blu da un lato e luci rosse da un altro lato. Se lì ci fossero l'inferno e il paradiso vorrebbe dire che noi ci troviamo in un limbo (e io non avevo mai immaginato che il limbo potesse essere così buio e affollato). Andiamo ancora più addentro? Io tengo gli occhi spesso chiusi, per il fumo, per non dover sentire con niente altro che lo stomaco e le gambe. Ogni tanto guardo in basso verso lo spazio che ci sta in mezzo. Se apro la mano al massimo, c'entrerà magari due volte in questo spazio: quindi non ci dividono che 50 cm, al massimo. Io non permetto che siano di più e tu non permetti che siano di meno. Ogni tanto guardo te mentre sei girata verso chissà chi altro. A volte mi dici qualcosa e io intuisco che mi stai domandando della canzone che c'è adesso, ma non ti so decifrare, che come al solito il senso di riconoscere le parole è il primo ad andarsene; e allora annuisco, oppure scuoto la testa sconsolato, e ti sorrido. Quando andiamo via non ci sono rimpianti, che la musica tanto è finita.
In tutto ciò che fila così liscio, non manca un certo senso di crudeltà. Può capitare di spaventarsi intravedendo un uomo addormentato dentro un furgone, che non si capisce se ti stia guardando o meno. Può capitare che uno si attacchi all'uso improprio della persona di un pronome, o all'uso sottilmente chiarificatore. Può capitare che uno, dopo aver parcheggiato, si fermi ad ascoltare quei 9 minuti di canzone che il giorno dopo a leggerne il testo erano proprio azzeccati -ma ieri non lo sapevi e allora capisci che era pura ispirazione-. Può capitare che uno, appena sceso dalla macchina, senta impazzire gli uccelli nascosti dagli alberi ancora neri per la notte, e lo prenda il senso di sè e la giornata successiva che si stanno aspettando a vicenda per darsi il cambio. Può capitare che uno prima d'addormentarsi si figuri Oscar Wilde che proclama che la vita vada vissuta come un'opera d'arte, e a me il cyrano mi sta bene che è una gran bella opera: però questo può capitare per colpa di quel gin tonic in più preso perchè lo si era letto il giorno prima in un racconto di Hemingway e lo si voleva provare; ma che l'unico effetto sortito può essere stato quello di aver provocato stupidi pensieri d'amore e di pennacchi.

30 gennaio 2007

Cosa ho mangiato a colazione e altre inutili informazioni

Soggetto maschile n. uno: Conflittuale rapporto con il proprio status sociale, alterna episodi di ostentazione a momenti di dissimulazione.
Soggetto maschile n. due: E' solito attaccare verbalmente l'interlocutore per evitare il confronto personale.
Soggetto maschile n. tre: Sembra non riuscire ad applicare la sua grande mole di conoscenze e abilità ad alcuna attività concreta.
Soggetto maschile n. quattro: Intrattiene rapporti utilitaristici con gli amici e insinceri con le molte partner.
Soggetto maschile n. cinque: Infantile e ideologico, non conosce il senso della misura.
Soggetto femminile n. uno: Ha architettato una personalità tormentata e una vita disordinata, potrebbe avere già tutto quello che vuole.
Soggetto femminile n. due: Pretende sempre il giusto comportamento da chi le sta intorno, ma non lascia mai intuire quale sia.
Soggetto femminile n. tre: Chiede costante attenzione e nasconde una parte di sè, forse cruciale.
Soggetto femminile n. quattro: Grandissime potenzialità e senso del dovere, ha un enorme blocco psicologico verso il rischio e le situazioni incerte.
Soggetto femminile n. cinque: E' convinta che una quantità di principi astratti possano essere trasferiti alla vita reale senza compromessi, soffre nel tentativo.

Ho capito il controintuitivo senso d'orgoglio di portare addosso un difetto, una deformità. Da mostrare agli altri come una ferita di guerra, una cicatrice, una prova che, per un limitato periodo di tempo, si è vissuto. C'entra lontanamente anche il graffio che mi hanno premurosamente lasciato sulla carrozzeria. Ma ha senso solo se frutto delle conseguenze di altre azioni: immotivato, scollegato, un effetto collaterale. Nulla di autoinflitto, dunque. Nell'essere materialmente differenti non vedo alcuna colpa, nè merito.

Un poligono regolare, con un numero sufficientemente grande di lati, è praticamente indistinguibile da una circonferenza. Il singolo essere vivente più grande del pianeta è un bosco. Ricordo ore passate a discutere sull'esistenza dell'anno 0.

Ogni volta che si fanno puntualizzazioni analcoliche mi sembra di sentire in sottofondo gli shellac.
Se non sei una persona molto intelligente non dovresti osare/usare quella montatura per gli occhiali. Quella squadrata, nera, bassa e spessa, non so se hai presente.
Continuo a darti del tu.
E già che ci siamo, ti dico pure questa: se ti definisci una persona simpatica, un po' pazza, solare, stronza-ma-in-fondo-buona, romantica, sincera, estroversa/introversa, affidabile e disponibile, c'è una buona probabilità che tu non sia nessuna di queste cose. Prova di nuovo e più forte.

28 gennaio 2007

Ameba monocellulare che, in risposta alla mancanza di nutrienti, piange

Subito neo, subitaneo.
Un colpo di t'osserva.
Verità per grammi.
Tessere un mosaico con tessere di una tela.

Cominciarono con il toglierci le unghie dalle dita. Tutte le unghie da tutte le dita, anche quelle dei piedi. Un effetto fu meno immediato del dolore, ma più insopportabile: non sapemmo più raccogliere gli spilli caduti sul pavimento; e grattar via i nostri pruriti divenne una faccenda ingrata: ogni volta dovevamo munirci d'oggetti appuntiti o ruvidi, che i polpastrelli nudi non ci bastavano più.

Ogni impronta lasciata camminando sulla terra è l'inizio di un vulcano. Quando spuntano, il ghiaccio si scioglie e l'acqua è scartata in favore della polvere. Quando esplodono, nell'aria intorno viene lanciata materia in uno stato innaturale, un poco metafisico. Tutto quello che si sa è che è blu e cade come pioggia. Se in quei momenti si tira fuori la lingua non ci si disseta, ma almeno ci si commuove e per un po' si rimane convinti che, dopo tutto, un qualche tipo di battesimo non può essere così sbagliato. Dopo tutto però, non prima di tutto.

Non tocchiamoci. Non pensiamoci neanche. Non stiamo fermi davanti ad una lampada accesa di notte o all'uscita di un tunnel senza luce, che un osservatore causale potrebbe, passando, vederci come figure nere in controluce. Non accontentiamoci del fascino dell'infelicità. Non prendiamoci in giro, chiedendoci perchè a vicenda. Non iniziamo a bere preventivamente, per calmare una sete che non abbiamo. Non mettiamoci a parlare del tempo, del lavoro, dell'università, di cinema, di musica, di politica, di calcio, delle altre persone, della nostra infanzia, di quello che ci piace, di quello che non ci piace. Non chiediamoci quando di nuovo. Non fingiamo di apparire migliori e peggiori di quello che siamo. Non restiamo qua seduti. Non respiriamo troppo intensamente. Se tu non sei, allora non sono neanche io.

Se pensiamo le stesse cose non è che possiamo considerarci un coro.
Una delle mie immagini preferite è il guerriero che si siede in riva al fiume e attende passare il corpo esanime del nemico. La singola idea dell'attesa si rispecchia così meccanicalmente in quello che sono e in quello che faccio, e su così tanti livelli, che non saprei da dove cominciare a descriverla.

C'è così tanto sporco in quest'aula. Il cestino della spazzatura che non è stato ancora svuotato. La polvere di gesso che si materializza in una evanescente nuvoletta bianca, come se le parole scritte sulla lavagna prendessero vita e i concetti che esprimono decadessero con questa forma nel mondo materiale. Ci sono le gomme da masticare nascoste pigramente sotto i banchi, come microspie, e le scritte offensive e oscene incise nel legno degli schienali di quelle sediacce, scomode e incerte. Ma questo è il meno. Gli sguardi degli altri studenti, tutti rivolti religiosamente avanti verso la cattedra-altare, sono come fili di ragno. Entrare e sentirsi addosso questi occhi sporchi. Schifo, chissà su cos'altro si sono posati prima di venire a pungolarmi. Attraversare il campo d'inquadratura come una comparsa inetta e confusa. Passando, rompere tutte queste ragnatele, che rimangono addosso. Arrivare finalmente al proprio posto, oramai al sicuro, coperto di filamenti bianchi. Ricucirli, farne il proprio bozzolo. Dimenticarsi pensosi di adesso.

Lo assaggiarono, ed era gelato. Lo nascosero, e divenne celato.

Il solitario, è come un nuovo gioco, un uomo gioco. Tira in avanti la mascella e allinea i denti di sopra con i denti di sotto. L'uomo accanto al solitario gli chiede: "perchè fai così con la bocca?" e il solitario per tutta risposta gli fa annusare le mani. Le mani del solitario, se sono sudate e vengono a contatto con la lana, acquistano un odore singolare. Un odore che si riconosce provenire da qualcosa di vivo, ma non per questo sgradevole. L'uomo accanto al solitario non è molto intelligente e spesso inventa delle storie su di sè per sentirsi importante, o almeno questo è ciò che crede il solitario. Il solitario di solito scrive cose che non fa leggere a nessuno; spesso lo si può vedere iniziare nuovi paragrafi. Si diverte anche a bilanciare reazioni di ossidoriduzione, il solitario. Lui è il solitario perchè sospetta il peggio in chi gli vuole bene e si aspetta il bene dai peggiori, perchè non sa mai cosa rispondere e quando, perchè non sa perchè rispondere, e il tempo gli si presenta sempre in incognito. Il solitario, quando sa che sta per ripetersi un rituale, scappa via. In un tempo sepolto insieme ad altri passati, trascorreva le sue ore seduto su scalini di travertino bianco, da solo. Sfogliava riviste di cui conosceva già il contenuto o svolgeva sbrigativamente i compiti che gli erano stati assegnati. Il solitario fantasticava: credeva di vivere in un fumetto, ed era sicuro che non si sarebbe accorto dello spazio bianco tra le vignette, del tempo bianco tra i riquadri. Ipotizzava tutto ciò che gli altri non avrebbero avuto il coraggio di dirgli, e lo prendeva per vero. Il solitario scrive oggi indifferentemente in prosa come in poesia. Parla poche lingue, ma non si fida di nessuna. Ma alla fine tutto quello che occorre sapere è che c'è sempre una buona ragione, o una valida scusa, per ogni volta che un solitario non riesce.

Vicini di carne.
Litigherei a causa di centimetri.
Con piacere, per il piacere.
Invece erigere muri.
Soluzione universale a problema condominiale.
Non c'era bisogno, veramente.
Ti s'apre il sorriso e ci sarebbe da piangere.

24 gennaio 2007

Se non è puzza, è can bagnato

La differenza che c'è tra il movimento orizzontale e quello verticale è la differenza che c'è tra ciò che vuole e ciò che è voluto.

Quando mi immagino gli Dei dell'Olimpo impegnati in uno sport di squadra, Apollo è sempre un giocatore egoista, uno di quelli che non passa mai la palla.

Da una moda si può scendere, semplicemente, come da un autobus. L'autobus della moda è quello che si prende a fermate che non sono le tue.

Una volta l'arte era superba e la politica profittatrice. Oggi la superbia è dei politici e l'opportunismo degli artisti.

Al posto della grandine mi piacerebbero diamanti. Tutto soccomberebbe ai graffi e nulla si salverebbe da questa sparatoria. Tutto e nulla.

