Passeggiavo, assorto nei miei pensieri, lungo via di Santa Costanza in direzione Piazza Istria, sul lato destro della strada. Era una giornata uggiosa, le nuvole cariche di pioggia, con pochi raggi di soli che filtravano attraverso lo strato grigio-azzurro di nubi come da un alone diffuso. Poco prima del concessionario di auto di lusso sono passato davanti una piccola libreria che il proprietario si accingeva a serrare. L'avevo appena superata, quando ecco che il proprietario stesso mi rivolge la parola, citando un aforisma a me sconosciuto, in tono aulico, riguardo all'andar vagando pensierosi in una giornata plumbea. Sono catturato. Torno indietro. Il proprietario assomiglia fortemente a Neri Marcorè. Gli chiedo di postporre l'orario di chiusura e di farmi entrare. Accetta. Entro. Vago tra gli scaffali, il proprietario non c'è più, al suo posto c'è una commessa, dietro il bancone, come una versione femminile del proprietario. Le chiedo: "Voglio il libro di racconti più bello che c'è". Ci pensa. Chiede consiglio alle altre commesse. Alla fine prende un piccolo libello dalla sopracopertina gialla, di cartoncino. Mi pare troppo breve quindi decido di acquistare un altro volume. Le chiedo ancora: "Voglio anche un libro di Virginia Woolf, sceglilo tu per me". E si mette a ridere. Anche le altre commesse si mettono a ridere. "Cosa c'è da ridere?" faccio io. "Nulla, nulla" risponde.
- Ma tu li hai letti?
- Tutti
- E cosa c'è da ridere?
- Nulla, nulla
- Cose da donne?
Il suo sguardo fu eloquente. Pagai e me ne andai.
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