Essere intelligenti dovrebbe significare saper fare delle distinzioni. Il bello dal brutto, il buono dal cattivo, il giusto dallo sbagliato, il grossolano dal sottile. La razionalità è letteralmente la capacità di fare una ratio, una divisione. La mia impressione è che a volte in nome ragione ci spingiamo troppo avanti, ovvero: alcune distinzioni non hanno senso. Ad esempio quella tra mente e corpo, come se la mente non fosse un organo del corpo che debba sottostare alle stesse regole o non abbia le stesse necessità di sopravvivenza. Da qualche parte ho letto che antiche civilta dell'america latina non avevano un concetto di questa distinzione, quindi trattavano quelle che noi oggi chiamiamo "questioni psicologiche" come normali malattie del corpo, disfuzioni che non permettevano lo svolgersi normale della propria vita. Un approccio forse naif, ma che dovrebbe porci in una prospettiva diversa nei confronti di noi stessi.
O ancora, il dualismo tra pensiero e memoria. Senza addentrarsi in questioni anatomiche o logiche, credo che una analogia pertinente sia quella di un fiume con il suo letto. Lo scorrere di un fiume, con la sua azione modellatrice e con i corpi e detriti che porta con se, continua una opera incessante di ritracciamento del proprio corso; corso che a sua volta influenzerà il passaggio delle nuove acque e del suo carico. Così, tutte le informazioni che passano attraverso di noi, compiono un viaggio che è stato tracciato da tutte le informazioni precedenti e, necessariamente, aprono la strada per tutte le informazioni future.
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