Specchietto riassuntivo di una settimana guadata dove il fondale è più basso e la corrente meno veemente.
Specchietto per allodole personali, che ti svolazzano nel petto/gabbietta di metallo, niente di particolarmente acuto, figuriamoci.
Mi prendo una pausa da questa storia del "dormire", un'altra di quelle mode passeggere pompate dallo spirito di emulazione. (Lo spirito di fare come i muli. Tirare avanti finchè non crepi. Impuntarti finchè non crepi. L'elogio della fatica e di non fare quello che ti dicono di fare. Concerto di legnate sulla groppa.)
Una frase che mi è venuta in mente: Polluzioni industriali notturne.
Un'altra frase che mi è venuta in mente: Maledetta maladonna.
Non sono proprio frasi, più simili a molecole linguistiche.
C'è il lettore immaginario che chiede: ma come ti senti? E lo scrittore immaginario risponde: C'è una macchina rossa ferma sui binari di una ferrovia sesquipedale. Sinistra, non arriva alcun treno. Destra, come sinistra. Io sono illanguidito, all'interno dell'autoveicolo in sosta non autorizzata in prossimità di passaggio a livello ferroviario non preannunciato da segnale luminoso o sonoro o croce di sant'andrea. Mi acciambello sonnolento sul sedile del passeggero. Presagio di pericolo nel dormiveglia: se mi addormento capiterà qualcosa di terribile. Mi addormento lo stesso.
E poi ho pensato che ci sono quattro tartarughe in frac che camminano in posizione eretta e portano sulle spalle la mia bara vuota. E' mia nonostante la vuotezza, la vuotezza particolare da me. Il tutto accompagnato da una vibrante melodia per basso e batteria, dall'incedere marziale. Non trasuda nessuna emozione dalle facce delle tartarughe, probabilmente perchè sono tartarughe con la faccia da tartarughe. E stranamente non portano gli occhiali.
Ancora quei botta e risposta immaginari. Ormai li tratto alla stregua di tranelli, o lava-vetri nei-miei-pensieri-attaccabrighe. Testa pensante? ma quale pensante e pensante. Pesante, al massimo. Avessi sul resto del corpo i muscoli che ho sul collo. Ho il collo lungo, io. Diversa cosa è saperla lunga.
Ti vedo lontano. Ti sento lontano. Escludendo tatto e gusto, frenati dalla necessità del contatto, come si ti posso odorare lontano?
Ero in macchina, aspettavo il verde. Piegavo la testa perchè la mia macchina è bassa e io sono alto e se mi infilo troppo sotto il semaforo non lo vedo più. Alla ragazza sotto il mare di capelli corvini, dagli occhi circondati con la notte, con la maglia verde dalle spalline vaporose, che era a bordo del 310, in piazzale 21 aprile, alle 18:30 di martedì 26 giugno 2007, mentre guardava il cielo, volevo dire: ciao. Lo volevo dire minuscolo.
27 giugno 2007
21 giugno 2007
La notte che fummo inventati
Ho voglia di correre tanto, e come succede ai maratoneti, che il mio corpo prenda a mangiare se stesso per sopravvivere allo sforzo.
L'unione di tutto ciò che è ironico e tutto ciò che è vero.
Le foto fatte insieme alla gente famosa sono la prova di quanto poco stimi te stesso importante.
Sarai pure intelligente, ma con che criterio scegli le persone da tenerti accanto? Che poi giudicare qualcuno dalle persone di cui si circonda è impossibile, nascono solo paradossi.
Il sonno della regione genera mostri architettonici.
Io sono la gomma, tu la colla.
Mi disprezzo. Mi sputo in bocca da solo.
Ancora non posso scrivere una storia; prima mangerei il mondo.
Potrei spiegarti come mi sento, ma dovrei prenderti a pugni nello stomaco.
Sono arrabbiato. E non mi passa.
Questa era una pelle, questo era uno sfogo.
L'unione di tutto ciò che è ironico e tutto ciò che è vero.
Le foto fatte insieme alla gente famosa sono la prova di quanto poco stimi te stesso importante.
Sarai pure intelligente, ma con che criterio scegli le persone da tenerti accanto? Che poi giudicare qualcuno dalle persone di cui si circonda è impossibile, nascono solo paradossi.