Trame adiacenti che vanno formandosi, arrampicandosi:
Il giullare sfortunato completa le parole crociate. Gradi di separazione pulsano adiacenti all'idea romantica che le cose hanno delle cose. Suo fratello esautora il dentista. Davanti ad uno specchio tentatore, i generali si eccitano con i loro nudi corpi cosparsi di ipocrisia. L'opposto della grana fine è sparso tutto intorno da una banda di paese. Bandiere bandite e fotocopiate che annoiano. Apatia elettrica fuoriesce dal di dietro di un tubero. Può un legame forzare l'emergere di una saggezza? Il mio spazio avverte il territorio, e lo annienta. Il suono dell'immerso, versatile, copre il suono dell'immersione. Tragedie arcane crescono ai crocicchi come fa l'erba gramigna. Una regola d'emissione difende involontariamente la causa del filatelista, note alla fine del paragrafo. Può una sbirciata provare lussuria? Il mostro valuta l'avvocato sostituto prima come meccanico, poi come avvocato sostitutivo. Il di lei teorema affligge una particella sopravvenuta d'argento. Nel retro, audio-cassette si uniscono piegandosi in un congresso di nastri in cima ad un vantaggioso manto di corpi di persone che fanno 'Manto' di cognome. Coincidenza, fissa senz'arte! Al di qua della pellicola si scherza sul controllo. La vice-cultura che lava la fantasia. Quando le strade si srotoleranno una sopra l'altra, l'una e l'altra una terribile lumaca? Il ritiro del contrasto pretende di essere il suo più vicino equilibrio. Un altro giullare disegna il geloso opposto porpora della traccia.

Una gatta ha detto che gli psicofarmaci non fanno più effetto, sospirando.

23 gennaio 2007

Io per far star su le nuvole avrei suonato un do e un mi minore

Sì è vero. Troppo timido, ma ci sono mille buoni motivi. E poi la timidezza è come un liceale che compie 18 anni, si giustifica da sola. Ogni volta che parlo con una ragazza tradisco quella parte di me che ripete allo sfinimento: "ma dove cazzo vai?" "te lo ricordi chi sei?" "te lo ricordi come sei?". Quella parte di me che mi alimenta con palate di rabbia, quella parte che durante certe notti mi tiene sveglio okkupando il mio stomaco, quella che mentre cammina per strada si guarda riflessa nei vetri opachi di tutte le macchine parcheggiate e si vede deformata, deforme. E che tornerà a specchiarsi all'auto successiva. "Io ti sono amico, poi tu ti trovi un ragazzo e io mi devo uccidere" e io nel buio della sala sono diventato rosso, completamente rosso, come mi accade tutte le volte che si parla di me. L'unica differenza è che io non mi uccido, io faccio finta che non è successo niente. Quando ho cercato di insegnarmi a non averci mai creduto, è successo che ho imparato a non crederci mai più. E quando subito dopo si sono accese le luci in sala, ho sperato che non te ne fossi accorta.

La scena dell'ubriacatura era brutalmente sincera. Ho sentito i suoni della festa appannati e la musica ne usciva come un sovrappensiero. Ed è la prima cosa che noto ogni volta che bevo: gli effetti sul mio senso dell'udito.

Gli ultimi istanti del film non li ho visti, eppure avevo gli occhi aperti e fissavo lo schermo. Ero dentro di me a pensare che: "sì, è vero". Che non c'è lieto fine e va bene così. Che dover stare a rincorrere se stessi quando ci si sente sbagliati non risolve niente, anzi peggiora, e che la solitudine, in fondo, va bene così. Che se voglio veramente qualcosa e l'unico modo per averla è prendermela, allora preferisco non averla, che tanto farebbe felice solo me; e se non dovesse arrivare mai, va bene così.

Lui disse "prendimi la mano, non riesco a dormire". Lei gli prese le mano. Lui si addormentò.

20 gennaio 2007

L'antro del distorco cattivo

Non si può rispondere male, non si può rispondere 'male'. Sono solo canzoni, vero? Lo sapevo. Mi volevano ingannare. Distaccato e deragliato. E' l'immaginazione che mente. E' la mente, che immaginazione! Mi vengono foto oscure, oscure come una strada buia, con gli alberi ai lati, percorsa velocemente, troppo lentamente. Non dovrebbe essere dolorosa, è bella perchè fa paura, è brutta perchè fa paura. Non ho più voglia di dormire. Dimentico facile, quindi potrei già aver scritto tutto questo. Alcune persone mi lasciano degli sguardi che mi gelano. Vorrei spiegar loro che non è come pensano, ma poi negherebbero di averlo pensato.

Tutto questo avviene nelle situazioni che potrebbero richiedere un certo comportamento, ma io mi ribello.

Ri-bello e ri-buttante. Urla in silenzio perchè le parole sono violenza. Partecipe è una parola oscura, una parola scure. Io soffio. Mi batte il cuore, strano. Sul muro c'era scritto 'grande cuggiolo'. Sono andato fuori tema, sono andato fuori strada.

Ho sognato dei quadratini, ma nel mio sogno erano cerchietti.

-Ho finito, grazie
-T'è piaciuto?
-Sì
-(ha un brivido)
-Sei triste?
-Non mi sento triste
-Mh
-Ma sono triste, come in "una scena triste"
-Dove la differenza?
-Procuro una tristezza che non è mia
(pausa)
-Vado via
-E dove? (respira)
-Torno in gabbia...
-(no)
-...almeno da dietro le sbarre mi possono volere bene
-Ma anche così
-...
-Io te ne voglio
-Solo perchè sto dentro una gabbia
-Tanto ci sto pure io
-Posso solo camminare in cerchio e guardare fuori
-Ma mi stai ascoltando?
-Io ti inviterei nella mia gabbia
-...
-Ti puliresti i piedi sullo zerbino all'entrata
-...
-Ti direi "non fare caso al disordine"
-Io: "Ma che bella gabbia"
-"Vero? L'ho fatta arredare da un mio amico architetto"
-"E' notevole"
-"L'architetto è uno struzzo"

Ogni ellisse ha due fuochi, che sono come i suoi due centri. Ellittica è anche la triettoria della terra intorno al sole, ma rispetto all'orbita terrestre, il sole si trova in uno solo dei due fuochi. Tu in quale fuoco sei?

17 gennaio 2007

La canzone che ho decomposto per te

Io e la mia ombra siamo due persone completamente diverse. La mia ombra non prova mai vergogna. Si allunga in zone oscene. Non ha il pudore di nascondere le sue forme, perché è solo forma. Se io mi fermo davanti un limite invalicabile, un cancello chiuso, un passaggio proibito, lei mi precede e ci entra senza esitazione. Se io cammino sul pontile di un lago, lei si getta subito nell'acqua gelida. E mi sfida: non vuole uscire. Poniamo che io mi metta ad aspettarla sulla riva, al calar del sole: lei, anzi, si allontana ancora di più. Di notte non torna mai a casa, non l'ho mai vista dormire. Ma le va dato atto che ogni mattina ritorna, non ha mai saltato un giorno di lavoro. La mia ombra non ride mai con la bocca, nè con gli occhi: qualche volta si batte il pugno contro il ginocchio, ma è più un'eccezione. A entrambi non piace ballare, è vero, ma va sempre a finire che lei mi giri intorno più di quanto io giri intorno a lei. Un po' ci sono affezionato, anche se non è l'unica ombra che ho. Ma tutte le volte che l'osservo ho la certezza che lei abbia capito qualcosa di importante; lei che fa quello che sente. Io so che non sarò mai trasparente, finchè la mia ombra sarà presente.

Massì, va! (ttack)

15 gennaio 2007

Mi sveglio presto e ingoio nebbia

"Adesso qual è la prossima mossa, genio?"
"Hai mai notato che in ogni goccia di pioggia che si ferma sul vetro è riflesso capovolto tutto quello che c'è oltre il vetro?"
"Non ho imparato nulla. Ché quando ne ebbi l'occasione dissi -non mi serve-."
"Come? ti sei giocato le mani e hai perso?"
"La Trasformazione è arrivata. Piccoli indizi: il cielo è viola. Grandi segni: se ha una lama e un manico, non è più un coltello."
"Se piego il braccio, sulla punta del gomito spuntano denti."
"Sono sicuro che riesci a far rimanere molti uomini in mutande, ma io mi ci sentivo già prima di conoscerti."
"Ma vedi, come posso non essere sincero? Io, io che ti mostro il collo?"
"Di casa mia mi mancano tutti i giochi finiti e rimasti sotto gli elettrodomestici."
"E questo te lo avrebbe insegnato un cane?!?"
"La mia faccia è accaduta un giorno che ero steso sulla sabbia e un'ombra mi è finita addosso."
"Se tu riveli subito dov'è il palazzo non puoi citare il fatto che abbia molte finestre, è gratuito."
"Ho intruppato"
"Da grande voglio fare il capo del mondo. E' un obiettivo plausibile, se nessun altro ci pensa. Zero concorrenza."
"Ogni cubo che tieni in mano è una stanza al contrario."

14 gennaio 2007

La metensomatosi nascosta sotto il letto

Le rose si impollinano solo tra rose. Capita anche a tutte le altre piante, ma fatto da loro sembra un atteggiamento così altezzoso.

Sono nella schiuma. Circondato dalla schiuma. Immerso nella schiuma. Sommerso dalla schiuma. Vedo solo schiuma. Annuso la schiuma, ho in bocca il sapore della schiuma. Nelle orecchie ho il rumore che fa la schiuma. Non ho freddo perchè la schiuma mi tiene caldo. Non ho paura di farmi male, perchè mi protegge la schiuma. Schiuma sotto e schiuma sopra, schiuma a sinistra e destra: davanti e dietro, schiuma. Ora so tutto della schiuma. Riconosco la schiuma vecchia dalla schiuma nuova. Mi accorgo quando mi rubi o cerchi di rubarmi la schiuma. La schiuma aderisce alla mia pelle e vi entra dentro. Sono coperto di bolle, bolle di schiuma. Su ogni bolla di schiuma si riflette il tutto intorno e il resto della schiuma. E su ogni bolla di schiuma c'è un arcobaleno. Che non è proprio un arco, solo un baleno. Nella schiuma non sono mai triste e non sono mai felice. Nella schiuma tutto è bianco dello stesso bianco della schiuma. Nella schiuma posso respirare, eppure mi sento soffocare. Nessuno sa di quello che c'è tra me e la schiuma. Perchè non c'è niente. Ci siamo solo io e la schiuma.

E ho intravisto una ironica asimmetria. Se c'è una cosa che non può accadere per sempre, la stessa cosa può non accadere per sempre.

L'arbitro fischia la fine.
Entro in campo.
Attendo l'arrivo di colui del quale sarò il sostituto.
Aspetto l'interrompersi del gioco.
Comunico ai direttori di gara che sto per entrare.
Mi riscaldo.
Mi alzo dalla panchina.
L'ho scritto al contrario perchè contiene una metafora dozzinale a tal punto che me ne vergogno. Però vorrei essere di nuovo la persona che ero quando avevi sedici anni. Ero migliore, io, accidenti.

Non capisco perchè da sotto la mia pelle risaltino le vene, mentre sotto la tua si intravedano fiori.

Sai cosa ne faccio dei tuoi nei? Costellazioni.
Sai come ci riesco? Fingo che il tuo corpo sia un cielo.
Sai dov'è la finzione? Che invece di circondare tutto, ha tutto intorno.

Insegnami quello che di importante c'è da sapere. E "insegnami" non vuol dire solo "dimmelo", significa "trasformami".

12 gennaio 2007

Post Rock Post

Se per quel breve lasso di felicità passata, io provo gioia invece di tristezza, va bene uguale? Vi va bene mettervi nei miei panni anche se non mi lavo da una settimana? Posso considerarmi un fuorilegge perchè mi scarico le canzoni da internet e supero il limite di velocità quando è a 50km/h? Vi arrabbiate se mangio l'ultima fetta di pane? La mia coscienza è a posto anche se non possiedo un telefono cellulare da 500 euro. Anche perchè l'apice della telefonia mobile è stato il Nokia 3310, rimasto da allora ineguagliato. Il mio anno non è un fallimento se non passo l'estate in un villaggio turistico. Dove "animazione" ha una strana assonanza con "reparto di rianimazione". Non mi avrete mai. Tu, birra analcolica: prodotta negli impianti industriali per l'imbottigliamento degli ossimori. Tu, navigatore satellitare: togli il divertimento da una attività altrimenti divertente, privandola della parte difficile. Come finire doom con i trucchi. Come giocare a pallone con i bimbetti cinquenni. Ma se usare una guida stradale cartacea è da considerarsi difficile, allora, come genere umano, stiamo messi decisamente male.

