25 marzo 2006
A bordo della nave inaffondabile del capitano Nessuno
Nella fessura che la porta socchiusa tagliava nelle pareti, vide una figura attraversare il corridoio; non in modo esplicitamente silenzioso, ma ebbe la sensazione che con furtivita non volesse farsi notare. "Dove stai andando?" gettò al di fuori della sua stanza, gustando il suo intralciare quel piano di fuga felina. Non aveva nemmeno alzato gli occhi dai libri, mentre manteneva la sua posa composta ma non rigida. Chi l'avesse vista ora, alla luce calda ma netta della sua lampada da tavolo (un dono di suo padre), le curve del corpo appena accennate, da eterna adolescente, non avrebbe potuto supporre che il suo studio si fosse prolungato attraverso le quattro ore precedenti. Forse a causa della sua abitudine a sessioni così intense, forse perché per lei imparare era ancora un gioco, come quando era una bambina delle elementari. Quella bambina a cui il padre alcolizzato ed ignorante aveva donato una lampada da lettura dal taglio classico, pur non capendone il valore, ma colmo di amore e rispetto per il piccolo genio di casa. Quella bambina che ora era costretta a rincorrere quello stesso padre per infinite cliniche e finite speranze, perso dietro un fegato troppo debole per sopportare tanti eccessi passati. Quella bambina che ora s'era trovata catapultata a dover ricoprire il ruolo di sorella, madre, moglie, studentessa, attivista, lavoratrice. Per Margaret, la piccola di casa, liceale persa dietro l'ennesimo "amore" impossibile. Per Bartolomeo, suo fratello, sempre burbero con lei e dolce nei confronti dell'altra sorellina, senza un lavoro, simile ogni giorno di più a loro padre. Per Marjorie, sua madre, che ancora versava in condizioni spaventose: non si era più ripresa dall'esaurimento nervoso in seguito alla malattia del marito. L'ex nume tutelare della casa trasformata in un vegetale privo di emozioni. Ogni cosa ricadeva ora sulle spalle di Lisa: quando i fratelli avevano bisogno di qualcosa, chiedevano a lei. Lei accompagnava il padre in clinica, lei accudiva la madre e si assicurava che seguisse la sua terapia di sostegno. Ma tutto questo a Lisa non pesava. Aveva saputo affrontare le sue responsabilità senza timori, sin da piccola. Quella bambina. "Cazzi miei! Ci vediamo a cena." rispose amaramente Bart mentre scendeva le scale e si avviava verso il loro cortile. Avrebbe preso la scassata station-wagon della madre e passato il pomeriggio al bar di Boe, a stordirsi la coscienza. Per poi tornare a casa e reclamare un pasto caldo; non dovuto, ma mai negato. Lisa chiuse il libro che aveva davanti a se, spense la luce e chiuse gli occhi. Decise di trattenere la lacrima che inattesa s'era presentata alla soglia del suo pianto soffocato. Perché, si disse, non si sarebbe mai mostrata indifesa, disarmata. Mai, ai suoi occhi. Mai, agli occhi di quella bambina.
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