Il sonno della regione genera mostri architettonici.
Io sono la gomma, tu la colla.
Mi disprezzo. Mi sputo in bocca da solo.
Ancora non posso scrivere una storia; prima mangerei il mondo.
Potrei spiegarti come mi sento, ma dovrei prenderti a pugni nello stomaco.
Sono arrabbiato. E non mi passa.
Questa era una pelle, questo era uno sfogo.
17 giugno 2007
Imbratto carte a tradimento con nuvole a mano libera
Scappavo da piccole gomitate per farmi capire.
La disapparenza inganna. Non parla, muta, cambia.
L'intorno si stacca a pezzi come intonaco.
Rimane il centro, luogo della perdita.
Occhi bassi.
Scaffalature metalliche per catalogare pensieri.
Facciamo pulizia.
Ripostiglio dei ricordi a lungo termine.
Aspirapolvere.
Nessuna pietà.
Piccola preoccupazione, non guardarmi con quegli occhi.
Sovrappensieri incrostati.
Pensieri trasparenti e grandi come biglie.
Lividi e giocattoli dimenticati.
Che traffico, nel risucchio.
Hai spina dorsale, figliolo?
Allora fai fuori quella bottiglia di mandarinetto.
Tsk, medicina di basso profilo.
Non aggiustato poichè non rotto.
Polverone, diversivo per qualcuno che fugge.
Polverone, accordo di polmoni violentati.
C'erano le parole e qualcuno che le sposava.
O taccia per sempre: sì, ma come?
Perchè l'approccio peggiore si moltiplica e si moltiplica?
E si moltiplica e si moltiplica e si moltiplica?
Mi sono svegliato con un brusio nella testa.
Credevo fosse una zanzara.
La zanzara sicura che verrà uccisa.
Ma non resiste al richiamo della carne.
Ci diamo pacche sulle spalle per le stelle morenti.
Invece era il telescopio che stava per morire.
Torta sul sedile posteriore.
Il traffico la fa esplodere.
Emicrania in briciole: due schegge.
Una capriola è domani.
Fanne un'altra è dopodomani.
Con una sete brutta come la fame.
Addosso:
La leggerezza delle spalle di una trapezista di Berlino.
Dentro:
Lussuria per nuova ironia.
Il futuro della nazione.
Letto nelle viscere del Presidente.
Fenomenale mutaforme, vali meno di un avvocato.
Ai blocchi di partenza pronti ad erompere in lacrime.
L'oceano non è un vantaggio.
Da consumarsi preferibilmente entro: vade retro.
Che se io sono una cattiva notizia ...
... tu menti.
La disapparenza inganna. Non parla, muta, cambia.
L'intorno si stacca a pezzi come intonaco.
Rimane il centro, luogo della perdita.
Occhi bassi.
Scaffalature metalliche per catalogare pensieri.
Facciamo pulizia.
Ripostiglio dei ricordi a lungo termine.
Aspirapolvere.
Nessuna pietà.
Piccola preoccupazione, non guardarmi con quegli occhi.
Sovrappensieri incrostati.
Pensieri trasparenti e grandi come biglie.
Lividi e giocattoli dimenticati.
Che traffico, nel risucchio.
Hai spina dorsale, figliolo?
Allora fai fuori quella bottiglia di mandarinetto.
Tsk, medicina di basso profilo.
Non aggiustato poichè non rotto.
Polverone, diversivo per qualcuno che fugge.
Polverone, accordo di polmoni violentati.
C'erano le parole e qualcuno che le sposava.
O taccia per sempre: sì, ma come?
Perchè l'approccio peggiore si moltiplica e si moltiplica?
E si moltiplica e si moltiplica e si moltiplica?
Mi sono svegliato con un brusio nella testa.
Credevo fosse una zanzara.
La zanzara sicura che verrà uccisa.
Ma non resiste al richiamo della carne.
Ci diamo pacche sulle spalle per le stelle morenti.
Invece era il telescopio che stava per morire.
Torta sul sedile posteriore.
Il traffico la fa esplodere.
Emicrania in briciole: due schegge.
Una capriola è domani.
Fanne un'altra è dopodomani.
Con una sete brutta come la fame.
Addosso:
La leggerezza delle spalle di una trapezista di Berlino.