Ti ordino di assomigliare ad un gatto, o ad un vecchio lupo di mare. Di guardare in uno di quei giocattoli di plastica rossa che assomiglia ad una macchina polaroid, nella quale ruotano dischi di diapositive con immagini di luoghi famosi. Di recitare in un teatro di ghiaccio. Di inventare una nuova pseudo-medicina che curi la gente mettendo forchette in equilibrio sopra bottiglie. Di sostituire alla tua pelle un tessuto con motivi tartan. Di guidare una specie animale nella sua guerra di indipendenza. Di guidare una specie di macchina verso la sua dolce meta, verso la sua dolce metà. Di scrivere la recensione di un disco e farlo inventandoti un nuovo genere musicale. Di comportarti come se gli oggetti avessero sentimenti umani. Di lasciare un commento. Di credere nella magia di alcuni numeri. Di scendere da un autobus e salire su un treno che è pronto per partire, incontrare una persona persa di vista da tempo e affermare "che coincidenza!". Di smettere di scrivere in Arial. Di indossare l'abito verde di qualcun altro. Di non fare quella faccia. Di non fare quell'affare. Di toglierti finalmente la maschera che indossi tra la gente e mostrare a tutti il tuo volto tentacolare. Di assumere sostanze da stupefazione con contratto a tempo determinato. Di mentire con tutto tranne che con i polpastrelli. Di abbiare ad un perfetto estraneo. Di abbagliare un estraneo perfetto. Di volare al di sopra della coltre di nubi e di farla morire d'invidia. Ti ordino di tornare in disordine.

10 gennaio 2007

Manducanti agli angoli delle strade

Einstein mi sta antipatico e per questo affermo: Dio gioca a dadi. Ogni volta che chiudo gli occhi, è lanciato un dado. Il numero uscito stabilisce e fissa quanti secondi devono passare prima che io chiuda gli occhi di nuovo.

Premessa: oggi ho visto la tv per la prima volta dopo parecchio, per pochi minuti, il tempo di un panino. Per la serie "cose realmente accadute che dopo che sono accadute ti lasciano col dubbio che siano realmente accadute". Tg1 dell'ora di pranzo. Intervista marchetta a Silvestro Stallone per l'uscita in Italia di Rocky Balboa.
Domanda dell'intervistatore:
"Ma tra Rocky e Rambo, chi vincerebbe?"
Risposta di Stallone:
"Rambo, perchè spara."
Cose che fanno venire voglia di pagare il canone.
(Lo so che parlare male della televisione è inutile e più facile che sparare ad un bradipo zoppo e addormentato, da mezzo metro, mentre indossa una giacca della croce rossa. Ma seriamente. Mah.) ((Intendiamoci, il fatto di sparare ai bradipi è solo a fin d'iperbole. Non mi permetterei mai, il bradipo è un signor animale.))

Dalle ghiandole lacrimali è secreto acido. Ogni lacrima è un nuovo solco sul volto, di nuovo pelle bruciata, altre cicatrici verticali e sfiguranti, il dolore che provoca la disgregazione dell'intima struttura della materia. Accumulando sufficienti dispiaceri, un giorno una striscia di pelle sarà totalmente consumata e la faccia si aprirà come un quadernino segreto senza lucchetto. Quel giorno compariranno due bocche. Una piccola con labbra piatte ed esangui, una dentatura bianca e immacolata. Una enorme e cafona, sempre coperta da troppo rossetto, colma di denti marci e gengive purulente. La bocca nobile si morderà sempre le labbra e non oserà mai sputare. L'altra bocca ingiurierà, vomiterà, bestemmierà, mangerà con la bocca aperta, sbaverà e parlerà sempre nel momento sbagliato. Si dirà: sfiorami qui. e qui.

THIS SIDE UP e una freccia diretta verso l'alto. Tatuato su qualche mio appezzamento di pelle. Al contrario. Ad ufficializzare l'esser perennemente sottosopra.

08 gennaio 2007

L'obbligo di frequenza nella sospensione dei punti

Si spengono le luci in sala, il pubblico rumorosamente zittisce, si apre il sipario e sul palco un cono di luce gialla illumina parole casuali. Il comando che aziona i tergicristallo è fuori uso, la macchina accelera affinchè nulla si depositi sul parabrezza e tutto scivoli via verso l'alto: dal cielo, piovono parole casuali. Antiche statue di pietra opalescente per raffigurare l'infanzia, dai cui occhi è stata asetticamente aspirata la vita: nelle crepe di questa pietra crescono parole casuali che si arrampicano, la conquistano e la macchiano di verde. Il mercante romano, paonazzo in volta, gesticola teatralmente nel mezzo della piazza straniera. Inventa nomignoli che rifila ai passanti stralunati che lo squadrano come si fa con uno animale mai visto. Nelle sue mani grandi e bonarie, tra le dita, attorciglia parole casuali. Quando vibra, la corda può accedere al cuore segreto della sua armatura di legno: insieme, con un accordo che è tutto fuorché tacito, sollevano in aria la razionale precisione del loro rapporto. Sul leggìo, bianchi, fogli di carta. Sul leggìo, nere, parole casuali.

Un uomo ed una donna giacciono nudi e immobili sopra un letto bianco, l'un sull'altra. Ogni secondo che passa -come fotogrammi- parti dei loro corpi si fondono insieme. La superficie di questa nuova entità prende una colorazione verde scuro e una consistenza squamosa. Le due teste si assottigliano e rimangono separate, diventando capo e mascella del nuovo essere. Le quattro gambe si uniscono in una coda lunga e muscolosa. Dalle braccia prendono forma le zampe anteriori, mentre quelle posteriori spuntano dagli antichi fianchi come germogli primaverili. Il nuovo essere è ora formato, stupido, cammina a quattro zampe e ha il ventre basso che sfiora il terreno. Scende dal letto e con la sua andatura forzata si avvia verso la palude. Nella melma, nuota.

Uomini travestiti da antichi guerrieri giapponesi, con armature di paglia, alzano le braccia per impedirmi il cammino, mentre attraverso il mercato del quartiere dove abitavo un tempo. Li oltrepasso senza neanche sfiorarli e, quando mi volto indietro, mi accorgo che stanno confabulando. Riconosco qualche parola di cinese. Due giovani asiatici sono seduti all'ingresso di una bancherella e vorrebbero vendermi la riproduzione di una spada katana per 24 euro e 49. Io però sto cercando un bastone per il bushido.

Le Persone Quasi Famose hanno un addetto stampa. L'addetto stampa riassume la Persona Quasi Famosa in un paragrafo di parole neutre, ma velatamente elogiative. Il lavoro dell'addetto stampa è quello di permettere alla Persona Quasi Famosa di essere conosciuta senza dover passare attraverso tutta la Procedura Per Conoscere Una Persona. Come dire: andrà ora in onda una versione ridotta di me per venire incontro alle vostre capacità mentali, disponibilità temporali, abilità sociali.

La giovane donna edicolante siede tutto il giorno sul suo sgabello, dentro una grotta di carta e plastica da imballaggio. La giovane donna edicolante indossa sempre una tuta di marca, nera con righe bianche. La giovane donna edicolante ha i capelli neri sempre curati, ma la lampada della sua edicola la illumina dall'alto e sembra sempre che porti in testa una corona bianca senza diamanti. La giovane donna edicolante non fuma, ma dal suo modo nervoso di muoversi sembra che il suo organismo non desideri altro. A volte viene a darle il cambio la madre, la vecchia donna edicolante. La giovane donna edicolante tiene davanti a sè un calcolatrice con cui si aiuta a decidere quanto dare di resto. La giovane donna edicolante tiene sempre la faccia piegata in avanti, e quando entra qualcuno lo guarda senza curiosità, senza alzare lo sguardo, sollevando solo le sopracciglia. La giovane donna edicolante scherza con tutti, tranne che non lui. La giovane donna edicolante non ride mai, ma a lui sorride sempre. Forse è per questo motivo che, anche se deve fare più strada, ora lui va sempre in un'altra edicola.

06 gennaio 2007

Portami un sasso da metà strada per la luna

"Male" si traduce con "maschio", ma si scrive come "male", contrario di "bene".
"Female" si traduce con "femmina", ma si scrive quasi come "fa male".

E' solo una teoria, ma: L'amore non esiste. E' stato inventato. E' stato ipotizzato, definito, tramandato, impartito, santificato, mercificato, imbellettato, commercializzato. Qualcuno ci crede ancora. L'amore è morto. Come Dio, con un saluto al nostro amico comune Fede.

Eravamo a bordo di una nave, in gita scolastica per studenti di nessuna scuola. La nave era il Titanic, ma era piccola, poco sfarzosa, e non sarebbe mai affondata. Mi imbattevo in te mentre salivo di ponte in ponte, eri con le tue amiche. Avevi gli occhi mascherati con trucco nero, la pelle bianchissima e i capelli ti nascondevano metà del volto. La più insulsa e maligna delle tue amiche ti sfida a venir nella mia cabina. Eravate come streghe. Sarcastica accetti. Ti faccio strada e non ho coraggio di toccarti. Mi segui in silenzio e mi sembra di intravedere un sorriso, cui non do significato. Quando arriviamo alla mia porta sei grandissima e completamente coperta di veli. Ti metto un braccio intorno alla vita e con forza ti tiro dentro, sei pesante ma non fai resistenza. Ti adagio sopra la mia cuccetta, che sembra la cameretta di un mio vecchio compagno delle scuole elementari. Inizio a toglierti i veli di dosso. E tu non ci sei. Al tuo posto un materasso. Torno indietro a cercarti, ti trovo. La mia espressione ti fa ridere. Ora è un gioco. Dici ok, basta trucchi. Vengo in camera tua, ma come un tavolo Spingimi. Ti porto, sotto forma di tavolo, lungo metà della nave, di nuovo fino alla mia camera. Ti faccio entrare a fatica, manovre impossibili. Ora sembra la mia di cameretta, quando andavo alle elementari. Il tavolo è a posto, ma tu non sei più il tavolo. Fai capolino attraverso la mia porta aperta. Entri accompagnata dalla tua corte. Le tue amiche ed una donna anziana. La donna apparecchia il tavolo che io ho portato con tanta fatica. Ceneremo insieme. Io e te, e tutti gli altri intorno a guardarci. Mi siedo a tavola, c'è un calice ad aspettarci. La donna anziana ci invita a bere. Io so che stai cercando di avvelenarmi e faccio solo finta di bere. Tu non bevi. Mangiamo e io prendo una bottiglia di vino delle mie. Verso per entrambi. Bevo. Tu no. La donna anziana interrompe: "Sapevo che la mia ragazza non è stupida. Ti aspettavi che avvelenasse il vino?". Tu mi guardi orgogliosa, i tuoi occhi sembrano voler prendere fuoco. Chissà se anche tu provi la stessa cosa.

Ti fisso alla volta del cielo con una puntina da disegno divino

Commettere errori.
Fare finta di niente.
Non voler stare al proprio posto, ma non saper fare altro.
Se mi mangiassi sarei più simile a me di quanto non sono stato mai.
Mi spaventa un ritmo reggae che mi spinge indietro e mi graffia l'addome.

Vorrei andare via anche io.
Completamente e crudelmente.
Cambiare pelle.
No no, meglio, restare senza pelle.
Insieme: non funziona.
Da solo: non funziona.
Una noiosa lenta tragedia teatrale.
Speriamo che il dramma si consumi presto che non ce la facciamo più.
L'ho ripetuto così tante volte che non so più come spiegarlo e non ci credo più neanche io.

