02 novembre 2006
Amorale della favola
Un piede davanti all'altro, con cautela, in un corridoio al buio. Un po' come camminare, un po' come scivolare in un sonno qualsiasi, un po' come delegare il senso della vista alle mani, che esplorano -che esplodono- lo spazio senza un metodo, ma con entusiasmo, come antenne. Posso immaginarmi le pupille dilatarsi per ricevere frazioni di luce, come braccia in attesa di un amplesso. Dalle stanze chiuse e illuminate, infiltrazioni di luce rorida e glaciale. Sagome scomposte e sparpagliate dalla scabrosità del vetro smerigliato; sagome decomposte e terrorizzate. La delizia di accedere da un luogo illuminato ad un altro che ne sia privo, di illuminazione. Lasciate alle spalle le declinazioni dei colori e delle tinte, si smette repentinamente di recitare la prima persona. Si tace il cruccio di stanare moti del non raziocinare: rettile retaggio, la giustificazione. E sottovoce, è escogitato un solco.
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