Dentro:
Lussuria per nuova ironia.
Il futuro della nazione.
Letto nelle viscere del Presidente.
Fenomenale mutaforme, vali meno di un avvocato.
Ai blocchi di partenza pronti ad erompere in lacrime.
L'oceano non è un vantaggio.
Da consumarsi preferibilmente entro: vade retro.
Che se io sono una cattiva notizia ...
... tu menti.
12 giugno 2007
L’atto respiratorio non va mai forzato immaginando di odorare un fiore
Quando il caccia da combattimento ruppe il muro del suono, il pilota fu poi costretto a ripagarlo.
C'è stato un tempo in cui riuscivo a stare tutto nella vasca da bagno. E' durato finchè sono stato piccolo. Nella vasca piena, potevo lasciarmi scivolare dentro e fingere di essere sempre vissuto là, sott'acqua. Inspiravo, e galleggiavo; Espiravo, e andavo giù. Il rumore della tv, trasportato dalle mura di casa mia, arrivava peculiare e confuso fin nel fondo di quel lago ingabbiato di porcellana. Quel suono camuffato e l'aria piena di vapore, che respirare era quasi doloroso, sono i ricordi di tante domeniche pomeriggio. E il soffocato senso di colpa per i compiti non fatti, ovviamente. Mi ricordo la prima volta che, con la testa completamente immersa, ebbi il coraggio di aprire le palpebre. Non concepivo l'idea che qualcosa potesse toccare i miei occhi: là fuori, nel mondo dell'aria, sarebbe stato inconcepibile. Mi ricordo la debole delusione di riconoscere la lampada del bagno, immagine traballante, e di non scoprire niente di prima invisibile.
Orogenesi, parte I: La collina nasce dall'invidia della terra per le onde del mare.
E' successo che giorni fa mi sono meravigliato per l'operosità inascoltata di una colonia di formiche, sopra un'aiuola spartitraffico inaridita. Ma solo perchè ero bloccato dal traffico e alla guida della macchina dietro la mia c'era una ragazza carina: io mi facevo bello con pensieri cosmologici.
Charlie Brown Nun Te Temo.
Sulle pareti di casa tua ci sono solo quadri e stampe di barche, perchè piacciono a tuo padre. Invece tua madre mi chiede di rimetterle tutti gli orologi di casa, quando arriva l'ora legale. Perchè "tu sei alto". E le sveglie? E il videoregistratore? Perchè "tu ci capisci". Ah, ok. In camera tua, chi-lo-avrebbe-mai-detto, ci sono le tue foto. Quasi tutta la tua vita oltre me. Un'ombra di gelosia. Che poi le foto sul muro sono qualcosa che io non architetterei mai. Mi sembrerebbe di far finta di avere bei ricordi. Però, se me lo dici tu, io ci credo. Tuo fratello non c'è mai, e quando c'è, non c'è lo stesso.
Tu, invece, non esisti.
Sei l'immagine evocata da tutte quelle canzoni in inglese che pure se non hanno proprio senso, le canti lo stesso. Ho ricordi di cose che non sono successe a me.
C'è stato un tempo in cui riuscivo a stare tutto nella vasca da bagno. E' durato finchè sono stato piccolo. Nella vasca piena, potevo lasciarmi scivolare dentro e fingere di essere sempre vissuto là, sott'acqua. Inspiravo, e galleggiavo; Espiravo, e andavo giù. Il rumore della tv, trasportato dalle mura di casa mia, arrivava peculiare e confuso fin nel fondo di quel lago ingabbiato di porcellana. Quel suono camuffato e l'aria piena di vapore, che respirare era quasi doloroso, sono i ricordi di tante domeniche pomeriggio. E il soffocato senso di colpa per i compiti non fatti, ovviamente. Mi ricordo la prima volta che, con la testa completamente immersa, ebbi il coraggio di aprire le palpebre. Non concepivo l'idea che qualcosa potesse toccare i miei occhi: là fuori, nel mondo dell'aria, sarebbe stato inconcepibile. Mi ricordo la debole delusione di riconoscere la lampada del bagno, immagine traballante, e di non scoprire niente di prima invisibile.
Orogenesi, parte I: La collina nasce dall'invidia della terra per le onde del mare.