Qui entra la chitarra elettrica ed è bello e mi fa male lo stomaco.

Qualcuno sta cercando di dividerci per un numero irrazionale.

Ti penserò, te che vai in guerra.

02 gennaio 2007

Tutto va secondo il piano, in secondo piano, in seconda, piano.

Rio conosce il disagio di vivere in un luogo meta di pellegrinaggio.
Non è stata una scelta di Rio.
La prima persona ha bussato alla sua porta circa 4 mesi fa.
Mancava poco all'ora di cena e gli si presenta una ragazza dai capelli castani, sulla trentina.
Gli chiede di poter vedere il bagno.
Rio le chiede il motivo, ma lei si rifiuta di darlo.
Rio non capisce.
La ragazza insiste.
E' sull'orlo delle lacrime.
Rio le chiude la porta in faccia.
La seconda volta, il giorno dopo, è un coppia.
Stessa richiesta.
Stessa insistenza.
Rio ancora non capisce, ma questi due hanno un'aria innocua.
Li conduce in bagno.
Chiedono di essere lasciati soli.
Ne escono 20 minuti dopo, come niente fosse.
Ringraziano e fuggono via.
E' successo tante altre volte.
Ora la porta della casa di Rio è sempre aperta.
La mattina, d'abitudine, si sveglia e offre la colazione allo sconosciuto che trova in casa sua.
Arriva gente da tutte le parti del paese, soprattutto coppie, ma anche singoli, tra i 18 e i 40.
Entrano e vanno diritti verso la stanza da bagno, come sapessero già dove si trovi.
Si chiudono dentro e ne riescono dopo qualche tempo.
Poi vanno via.
E non tornano più.
Non parlano quasi mai, non portano via nulla, non lasciano nulla.
Eppure non si forma mai una fila.
Mai che qualcuno sia arrivato con altri già dentro.
Rio all'inizio è stato curioso.
Curioso ed esterrefatto.
Ne ha spiati alcuni, attraverso il buco della serratura.
Certe coppie si tenevano per mano.
Li ha visti sedersi sul bordo della vasca da bagno.
Li ha visti restare immobili, senza dire una parola, quasi senza respirare.
Li ha visti fissarsi riflessi nel piccolo specchio sporco sopra il lavabo.
E niente altro.
Ora Rio non fa più domande.
Non si fa più domande.
Non si ribella, vive come un gatto: libero, in luogo pubblico.
Solo certe volte gli capita di provare qualcosa di simile ad un melanconico fastidio.
Rio conosce il disagio di entrare nel tempio e non essere parte del sacro.

30 dicembre 2006

Beverage against the machine

La mia mente non è un luogo e il mio cervello non ha anticamera. Non è una macchina, non ci sono le rotelle, nè lampadine che si accendono. Non ci sono fessure per infilare le monetine e non ci sono tasti da premere, o, più pudicamente, da non premere. Non ci sono nemmeno pensieri che frullano o neuroni che muoiono di solitudine. Io dico di pensare, ma la verità è che non so cosa succede là dentro. Non so nemmeno se succede là dentro. Non so nemmeno se succede. Tenerci intorno la maggior parte degli organi di senso non sembra nemmeno un grande idea, visto che mi sembro ancora un singolo punto flottante con un corpo che ci penzola sotto.

- La mia faccia è qualcosa che appartiene agli specchi, non a me - (sì, ho pensato a tutto)

Non mi ero ancora fatto le domande e già mi avevano insegnato che non ci sono risposte. Che l'importante è farsi le domande. "Cogito?" ergo sum. Ma forse, forse, forse c'è qualcosa che non va. Saranno state quelle sbagliate, ma io qualche domanda l'ho fatta. E ancora non sento niente. "Sono" non si risolve mai e i denti rimangono stretti, mentre la 's' si allunga a dispronuncia. Sembra il suono di qualcosa che si sgonfia. "L'importante non è la meta, ma la strada percorsa" dice il manovratore di tapis roulant, ridendo sotto i baffi. Perchè non può che avere i baffi, neri e folti. Di tapis roulant lunghissimi, come quelli che ci sono negli aereoporti. Concetti banali, ma con il giusto ritmo. La mia ontologia è un'antologia. La mia etica è emetica. E malgrado belgrado, instant Boole instant Boole. La prima cosa che comprerò l'anno prossimo sarà lo stesso paio di scarpe che ho indossato quest'anno. E non sarò ricco.

- Natale non è il mio babbo -

Nei miei sogni c'è la regia: primissimi piani, carrellatte, filtri colorati. Nell'ultimo c'erano anche gli effetti speciali scadenti, per giunta. Una di quelle scene in computer grafica che saltano subito all'occhio per mancanza di naturalezza. Un insetto che cammina sulla mano di uno dei personaggi e io che penso: "si vede che è finto". Mi sono svegliato ripetendo il nome di questi insettini colorati, "nocetti", che da questa parte della realtà sembrano non esistere. Altri sogni poi, invece che premonitori, sono postmonitori. Rivivo scene del passato e scopro cosa ho fatto di sbagliato, imparo l'imbarazzo che avrei dovuto provare allora. Una forma di auto educazione sociale a posteriori, suppongo.

- Avrò buoni ricordi del 2infinto6 -

28 dicembre 2006

7/4

1/4. Il primo quarto è quello della luna. Gobba a ponente, luna crescente.

2/4. Il secondo quarto è un quarto d'ora. Accademico.

3/4. Il terzo quarto è un quarto di finale. 23 Aprile 2003. Milan - Ajax, 92'esimo minuto della gara di ritorno. 2 a 2. Manca l'ultimo minuto di recupero e poi il Milan è fuori dalla Champions. Ibrahimovic perde palla nella metà-campo del Milan, pressato da Brocchi. Palla a Nesta, poi Costacurta, che la passa a Capitan Maldini. Il capitano avanza qualche metro palla al piede, alza la testa e decide di fare un lancio lungo verso l'area dell'Ajax. Parte il lancio, la palla viene spizzata di testa da Ambrosini al limite dell'area grande, con un'elevazione impressionante. La sfera giunge a Inzaghi, che scoordinatissimo alza la palla in un pallonetto che sembra infinito. Che ricade in rete. Oddio, delirio. E' stato quello il momento in cui ho capito che Filippo 'Superpippo' Inzaghi è il giocatore di calcio più forte di tutti.

4/4. Il quarto quarto è così autoreferenziale che basta a se stesso.

5/4. Il quinto quarto è in realtà una quarta. Perchè "sotto la quarta misura non è vero amore".

6/4. Il sesto quarto è Quarto, provincia di Napoli.

7/4. L'ultimo quarto è Quarto Potere. Citizen Kane. Più che un film, una profezia.

27 dicembre 2006

Walk like an egyptologist

Bang bang, io sparo a te. Bang bang, tu spari a me. Sembra qualcosa che avrebbero potuto scrivere i Subsonica. Ora, fermi tutti e guardate attentamente la mia fronte. Vi fa ridere? Cosa c'è scritto? Sono un pagliaccio?!? No, non c'è problema, mi siedo volentieri sul sedile posteriore. Anche quando camminiamo per strada, mi piace restare qualche passo indietro. Per avere la situazione sotto controllo, sai. Mi guarderò anche un paio di volte alle spalle, per sicurezza. E c'è il risveglio, la mattina dopo. Quando dentro mi sento come pieno di tutto quello che la marea ha portato a riva, durante la notte. Si potrebbe pensare sia l'insieme di ciò che il mare rifiuta silenziosamente, di nascosto, senza pietà e con imbarazzo, ma non voglio dimenticare che invece la terraferma accoglie tutto: è una madre immodesta e caritatevole. Oh gioia! Dopo pranzo devo andare a fare i compitini. Compìto. Lasciatemi che stare che non ne voglio parlare. E se faccio il misterioso mi si nota di più.

Per festeggiare l'avvento del dAnno nuovo, riorganizzo l'amusica. La completezza è l'obiettivo. Si parte dall'Italia e si comincia con: Afterhours, Bluvertigo, Linea 77, Marlene Kuntz, Marta sui Tubi, Moltheni, Moravagine, Morgan, Negramaro, Otto Ohm, Subsonica, Tiromancino, Tre Allegri Ragazzi Morti, Verdena. Segue. L'ordine mettetecelo voi.

24 dicembre 2006

Verdure nello scanner

Sì, alle tre di notte tutte le luci sono appariscenti ed ipnotiche, soprattutto quelle ai lati dei cancelli d'entrata delle abitazioni. Forse perchè di notte nessuno vi entra più quindi l'atto del passaggio si sposta su un piano metafisico. E i baci hanno il sapore del tabacco. Oggi un'altra persona è finita nella lista degli inaffidabili. E' una lista particolare, si allunga più velocemente di quanto si accorci. Sì, banalità: è facile entrarvi, difficile uscirvi. No, perché trovo fastidioso chi inizia una frase con "no". A meno che non segua una domanda che preveda quella risposta. Non capisco, ora non dovremmo star camminando sulla neve o su un sottile strato di ghiaccio, ridendo nervosamente per la difficoltà di mantenere l'equilibrio? Ti va di andare al mare insieme? Farà freddo, ci portiamo una coperta e qualcosa da leggere e la pelle. Il giorno che smetto di ascoltare quello che la gente cerca di dirmi, sopprimetemi. Come se lo avessi mai fatto. Il desiderio di mezzo è sempre il più difficile. Io chiedo di potermi perdere ancora. Domani mi sveglierei e troverei un grande fiocco a nascondere il mio egoismo. E d'ora in poi fare finta di non volere.

21 dicembre 2006

I'm mortale

Parte il cronometro.

Frontespizio emo: queste feste mi pigliano malissimo, non le sento affatto. Non le ho mai sentite le feste, ma queste sono da incatenarsi alle rotaie del treno. Mi vado a tumulare nel controsoffitto e ci vediamo il 7 mattina. Portatemi il vitto.

Noi è troppo ambiguo. Potrei star parlando di me e te che mi stai ascoltando, o di me ed un'altra persona, escludendo l'ascoltatore. L'ambiguità alla base di molte canzoni d'amore.

Nonostante tutta la mia rabbia, sono ancora solo un topo in gabbia. Fa rima anche in italiano.

Esercitazioni di scrittura creatina. Il doping delle parole e vincono sempre le stesse storie, come nel calcio vincono sempre le stesse squadre. A nessuno si può negare di sentirsi per un giorno come un novello Hemingway o la reincarnazione di Bukowski, bastasse una sigaretta in una mano e un bicchiere di liquore nell'altra. Perchè l'arte ci eleva al di sopra della nostra miserabile vita e l'artista è il moderno prometeo che ci dona il fuoco a discapito della propria incolumità. Certo.

Non c'è veramente niente da festeggiare, niente da ostentare. Mmmh, lamentoso, sìsì, lamentoso. Depravato, lussurioso, disperato, sporco, voglioso, bastardo, insensibile, picchiatello, rancoroso, banderuola. Sono stanco anche io delle insignificanze che si presentano rumorose come gli eventi che non sono. Col passare del tempo, la realtà percepita non si fa nè più facile nè più difficile, solo sempre più strana. Non vale la pena di fare progetti se non vuoi incontrare ciò che te li farà mettere da parte.

Ancora sempre troppo distanti.

Sono un capo di bestiario.

Stop al cronometro.

Eliminato.

18 dicembre 2006

Intermezzo :: Traduzione di Jose Gonzalez - Heartbeats

Perchè pare che un buon numero di internaufraghi capiti qui sopra cercando la traduzione della canzone nel titolo. Traduzione che io non ho mai scritto, ma che ormai mi sento in dovere immorale di fare. Non è una traduzione letterale, ché non sono in grado e ne uscirebbe una schifezza. Ho tentato di mantere il senso della canzone, almeno per quanto mi è dato capirlo. Perdonate errori, orrori, ori, incensi e meraviglia.