E' successo che giorni fa mi sono meravigliato per l'operosità inascoltata di una colonia di formiche, sopra un'aiuola spartitraffico inaridita. Ma solo perchè ero bloccato dal traffico e alla guida della macchina dietro la mia c'era una ragazza carina: io mi facevo bello con pensieri cosmologici.
Charlie Brown Nun Te Temo.
Sulle pareti di casa tua ci sono solo quadri e stampe di barche, perchè piacciono a tuo padre. Invece tua madre mi chiede di rimetterle tutti gli orologi di casa, quando arriva l'ora legale. Perchè "tu sei alto". E le sveglie? E il videoregistratore? Perchè "tu ci capisci". Ah, ok. In camera tua, chi-lo-avrebbe-mai-detto, ci sono le tue foto. Quasi tutta la tua vita oltre me. Un'ombra di gelosia. Che poi le foto sul muro sono qualcosa che io non architetterei mai. Mi sembrerebbe di far finta di avere bei ricordi. Però, se me lo dici tu, io ci credo. Tuo fratello non c'è mai, e quando c'è, non c'è lo stesso.
Tu, invece, non esisti.
Sei l'immagine evocata da tutte quelle canzoni in inglese che pure se non hanno proprio senso, le canti lo stesso. Ho ricordi di cose che non sono successe a me.
07 giugno 2007
Sono sveglio, ma è tutta una messa in scena
Oh mio Dio, un cigno gigante! Accidenti, devo farmi un altro goccio, non ci posso credere. Come è possibile che una cosa del genere giri normalmente in città e nessuno abbia fatto ancora niente? Nessuno che urla, nessuno che fugge terrorizzata, nessuno che chiama la polizia, i pompieri, lo zoo, la guardia civile. Possibile che me ne sia accorto solo io? Mi sono perso qualcosa forse, o adesso è diventato normale incontrare nelle strade del centro un cigno di 4 metri? Che sia una allucinazione? No, non è possibile, è troppo reale. Cazzo, che mostro. Fa tremare la terra ad ogni passo, e certo che io mi tengo ben lontano! Non sembra poi così tanto innocuo ed elegante, in queste proporzioni. Anzi, quegli occhi neri senza vita mi fanno quasi paura. Sembrano quelli di uno squalo. Dio, sta venendo da questa parte. Mi deve aver puntato! Ecco, adesso si è messo pure a fare questo verso terrificante. Devo andarmene al più presto. Cazzo cazzo cazzo.
Un altro brutto caso di cattiva analogia.
Scrivere è come dare un pugno contro il muro quando sei in collera: non cambia nulla, ma ti fa sentire meglio. E il giorno dopo, ci ripensi e ti sembra stupido.
Trafitto da una punta di esibizionismo.
E poi arriva il giorno che la banalità ti prende per stanchezza. E vince lei.
Le pareti del vicolo, color terra, così strette. Sembrano due mondi che si sfiorano, che giocano a scommettiamo-che-mi-baci-prima-tu / credo-proprio-di-no. I mattoni in rilievo contro la schiena, come la gabbia toracica di un dinosauro infinito. Il nostro uomo, appoggiato al muro, dentro il suo cappotto nero, dietro il suo bavero sollevato, con la sigaretta in bocca, spenta. Pesca l'accendino da una tasca interna, piega la testa. Una smorfia di equilibrio e suzione, la fiamma illumina una maschera da decaduto. Torna a rilassarsi, composto. Si volta, si accorge di noi. Si avvicina.
Un altro brutto caso di cattiva analogia.
Scrivere è come dare un pugno contro il muro quando sei in collera: non cambia nulla, ma ti fa sentire meglio. E il giorno dopo, ci ripensi e ti sembra stupido.
Trafitto da una punta di esibizionismo.
E poi arriva il giorno che la banalità ti prende per stanchezza. E vince lei.
Le pareti del vicolo, color terra, così strette. Sembrano due mondi che si sfiorano, che giocano a scommettiamo-che-mi-baci-prima-tu / credo-proprio-di-no. I mattoni in rilievo contro la schiena, come la gabbia toracica di un dinosauro infinito. Il nostro uomo, appoggiato al muro, dentro il suo cappotto nero, dietro il suo bavero sollevato, con la sigaretta in bocca, spenta. Pesca l'accendino da una tasca interna, piega la testa. Una smorfia di equilibrio e suzione, la fiamma illumina una maschera da decaduto. Torna a rilassarsi, composto. Si volta, si accorge di noi. Si avvicina.