Jose Gonzalez - Battiti di cuore

Una notte per essere confusi
Una notte per mandare più veloce la verità
Avevamo fatto una promessa
Quattro mani e poi via

Entrambi sotto effetto
Avevamo il senso divino
di sapere cosa dire
la mente è la lama di un rasoio

Chiedere mani dall'alto
Adagiarcisi
Non va abbastanza bene
per me, no

Una notte di magica fretta
L'inizio un semplice tocco
Una notte per premere e urlare
E poi sollievo

Dieci giorni di melodie perfette
I colori rosso e blu
Avevamo fatto una promessa
Eravamo innamorati

Chiedere mani dall'alto
Adagiarcisi
Non va abbastanza bene
per me, no

E tu, tu conoscevi le mani del diavolo
E tu, ci hai tenuto svegli con denti di lupo
Condividendo battiti di cuore differenti
In una notte

17 dicembre 2006

Bersagli in un luogo sincero

Se nella finestra di camera mia vedo riflesso l'interno della stanza stessa, può voler dire solo due cose: o qui dentro c'è troppa luce o là fuori c'è troppo vuoto.
Il bisogno di musica che sento adesso è difficilmente esprimibile a parole. La ciclica necessità di sentire suonare i Verdena è riaffiorata e batte i piedi per riempire da sola la scena: voi ignoratela.
Che fascino i numeri senza unità di misura. Ad esempio è necessario voi sappiate che il sole dista solo 40.
Puro potrebbe essere anche un verbo.
"Ma tu come ti definiresti?" "Simpatica, solare, estroversa, creativa" "Ah. E hai anche altri difetti?"
Perchè l'idea di uscire e acquistarmi degli abiti mi deve mettere addosso un tale sconforto? Ne farei volentieri a meno, se i vestiti addosso a me non avessero la tendenza a lacerarsi o mostrare vistose deformazioni in zone imponderabili. Non so parlare in codice d'abbigliamento.
Mi sono sentito fare lo stesso sbuffo di disappunto che fa sempre mio padre. Mi ha fatto sentire un po' plagiato.
Mentre arrivava, il passaggio a livello si abbassava. Attraversamento vietato con luci lampeggianti e campanacci ostinati. Dopo poco gli passò davanti un treno diroccato. Sui vagoni di legno che gli censivano il campo visivo, scritte ambigue: "Non mi accompagni?" - "Ahahahah" - "Faccio un salto nel non c'è più niente da fare".
Più passa il tempo e più intersecare due esistenze non si risolve che in una faccenda complicata, nel peggiore dei casi mal sopportata. Buono-proposito per il prossimo giro intorno al sole: Accettare e sviluppare lo stato perpendicolare (Note to self: non prendere esempio dalla divisione tra stato e chiesa (nonfunziona)).
Voglio essere bello come i Cure e parlare con parole piene di malinconia, col sorriso sulla faccia; Circondato da musiche ironicamente allegre, con una gioia che sembra tanto follia.
Il petto è la parte più pesante di me. Ci cade tutto dentro.
Chissà se i cani pensano al cane-lupo come noi pensiamo all'uomo-lupo.
Il respiro e il tremito di Chino Moreno in mezzo tra l'intro di chitarra e l'attacco di Be Quiet and Drive.
Cercasi gente priva di scrupoli, di senso del pudore e pronta a tutto per rivisitare dal vivo scene poco famose di film dimenticati. Astenersi cambio-canale-solo-perché-il-film-è-in-bianco-e-nero.

16 dicembre 2006

Volontà di (andare a) Potenza

Cammino di notte, senza musica, puro, con un libro in una tasca e l'accendino nell'altra. Mi fa male un tallone, ma se zoppico per un po' credo mi passi. Le vetrine spente mi guardano passare con una giacca troppo grande e un paio di scarpe troppo leggere per la stagione. Perchè dovrebbe essere inverno, ma stasera non fa freddo. Prima guardo avanti, e noto i lampioni illuminati, allineati, illimitati. Poi punto a terra, con passo spedito: sul marcipiede qualcuno ha scritto "IO e TE". La gente monta gli addobbi di natale e li lascia accesi la notte, ma di notte li nota solo la gente triste. Cammino ed è bellissimo perchè non accade niente. Non devo fare caso alle direzioni e mi è concesso il tempo che agli altri è sottratto. Tiro fuori le mani dalle tasche perchè fa troppo caldo e le metto dietro la schiena, una nell'altra: ci sento dentro il sangue che circola e pulsa forte. Anche i semafori pulsano in un modo nuovo, che non avevo mai visto prima: il giallo e il rosso insieme. Vuoi faccia attenzione quando attraverso o quando non attraverso? Passano diverse coppie, qualche donna sola piena di borse, nonostante i negozi siano tutti chiusi da diverse ore, ma soprattutto tante compagnie asimmetriche: un uomo e due donne, due uomini e una donna, tre uomini ed una donna. Quando torno indietro sono alle ultime boccate e non riesco più a nascondermi il fastidio al tallone. Riesci a indovinare?

15 dicembre 2006

Punktuale come un gioco di parole su di un genere musicale

Una emozione al cubo. Io sono il cubo. Voglio cadere dentro come la pioggia. Bruciature di freddo sul dorso delle mani bagnate e arrossate. La mia camicia così grunge. Lo sciopero della mia fame. Una casa che poggia al suolo con un lato del suo tetto rosa. Peccato, sembrava Roma. E comunque non è che posso raggiungere la perfezione con frasi sempre più brevi e slegate da qual si voglia contesto, quindi sarebbe il caso di cambiare. Cambiare cosa? Cambiare i piani, perchè se si guarda al passato come ad un maestro, allora si sta seguendo un cattivo maestro. Oggi è meglio di ieri, solo per il fatto di essere oggi. E comunque non posso manifestare il mio disappunto sempre e solo accelerando. Cosa dovrei dire io, poi, che una faccia non ce l'ho? Ti ricordi quella volta che ci siamo infilati in un vicolo di Murano e abbiamo scoperto quella chiesetta? C'era una festa in cui distribuivano a tutti i passanti spumante e salumi... Noi ci siamo intrufolati e abbiamo visto che un pittore esordiente esponeva i suoi quadri. Da quello che ricordo non mi sembra avesse molto talento, eppure tante persone si interessavano a quello che faceva. Chissà qual'è la sua storia. "Deve essere la tua pelle quella in cui sto affondando" - "Deve essere vero perchè adesso posso sentire" - "Tutto è diventato bianco e tutto è grigio".

Il senso di tutto questo lo cerco fuori di qui.

Eppure non mi pare di chiedere tanto.

14 dicembre 2006

Il dono di nuotare dove non c'è acqua

Desidero andare a sbirciare l'ultima pagina. Desidero scoprire chi è l'assassino. Desidero scoprire chi è che viene ucciso. E' tutto così calmo, qui intorno. La gravità pare essersi presa qualche giorno di vacanza, e mi ha lasciato circondato da cose che non cadono. Quindi che posso fare? Spingerle ancora più forte, immagino. Sembra il momento adatto per imparare a giocolare. Lanciare gli oggetti non è mai stato un problema, ma di riprenderli non mi è riuscito mai. Un flacone di pillole per il mal di stomaco usata a mo' di maracas. Ci sono almeno due tipi di paura: quella che si prova quando mettendo il piede sul freno la macchina non rallenta e la macchina davanti si fa sempre più vicina, e quella che si prova quando d'improvviso manca la luce. Il criterio con cui l'albero decide dove farsi crescere i rami. Non c'è ragione che tenga, razionalità che tenga, semplice spiegazione che tenga. Stare con te è come tornare sulla nota tonica. Ora è subito. Ora? non più. Questa era bella, la rifacciamo? Vado via. Ciao. Era meglio quella di prima. Io odio la tintura di iodio. Posso fare quante giravolte voglio attaccato ai miei anelli, ma non cospargerò mai le mie mani con quella polvere bianca: cadrò perchè sono imperfetto. Era un po' di tempo che non mi sentivo così, caro giaciglio di spine. Esercizi di recitazione per imparare ad essere più nessuno. Rientro di notte, così piano, nessuno mi sente arrivare, eppure provoco un fracasso terribile. Se mi slego i capelli sono guai. Tutte quelle vecchie barzellette che cominciano con "Dottore, dottore". Ho paura di cosa possa rimanere di me, una volta svanita la mia capacità d'immedesimazione. Non c'è nessun motivo per essere timidi; scatteremo delle fotografie. E' un bel fare il tuo. Proseguiamo.

13 dicembre 2006

Io lo posso spiegare

Guarda fuori della finestra della tua cucina. Avvicina quel piccolo soprammobile per osservarlo meglio. Siediti sul tavolo della cucina. Apri la scatola delle caramelle e mettine due in tasca.
Siamo fatti di plastica plastica plastica, stiamo fermi in posa posa posa, lo sguardo fisso nel nulla nulla nulla. All'ultimo istante il tramonto manda le nostre ombre lontanissimo. Cappello da giullare e petto scheletrico, denti da squalo e ferite stanche. Nello spazio che li separa hanno messo fiocchi e lampi, fiocchi e lampi, fiocchi e lampi. Sto costruendo la mia base con pareti di coperte e tetto di cuscini: a nessuno è permesso l'accesso, eccetto chi non lo desidera. In cerca del tuo equilibrio, il mio suggerimento è di muovere la tua coda. Gente famosa che non voglio incontrare. Non andare non andare non andare. Un attimo che tremo. Il silenzio sa dove voglio andare, io mi lascio guidare.

Il mio regno per una tassonomia

Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Perchè sono seduto? Beh, potrei dire perchè sono stanco, o perchè da seduti si può riflettere senza tensione verticale. Ma la verità è che non so perchè sono seduto. E' la prima volta che mi sono seduto dentro la doccia. Credo sia più interessante chiedermi perchè non l'ho mai fatto, piuttosto che perchè l'ho fatto adesso. Esco un attimo e faccio un giro fuori di me stesso. Da fuori, mi guardo seduto nella doccia. E' una posa un po' troppo drammatica per me, non mi si addice. Mah, allora va bene. Quando sono da solo, quando non c'è nessuno che può vedermi, mi capita di assumere pose teatrali, di provare movenze drammatiche, di fare tutte cose che non mi si addicono. E' che da solo sono finalmente libero di non essere me stesso.
Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Con le braccia intorno alle gambe, le ginocchia strette contro il petto. Trattengo quanto più calore corporeo mi è possibile. Mi trovo a pensare quanta importanza c'è nel calore umano, nel nostro e in quello altrui. Facciamo di tutto per procurarcene sempre di più. Non ci basta mai. Antropotermofagi. L'acqua mi scende sulla testa e poi più lentamente scivola lungo il resto del corpo. Piegando leggermente il capo posso decidere dove indirizzare la colata idrica. Mi viene in mente questa immagine: animali che fuggono tra gli alberi di un bosco in fiamme. Dovrebbe essere l'acqua che si fa strada tra i capelli. Vabè. Nello scarico finisce qualche milione di cellule epiteliali, sono invisibili, ma io le sento scivolare via da me. Poi qualche capello, un pezzo di unghia che ho strappato via con un morso ed un sopracciglio. E poi tutto lo sporco che avevo così gelosamente catturato, collezionato e tenuto nascosto tra i pori della mia pelle.
Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Mi guardo un po', mi studio, mi ripasso, cerco cose nuove sopra di me, o la conferma di cose vecchie dentro di me. A nessuno dovrebbe essere mai permesso di dimenticare il proprio corpo. Dove altro vorrebbero andare a prendere le loro risposte? Bah. Raccolgo il flacone di sapone per la doccia, lo apro e lo stringo leggermente. Una bolla di sapone scappa fuori. Ahaha. Rimbalza un po' contro le pareti, poi io guardo altrove e poi non c'è più. Nel sistema formato da me, la doccia, l'acqua, l'acqua, il sapone... dicevo: in questo sistema, la bolla è l'eccezione.
Sono sotto la doccia, seduto sul fondo, con l'acqua bollente che mi cade addosso. Alzo lo sguardo e l'acqua mi entra negli occhi. Sollevo la testa e faccio finire l'acqua dentro la bocca aperta. Provo a parlare e mi esce una voce tremolante e sofficemente modulata. Mi fa ridere. Lo so cosa devo fare: sigillare porte e finestre con gli asciugamani, tappare le prese della corrente con il nastro adesivo. Aprire tutti i rubinetti e far colmare la stanza d'acqua fino ad un metro e mezzo da terra. Poi potremmo mettere in scena la rappresentazione di una battaglia navale. Sì, noi potremmo essere le barche. Perché è questo quello che siamo. Delle barche.

11 dicembre 2006

Insieme ad animali da laboratorio

Ho tenuto la bottiglia di plastica in equilibrio sopra la testa, con entrambe le mani l'ho schiacciata e poi ho tentato di ridarle la propria forma soffiandoci dentro, forte, fino a provare dolore. Ho aperto la porta e sotto la mia mano la maniglia m'è sembrata fatta d'aria, oppure di un velo di seta. Ho avuto l'impressione di essere cresciuto di qualche centimetro. Mi sono fermato davanti allo specchio a giocare col mio unico, nuovo, disordinato capello bianco. Ho sfogliato un libro nuovo in libreria e ci ho lasciato una nota per chi lo comprerà. Ho preso un appunto e accanto ho disegnato delle figure imprecise, e una vignetta. Ho posato in terra tutti gli oggetti che avevo con me, e poi mi sono piegato ad osservarli. Sono stato scambiato per un'altra persona. Ho aperto il rubinetto ed il getto d'acqua che ne è disceso, finendo sul cucchiaio nel fondo del lavabo, è schizzato fuori e mi bagnato la camicia. Ho disinnescato la catena del cancello e sono entrato in un luogo proibito. Ho camminato tra le piante alte, ed un ago di pino, uno di quelli lunghi, è rimasto conficcato nella mia scarpa sinistra. Sono corso fuori e mi sono bucato una calza, impigliandomi e inciampando. Mi sono vestito di nero, e mi sono vestito di verde. Sono stato re. Ho provato a suggerire qualcosa con lo sguardo. Ho fatto una cosa stupida. Ho anche avuto una buona idea. Ho smesso di rimandare un pagamento, non ho saldato un debito. Ho pensato ad un bellissimo regalo che non farò mai. Sono saltato cercando di toccare il soffitto con la punta delle dita. Ho perso una cinta. Ho provato invidia. Ho fantasticato. Ho oltrepassato il limite di velocità. Ho dimenticato l'ora nello stesso istante in cui ho guardato l'orologio. Ho pensato di farmi crescere i baffi. Ho tremato. Sono passato davanti ad un numero civico 22 e avrei voluto avere con me la macchinetta per fotografarlo: erano due belle cifre nere, di metallo. Ho notato una macchina indentica alla mia, dentro c'era una coppia. Mi sono immaginato con una bella voce e con un paio di manette. Ho fatto girare il mondo. Sono diventato vecchio. Ho dimenticato un sapore. Ho contato. Ho dissimulato di aver pianto. Sono tornato indietro nel tempo. Ho visto la stella del sud. Ho passato del tempo contemplando solo piccoli nodi insignificanti. Ma non sono riuscito a trovare la fine di questi miei pensieri.

10 dicembre 2006

Mani. Troppe mani.

  1. Un elenco numerato conferisce dignità ad idee prive di collegamenti.
  2. Buffet è un modo educato e sottile per dire: "Qualcuno ha rubato le sedie".
  3. Non credo nei miracoli. Credo negli sviluppi che non so prevedere, nelle eventualità che non ritengo possibili. Dove la differenza, non saprei dirlo.
  4. In un pomeriggio d'autunno senza vento, in un prato verde, un solo albero. Le foglie cadute, sotto l'albero spoglio,in una perfetta circonferenza rossa.
  5. Altri alberi, d'estate, come i fumi di una esplosione verde, nell'aria instabile.
  6. Sono curioso di vedere quante cose sono in grado di tenere segrete. Quanta parte di realtà posso creare decidendo di nasconderne un'altra parte.
  7. Domani è un essere senziente che passa le sue giornate ponendosi domande e nell'incapacità di darsi delle risposte.
  8. Hai scattato tutte le tue foto attraverso il vetro dalle finestre dei tuoi appartamenti, o dietro il parabrezza delle auto che ti hanno fatto viaggiare. Ed il mio motivo per guardarle è cercare di indovinare in esse la tua immagine tenuemente riflessa.
  9. Considerati un tesoro. Inizia a scrivere indizi su piccoli fogli di carta; e lasciali in giro per chi ti sta cercando.
  10. Incontro solo cartelli stradali che credono di sapere dove io voglia andare. Passando, mi chiedo quando la freccia verso sinistra abbia cominciato ad indicare la direzione sinistra.
  11. Se la perfezione risiedesse in qualche luogo, avrebbe un posto prenotato in ultima fila. Essa potrebbe toccare il fuoco e scoprire che in realtà è solo un'idea.

09 dicembre 2006

Piromanie di grandezza

Mi sia permesso di suggerire un'idea: Durante queste festività, se riuscite a resistere alla tentazione, non fate alcun regalo. E se è possibile, cercate di non riceverne.
Per essere chiari, vorrei precisare che questo non è un appello. Non è una iniziativa no-global atta a non alimentare l'infernale macchina capitalistica delle compere natalizie. Niente del genere. E' solo la mia risposta a una semplice domanda: "Perchè?".
Andiamo per ordine. Tanto per cominciare, molte feste religiose, come il natale, sono solo il frutto dell'evoluzione nel tempo di feste pagane, originarie del mondo agricolo (http://it.wikipedia.org/wiki/Natale).
Quello che mi chiedo è questo: Perchè continuiamo a festeggiare qualcosa di cui, come civiltà, abbiamo perso il senso originario molti secoli fa? Perchè, anche in una società laica, abbiamo sentito il bisogno di perpetuare un evento religioso e mantenerne il carattere festivo? Solo perchè lo si è sempre fatto siamo in diritto di credere che sia giusto continuare a farlo? Cosa ci distingue da un gregge se accettiamo questo tipo di convenzioni sociali acriticamente, anche adesso che la loro motivazione originale è decaduta?
E poi, un periodo di spese incontrollate e di gioia coatta aumenta realmente la qualità della nostra vita? Nulla ci impedirebbe di fare regali durante tutto il resto dell'anno; anzi sarebbero doni maggiormente graditi, più sentiti e genuini, inaspettati, ricevuti senza il disagio dell'obbligo al ricambio, fatti alle persone a cui si tiene veramente.
Siamo in uno stato di cose in cui l'essere buoni ed altruisti è regolato da un comportamento imposto. "A natale siamo tutti più buoni", e ci dimentichiamo che essere buoni non è in interruttore da accendere e spegnere, non è un passatempo, è una scelta. E che ci sono persone che vanno premiate per le loro scelte. Come appartenenti ad una collettività e come singoli esseri umani potremmo fare un passo avanti: liberarci dei comportamenti ipocriti e affrontare il fatto che magari non c'è del buono in ognuno di noi, e negarlo attraverso una grande illusione stagionale non serve più.
Le contraddizioni si accatastano giorno per giorno una sopra l'altra e far finta di non vederle è un esercizio di fantasia sempre meno plausibile. Un giorno dalla folla si farà avanti un bambino che, puntando il dito e ridendo, griderà: "Babbo Natale è nudo".

06 dicembre 2006

Emergere dalle visciole della terra e almeno tre giorni di pioggia

No! Io non ho fatto nessuna figura, hai capito? No! Non era una mia responsabilità! A me non importa nulla di essere stato io a doverglielo dire. Se la pensi così allora lo sai cosa ti dico? Io non ci vado più. Me ne frego, me ne sto con le mani in tasca piuttosto. Non mi lascio buttare giù così. Se questo è il frutto del mio disamore, che allora sia declamato forte verso ogni punto cardinale con megafoni d'oro. Mi aggrappo con i denti al cornicione, ma non ci cammino sulla tua strada prosaica, a quel livello di esistenza-in-fotocopia. Intanto io ero là. Perchè ci dovevo essere io là. Perchè ci dovevo essere io là? Infine, stremato, me ne sono andato; sulla strada del ritorno sono stato inghiottito e, come davanti ad uno specchio che rifletta le mie spalle, ho trovato in me i sintomi della più cupa fame: "Ho perso il filo del mio procedere, la strada sembra aver cessato di cambiare. Le luci dei freni della macchina che mi sta di fronte governano il ritmo del mio sonno e della mia veglia. Sorrido quando mi trovo allineato ad altre tre macchine e posso vedere il conducente della vettura successiva attraverso il finestrino del conducente della vettura precedente. Stasera noi saremo le nostre rispettive televisioni. Ci vediamo presto. Pubblicità."

Chi non ha mai provato paranoia non sa cosa significa. E questo è un pensiero paranoico. Ma chi ha sempre camminato con gli occhi fissi a terra, e un giorno decide di guardare in faccia gli altri, si scopre veramente osservato da tutti. Forse lo facevano anche prima, ma non può saperlo: non li aveva mai osservati osservarlo. Cambia questo: contemplando la punta delle proprie scarpe poteva essere sicuro che chi gli passasse accanto non avrebbe pensato ad altro che a lui. Ora che invece è proprio così, il dubbio lo assale: "Sono forse io ad essere pazzo?"

04 dicembre 2006

L'infallibile sistema aperiodico

Potessi smettere di dormire, volontariamente o involontariamente, allora mi darei un tono, come un personaggio del cinema. Farebbe parte della mia storia, sarebbe qualcosa che menzionerei parlando di me; mi definirebbe, mi darebbe un contorno. E invece continuo a dormire. Continuo ad essere infinitamente stanco al risveglio. Dormire di più non serve a niente, mi alzo solamente più stanco e più incapace di riposare ancora. Una notte ho sognato di volare, quasi. In verità cadevo. Mi ero lanciato da una finestra o da un tetto, non ricordo con precisione. Ricordo bene, invece, la sensazione provata: non avevo paura, ero lucidissimo e mi sentivo liberato. Come se avessi finalmente potuto accedere ad un luogo tenuto nascosto e sotto chiave per anni. Precipitavo, e mi chiedevo se fosse stato sempre così bello precipitare. Non sono mai arrivato fino in fondo; forse non ce n'era bisogno.
Ieri notte, prima di addormentarmi, ho fatto pensieri sulla morte. Non erano pensieri tristi: a volte si può pensare alla morte come si pensa a tutte le altre cose, senza sentimenti. Ho pensato che, magari, funziona come quando ci si addormenta. Si perde coscienza, e al risveglio non si ha memoria del tempo trascorso. Si percepisce l'essenza dell'istante tra l'inizio del sonno e la sveglia. Al momento della morte, si perde il senso del tempo e lo si riguadagna solo insieme ad una nuova coscienza. Ci si potrebbe risvegliare tra milioni di anni, in una forma a noi ora sconosciuta, e credere sia passato un solo attimo. Si muore e ci si risveglia subito, in un altro tempo, in un altro spazio, essendo altro. Che anche la probabilità più misera, di fronte all'eternita, comincia a sembrare plausibile.
Questa mattina il risveglio mi ha fatto dono di uno strano dolore. Come se un senso di colpa si fosse manifestato fisicamente: un pugno chiuso che spinge dentro di me cercando di aprirsi un varco verso l'esterno. Lo sento esercitare metodicamente la sua pressione appena sotto la mia gabbia toracica, alla fine dello sterno. E' una sensazione che non vuole andare via, e mi innervosisce. Io non voglio essere nervoso, e ciò mi rende ancora più nervoso. Mi sembra di essere un doppiogiochista che non può liberarsi del peso della confusione tra le sue molteplici identità. Come se sotto una maschera fosse scomparso il mio volto: anzi, come se innumerevoli maschere si fossero fuse insieme e poi fuse alla mia faccia.
Ed io ora che non ho più un volto, che non ho più nemmeno una maschera.

03 dicembre 2006

Acquarandagia

Il fatto che io ora stia indossando questa maglietta è la prova che, in un futuro prossimo o remoto a scelta, viaggierò indietro nel tempo e la donerò a qualcuno dei miei antenati, da tramandarsi per generazioni, fino a me.
La facile ironia è ormai il nuovo conformismo. E il conformismo non è poi così anticonformista come si può credere.
Non riesco a smettere di ascoltare Precipito di Giorgio Canali. Sarà che neanche io voglio deludere i sismografi. Per davvero.
Un nuovo gioco: Della gente incrociata in strada, cercare di indovinare il potere mutante nascosto.
Più gente dovrebbe indossare magliette che riportano slogan fantasiosi o divertenti circa chi indossa magliette che riportano slogan fantasiosi o divertenti.
CH3CH2OH è la formula di una potente pozione d'amore (ma non eterno).
Credo che Heisenberg mi debba un risarcimento di tutte le multe per eccesso di velocità.
Smettetela di chiamarmi Ismaele.

29 novembre 2006

HAL is full of love

Quando mi alzo presto la mattina, penso insonnolito a chi può essere in grado di sopportare quella che io chiamo la mia banalità.
Mi accorgo che, nell'aria ghiacciata, respirare con la bocca sembra meno doloroso e posso giocare a far finta di fumare.
Quasi che si fossero messi d'accordo, tutti i bagni sembrano bianchi e freddi come ghiacciai: vedo volgere in vapore l'acqua calda con cui mi lavo le mani, ed andare a depositarsi sullo specchio, confondendone i riflessi. Poi quella stessa acqua scivola via in un gorgo rumoroso e io non posso che pensare al tedio di queste giornate che si somigliano tutte, che mi trascinano in fondo ad un tubo dove divento qualcosa che non ha memoria ma solo riflessi; una macchina da un solo pensiero alla volta.
Una realtà quasi romantica, nella sua anestesia: colma di personaggi senza storia o carattere, ricca di trame prive di colpi di scena.
Giornate come queste sono troppo lunghe per essere attraversate in ogni loro attimo.
In giornate come queste ho pensato di raccontare la storia di un piccolo topo reso disilluso dalla sua stessa fortuna.
Se tutto quello che non vedo più c'è ancora, mi devo essere perduto sulla strada che porta fino a qui. Perduto come si perde l'ultimo treno della sera.

26 novembre 2006

Passeggeri come parassiti

Tre automezzi viaggiano affiancati lungo la strada sterrata. Le ombre degli alberi nel bosco che sfila alla loro sinistra si sollevano da terra per appena pochi istanti, giusto il tempo di stagliarsi sulle carene ammaccate e impolverate. L'attimo di un fotogramma e tornano già a rassicurare il placido suolo, mentre la polvere, ricadendo, torna a riempire i solchi abbandonati dagli pneumatici. Lontana, sul lago, galleggia una piccola imbarcazione a vela, ferma. A bordo, non si riesce a distinguere nessuna familiare figura umana: che se anche ci fosse, non saprebbe scorgere altro che una scomposta nube di terra sollevarsi dalla riva lacustre, cui fanno da apripista tre opachi sfavillii.

Il pettegolezzo è un linguaggio che si impara, come tutti i linguaggi, usandolo. Con l'età se ne acquisiscono costrutti sempre più complessi ed aumenta la quantità di storie e di sfumature di storie che possono essere sottintese. Con la vecchiaia, il pettegolezzo si fa più assoluto. Tutto si fa più assoluto. Tutti coloro che hanno visto superarsi dalla propria vita condividono un bagaglio di lemmi che risulta inintellegibile ai novizi del pettegolezzo. Anzi, ancora più sottilmente, sembra semplice e vuoto di qualsiasi significato oltre a quello strettamente letterale. Quello che si presenta ad un orecchio non allenato è solo una sequenza di "Sai chi è morto?" - "Te lo ricordi il cognato della Roscia?" - "La cugina della nipote di Angelo è incinta".

Ad ogni persona, ad ogni cosa, è concesso solo un nome. Se un nome è formato da tante parole, tante parole che chiamiamo nomi, esse in realtà fanno parte di un unico bozzolo dalle quale scaturisce un unico nome. L'unità nominale discende dall'unità esistenziale, come un frutto discende dal proprio albero. Negare l'una equivale a negare l'altra. Spezzare il primato di una essenza può avere solo due conseguenze: l'inesistenza, che abolisce la necessità di un nome, o una duplicità, da cui, inesorabile come una sferetta su un piano inclinato, nascono due nuovi nomi.

Immagina con me una macchina che possa fotografare l'isocronia. Isocronografica. Le combinazioni chimiche sulla pellicola sarebbero disposte con riluttanza ad eccitarsi, e rimarrebbero impressionate solo da due eventi che accadono nello stesso momento. Sarebbe come aprire una finestra sul paesaggio completamente imbiancato dalla neve del tempo, e riuscire a imprimere le caratteristiche dell'eternità a quello stesso istante in cui un coniglio bianco sia pervaso dal terrore. Ingiustificato, incontrollato, maledetto, salvifico, permeante terrore.
Beh, io con questa macchina immortalerei il tuo mento. E studierei le minuscole contrazioni dei suoi muscoli dopo ogni mia parola, per leggere in loro le tue reazioni alla scoperta della mia impressionante banalità. Microscopici frammenti di labbra serrate, in accenni di riso o presagi di smarrimento.

Il Dio-Infante-Sindaco stava disponendo i suoi concittadini intorno ai centri nevralgici della città-guerra, nello stesso modo in cui, nei loro giochi, i cuccioli di uomo erano soliti disporre soldatini di plastica verde sul pavimento delle loro camere.da.letto-battaglie. Questi cittadini avevano a protezione dei propri organi vitali oggetti provenienti da mestieri quotidiani, a modo di patetiche e ridicole armature. Frese, trapani, tubi per soffiare il vetro, lance termiche e tutti gli altri strumenti adoperati solitamente per modellare la materia erano ora pronti per un altro scopo, a ben vedere opposto: mettere la parola fine in coda alle esistenze di propri simili, ingegnosi ma sacrificabili edifici di materia vivente. Il senso di colpa messo a tacere dall'alto intelletto sbraitante: "Ingiustizie!". E mentre le ore si assottigliavano, tutti i cieli sopra tutte le teste si riempivano di ruggine.

Le proporzioni tra le dimensioni del monolito erano di una precisione strabiliante: 1 unità di profondità, 4 di larghezza, 9 di altezza. 1:4:9. Che stupidi eravamo stati a pensare che la proporzione si limitasse a quelle sole tre dimensioni.

Zagadka

( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( ( Anche se mi nascondi il volto, io so che quel tuo occhio, sempre aperto, che mi spaventa, è lì per guardare solo me con presunzione, mia e tua. ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) ) )

24 novembre 2006

If you shakespeare me, I shelley you

Io in casa mia non porrei cose in luoghi che non sapessi raggiungere. E' una questione di autosufficienza. Ho passato tutta la mattinata a cantare una canzone dei Queen. Bohemian Rapsody. Poi sono sceso in strada, sono entrato in macchina. Ho avviato il motore e la radio ha cominciato a suonare. La stessa canzone. C'era una probabilità su molte migliaia. Tante quante quelle di scrivere un romanzo nel 1982. Ambientarlo nel 2010. E ricordare del disastroso Tsunami del 2005. Sono spaventato. Non sono più me stesso da un po'. Non guarisco più. Quando le persone smettono di essere persone ed iniziano ad essere simboli. Io non parlo più con loro. Scommetto che anche un neonato avrebbe più controllo di me sulle sue funzioni primarie. Definizione operativa. Ricerca. R I C E R C A R. Sto elaborando dei piani molto complicati per difendermi dalle ruberie. Penso come loro, vedo quello che vedono, sono abili ma prevedibili. Lineari e diretti. Calcolatori. Superficiali ma estensivi. Il tappeto di foglie in una pozzanghera. Ogni foglia è di un color diverso. Perchè ogni colore è diverso o perchè ogni foglia è diversa? Le foglie sono unite e poi si separano e poi si uniscono di nuovo. L'albero prega per loro con le braccia alzate al cielo, un lamento di abbandono e sospetto. Credi che io ora possa fare quello che desideravo? Non piangere. Non dirmi di restare qui e adesso. Non ci sono mai stato, è questa la verità. Sei stato molto assente. Si è vero, ho avuto molte cose da fare. Si è vero, ma ho avuto molte cose da non fare. Ogni aggettivo rivela il suo sinonimo, ed è un difetto. C'è una forma nubolare bianca che aleggia sopra di te, e mi dice cosa stai pensando. Dal mio punto di vista, su ogni cosa è impressa una etichetta che ne dichiara il prezzo. Tutto è separato se credo di poterne tracciare il contorno con un frammento di gessetto bianco. Sono ossessionato da tutte le ossessioni che non ho. Il fastidio della lontananza dalla normalità mi ci rigetta dentro con un calcio ben assestato. Mi fanno stare male tutti quei piccoli movimenti involontari. Ma solo perchè avvengono dove non ho mai avuto controllo volontario. Sento che sono sbagliati. Mi fanno venire i brividi. Potrebbe essere qualcosa di serio, se non passa presto. Ma è quello che stavo dicendo. Non sono più io perchè non passa presto. Le cicatrici ora sono qui per restare. C'è una spiegazione molto semplice e chiara per tutto questo. Te la potrei esporre e non potresti che essere d'accordo con me. Allora io stavo fantasticando sulle prossime mosse, nella circostanza in cui le prossime mosse non fossero una serie infinita. O una serie finita di cui non si vede la fine. La percezione della fine ci costringe a misurare e pesare ogni passo. Cosa si calpesta e lo spazio-tempo di Minkowski, su una scala pedestre, pedonale, terrestre. Piccoli passi e finire dentro una pozzanghera, dove le foglie rimangono attaccate alla suola delle scarpe. A causa dell'autunno.

22 novembre 2006

Pròdiji

Sono i manichini ad assomigliare alle persone o le persone a ricordare dei manichini?
Un aereoplanino fatto di carta bianca vola più lontano perchè può atterrare dove preferisce?
Quando la corrente elettrica corre lungo i fili dell'alta tensione, ha le vertigini? Porta con sè l'equivalente elettronico dello spazzolino da denti?
Qual'è l'ultima mela rossa a cadere dall'albero?
Quanti nomi hanno gli insetti?
Perchè le cose quando si bagnano diventano più scure?
Perchè gli angeli hanno le ali? E perchè non il becco?
Quanti chili pesa una maglietta a righe orizzontali?
Dove sono i pipistrelli femmina?
Se quella non è una pipa, quante sono?
Se avesse saputo che era l'ultima volta, l'avrebbe abbracciato meno forte?
A cosa serve ordinare in un ristorante nel quale le voci nel menù sono elencate alfabeticamente?
Ti piace il nome "Meta"?
Quale parte del tuo corpo ti tatueresti? E in quale parte del corpo te la tatueresti?
Può un uomo solo distruggere il mondo? Può il mondo solo distruggere un uomo?
Mai provato a giocare a calcio in ciabatte?
Un quadrifoglio ha un sapore diverso da un trifoglio?
Possiamo parlare di nuovo?
Ma poi, la neve, si rialza?

21 novembre 2006

Eterogeneizzato alla frutta Plasmon

Mi scusi signore se ho calpestato il suo piede. Camminavo con la testa tra le nuvole, immaginando un mondo in cui lei non esiste. Se ciò non può giustificarmi, spero almeno possa spiegare la mia sbadataggine. Vorrei colpirla, signore, con tutta la mia forza incanalata in un pugno e fiondarla al suolo. Poi vorrei chinarmi su di lei e baciarla in fronte, signore. Vorrei tirarle fuori tutto il disgusto e la rabbia che prova verso di me e che nasconde tutti i giorni dietro la sua indifferenza patinata, signore. La sua e quella di tutti quelli come lei, signori. Se io non sto bene non le permetto di stare bene per il solo fatto di non stare non bene come me, signore. Io la ripugno, signore, e lei ripugna me. Lo so che le piacerebbe giudicarmi perchè la finestra della stanza in cui dormo è sempre chiusa. Perché apro la mia sdraio da spiaggia in mezzo alla stanza e fingo che la lampada sia il sole d'agosto, signore. Ci crede? Io penso a lei, ma penso anche a tante altre cose. Penso a come sarebbe il mondo senza di lei, e poi formulo altri pensieri edificanti e poi mi dimentico di aprire la finestra e poi mi addormento, signore. Non fugga, signore, non abbia paura di me. Io non potrei farle più male di quello che lei fa a se stesso, o quello che io faccio a me stesso. Se ora lei se ne va io resterò solo, signore, e lei smetterà nuovamente di esistere. Noi non vogliamo questo, vero signore?
...
signore?
...
signore!
...
sig...

20 novembre 2006

Porta un respiro chiaro

Non credere in Dio perchè sembra blasfemo.

Il tempo si è fermato alle 23.17 e da quel momento in poi non ci sono stati nè momenti nè poi.

(Su tutta un'esistenza aleatoria) Si aggettano scommesse.

Perchè gli amici dei miei amici sono miei nemici.

Ad ogni curva sento confezioni di plastica amoreggiare nel vano porta-bagagli.

Amo puntare il dito contro il cielo. Non "al" cielo, "contro" il cielo.

Se mai avessi preso seriamente la titolazione dei post, il precedente si sarebbe chiamato "La polvere e la pioggia".

Sabato, nella mia testa, ha nevicato.

Il diavolo della tua smania.

Ora sono io, trasposto di un'ottava.

19 novembre 2006

Sostanzialmente solo sostantivi, e poi le bugie

Tutto prima o poi viene ricoperto da un sottile strato di polvere. E' la cosa che più assomiglia ad un piano geometrico: esteso, ma privo di profondità. Anch'io mi ci sento coperto, morbido e coperto. Non è tutto una sopravvalutazione dopo l'altra? Conoscere il prezzo di tutto ed il valore di niente. Così qualcuno è pieno di buoni propositi, ma sta facendo solo finta. Non è qualcosa a cui penso con piacere. Sarebbe colpa mia, se solo non fosse una colpa. La scelta è solo tra mentire e affrontare le conseguenze degli altrui pregiudizi? Perchè se giochiamo alla roulette russa, c'è un sistema per vincere sicuro. Un metodo invariante dalla definizione di vittoria.
Continuerò a fare a metà quello che transita nel mio microcosmo, che è molto piccolo. Piccolo, non autosufficiente, eccessivamente autoreferenziale e piegato in due per i crampi allo stomaco. Rigetterà un quarto di verità. Il secondo quarto ho deciso di tenerlo come ricordo. Vale la pena chiedersi: "Vale la pena chiedersi: "Vale la pena chiedersi: "Vale la pena chiedersi: ... ... ... "Ne vale la pena?". Concetti di valore e di pena dati per assodati. Concetti come se piovesse. Non posso pensare che possa piovere. Seriamente, acqua che cade dal cielo? Se non esistesse la pioggia nessuno potrebbe immaginarla. La pioggia è la cosa che meno assomiglia ad un piano geometrico: priva di estensione, carica solo di profondità. Sarà per questo che desidero esserne coperto. Morbido e coperto.

16 novembre 2006

Stereonucleosi

In questo momento ho bisogno di ben tre cose ben:
Una seria dose di deconcentrazione.
La concessa possibilità di rendere realtà i sogni. -ma non i miei-
E fiori urlanti.

Sembra un annuncio, forse lo è.
Forse è una richiesta.
Forse è un suggerimento.
Forse è un massaggio in una bottiglia.
Una bottiglia di limoncello fatto in casa, scommetto.
Tre volte ripetuta la lettera A.
Al prezzo potete dire quello che vi pare, tanto è trattabile.
Non astenersi perditempo.
Aumenta la possibilità che sia io a trovarlo, tutto quel tempo perso.
Telefonate quando vi pare, ma non ore pasti.
Che di solito sto mangiando, ore pasti.
Ecco meglio: telefonare ore stultorum.

Ogni volta con una tinta di inchiostro sempre più pallida...
...scrivere ripetutamente la parola "scomparire".

15 novembre 2006

Dinamiche senza la mano sinistra

C'è una strada. E' una strada a doppio senso, ma la si può percorrere in un senso solo. Chi la percorre nell'opposto è posto al di fuori dalla legge. Eppure la strada è stata costruita per essere attraversata in entrambi i sensi di marcia. Mentre la percorro lungo il senso legale, desidero star percorrendola nel senso illegale. Tre uomini, in divisa da autista, camminano affiancati sul marciapiede. Nel loro branco si sentono protetti. Scherzano. Le giacche blu, indistinte, sostituiscono l'olfatto nel determinarne l'appartenenza, a quel branco. Sul marciapiede opposto sta passando un uomo in giacca e pantaloni marroni: è pelato, porta gli occhiali scuri e tiene il mento appoggiato sul nodo della sua cravatta color sangue. Una giovane ragazza bionda, con i capelli raccolti in una coda, gli passa accanto: lui finge di essere in un imbarazzo tale da far finta di non vederla. Io vedo lui di fronte e lei di spalle. Ma avanzo. Ora vedo uno specchio. Nello specchio le immagini di lui di spalle e del volto di lei. Se non fosse per lo specchio non vedrei nemmeno l'infiammarsi di quella luce. La luce arancione è quella che proietta le ombre più lunghe. Sento che quella luce mi entra dentro, attraverso gli occhi, e si solidifica in biglie (le immagino opalescenti) che vanno ad incastonarsi nelle mie tempie. Non fanno nemmeno la fatica di nascondersi al tatto, quando lo porto ad esplorare un lato della mia faccia. E percepisco tutto, limpido, come solo il dolore può essere.

14 novembre 2006

Affezionato bucolicismo e darsi alla macchia impossibile

Jesu - Silver EP
Explosion in the Sky - How Strange
Moltheni - Toilette Memoria
My Chemical Romance - The Black Parade
Deftones - Saturday Night Wrist
Snow Patrol - Eyes Open
Acustimantico - La Bella Stagione
Plus 44 - When Your Heart Stops Beating
Riccardo Sinigallia - Incontri a Metà Strada
Virginiana Miller - Fuochi Fatui d'Artificio
Damien Rice - 9
Dead Poetic - Vices
Norma Jean - Redeemer
Copeland - Eat, Sleep, Repeat
Echo Screen - Euphoria

12 novembre 2006

Casus Brutti

Una buona idea di quelle che vanno adesso di moda: ho deciso che d'ora in poi non starò mai più male, solo diversamente bene.

Credo che la pubblicità dovrebbe essere vietata. Riempe la testa di idee e pensieri non richiesti. Visto che, almeno io, non sono in grado di vedere una scritta e non leggerla, alla gente non dovrebbe essere permesso di affiggere scritte ed immagini così, a buffo. Se si vieta alla gente di fumare perchè l'aria è un bene comune e nessuno può arrogarsi il diritto di inquinarla, allora pretendo che lo stesso trattamento sia riservato al mio campo visivo. Il panorama è di tutti e non deve essere inquinato. E di sapere che Zinouzi liquida tutto da 10 anni, francamente non me ne frega un secco fico.

Se mi offrissero di far parte della prima missione umana sulla superficie di marte, a patto di accettare il fatto che sia una missione di sola andata e che non avrei nessuna possibilità di tornare sulla terra, la mia risposta sarebbe: "Dove si firma?"
Non ci devo pensare neanche un poco. Lungi da me l'idea di voler essere immortale, ma casomai dovesse capitare preferirei non essere presente.

Solo due cose su "La tigre e la neve". Prima cosa, la scena della lezione merita di essere vista. Seconda cosa, il messaggio del film è che il grido "I'm italian" agisce da lasciapassare internazionale, l'equivalente moderno di un salvacondotto papale.

08 novembre 2006

La tassazione come strumento di espiazione e la dimenticanza suo epifenomeno

Oggi pensavo a questo:

se x e y sono insiemi
0 = insieme vuoto
x U 0 = x
0 = 0
1 = {0}
2 = {0,{0}}
3 = {0,{0,{0}}}
4 = etc etc...

è un modo carino di creare i naturali con l'insieme vuoto
prendendo come assioma 0=0 e come teorema
"se a è un teorema, {0,{a}} è un teorema"
posso costruire tutti i numeri

ma non riesco a definire la somma
ho pensato a qualcosa tipo:
x + y = x U {y}
ma funziona solo se x è 1

consigli?

05 novembre 2006

Dialogo tra Risposta e Domanda

Risposta - Sai come si mantiene un segreto?
Domanda - Rilevandolo a tutti
R - E conosci l'effetto di rilevarne la sola segretezza?
D - Equivale ad accendere un fuoco sott'acqua
R - C'è qualcosa che non sai?
D - Non lo so
R - C'è qualcosa che non sai?
D - Si
R - E che cosa è?
D - La risposta a questa domanda
R - C'è qualcosa che non sai?
D - Solo ciò che non sei in grado di chiedermi
R - Quindi?
D - No
R - No?
D - Quindi
R - Hai mai avuto paura?
D - Ho avuto paura di avere paura
R - Quindi?
D - No
R - No?
D - Paura
R - La decadenza è inevitabile?
D - L'inevitabilità è prevedibilità, la prevedibilità discende della decadenza
R - Vuol dire che possiamo vibrare all'unisono con essa?
D - Vuol dire che la frequenza di risonanza è la discriminante tra bene e male
R - Come si può concepire l'assenza di tempo?
D - Annullando la differenza tra domanda e risposta
R - Stai forse insinuando che io e te siamo liberamente intercambiabili?
D - La mia risposta a questa domanda è lasciare questa domanda senza risposta. Potrei andare via.
R - Cosa siamo io e te?
D - La fine di un insieme
R - Intersezione di?
D - Contorno e nomenclatura

04 novembre 2006

Cogliere e collezionare tarli nelle altrui menti

"E' interessante chiedersi se le mucche di una fattoria percepiscano un individuo invariante sotto tutte le manifestazioni dell'allegro contadino che dà loro il fieno"

Dicendo "Scusa".
Dicendo "Cosa ne farai di me?".
Dicendo "Eccomi".
E' un punto muto.
Mutilazione, mutazione, motivazione.
Se ci sono le ruote non mi importa.
Sorridi, sì, sorridi.
-Sorridi-
E' un ordine travestito da desiderio.
E' un ordigno investito da un dromedario.
Ci credi che io pensi sia colpa mia?
Se non ti avessi mai scritto "Pazienza. Pazienza e..."
Magari le cose sarebbero andate diversamente.

02 novembre 2006

Amorale della favola

Un piede davanti all'altro, con cautela, in un corridoio al buio. Un po' come camminare, un po' come scivolare in un sonno qualsiasi, un po' come delegare il senso della vista alle mani, che esplorano -che esplodono- lo spazio senza un metodo, ma con entusiasmo, come antenne. Posso immaginarmi le pupille dilatarsi per ricevere frazioni di luce, come braccia in attesa di un amplesso. Dalle stanze chiuse e illuminate, infiltrazioni di luce rorida e glaciale. Sagome scomposte e sparpagliate dalla scabrosità del vetro smerigliato; sagome decomposte e terrorizzate. La delizia di accedere da un luogo illuminato ad un altro che ne sia privo, di illuminazione. Lasciate alle spalle le declinazioni dei colori e delle tinte, si smette repentinamente di recitare la prima persona. Si tace il cruccio di stanare moti del non raziocinare: rettile retaggio, la giustificazione. E sottovoce, è escogitato un solco.