03 giugno 2007
Sublime, mi diedero del maledetto ed accettai
Qui comincia la negazione del mondo. Ancora una volta mai così giovane. I'm just a boy. And what do you expect from just a boy? Credo di averti visto sorridere. Lo sai quanto conta? E' che non so da dove cominciare a spiegarti quanto sei importante. Quante parole non dette? Va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene. It's not ok. Io faccio così ed è il modo sbagliato. Io faccio sbagli ed è un modo così. Ma allora è un vizio? Grazie, lo prendo come un insulto. Sì, ahaha, che ridere, è divertente. deh. In una notte di parole mezz'esatte, mezzanotte di parole storte, estorte. La vendita delle intransigenze.
Il mattino ha loro in bocca e li mastica e li sputa. Non è loro tutto quel che luccica, ma loro se lo prendono lo stesso. Ma non lo farei lo stesso, per tutti i loro del mondo.
Il silenzio è un proiettile. Per questo un colpo di pistola fa tanto rumore. Lancia il silenzio ad una velocità abbastanza alta e risuonerà fin dove non ti immagini neanche. Fuori piove, ma non a dirotto, e sembra dire: scusate, permesso. Le nuvole omertose coprono tutto, le nuvole curiose scoprono tutto, ed è impossibile immaginare che non siano ovunque, sempre. Il sole si nasconde perchè si allarga su tutta la superficie possibile. Dove celerai le tue cose, se non in bella vista? Così tacerai, bella vista. Ricordami, ma non oggi. I tuoi occhi, falli brillare. Non come gioielli d'oro in un giorno di sole, ma come una mina inesplosa di una guerra dimenticata. Il mio legittimo diritto alla superficialità, mai esercitato. Alla guida di un esercito di templi, inerti ma intoccabili. Un giorno, casa mia sarà piena di chiunque. Ed io pensando il contrario di ogni cosa credevo di dire ironia e invece dicevo eresia.
La bellezza sta negli occhi di legge, non sulla faccia di chi scrive. Per fortuna?
Il mattino ha loro in bocca e li mastica e li sputa. Non è loro tutto quel che luccica, ma loro se lo prendono lo stesso. Ma non lo farei lo stesso, per tutti i loro del mondo.
Il silenzio è un proiettile. Per questo un colpo di pistola fa tanto rumore. Lancia il silenzio ad una velocità abbastanza alta e risuonerà fin dove non ti immagini neanche. Fuori piove, ma non a dirotto, e sembra dire: scusate, permesso. Le nuvole omertose coprono tutto, le nuvole curiose scoprono tutto, ed è impossibile immaginare che non siano ovunque, sempre. Il sole si nasconde perchè si allarga su tutta la superficie possibile. Dove celerai le tue cose, se non in bella vista? Così tacerai, bella vista. Ricordami, ma non oggi. I tuoi occhi, falli brillare. Non come gioielli d'oro in un giorno di sole, ma come una mina inesplosa di una guerra dimenticata. Il mio legittimo diritto alla superficialità, mai esercitato. Alla guida di un esercito di templi, inerti ma intoccabili. Un giorno, casa mia sarà piena di chiunque. Ed io pensando il contrario di ogni cosa credevo di dire ironia e invece dicevo eresia.
La bellezza sta negli occhi di legge, non sulla faccia di chi scrive. Per fortuna?
28 maggio 2007
Tropico del Capriolo, Tropico dell'Epatite
Dagli atti degli Apostati
-Vangeli Ippogrifi
Mentre Gesù attraversava il fiume, la barca che portava Gesù attraversava il fiume. Giunto sulla riva opposta a quella cui era giunto, gli portarono un infermo. Gesù disse: "Riportatelo indietro". L'infermo rosicò. Gesù disse: "Portatemi un muto". I discepoli gli portarono un muto, ma rosicarono, perchè il muto poteva camminare sulle sue gambe. Il muto disse: "Signore, io sono il muto che stavi cercando". Gesù rispose: "Non è vero". Il muto ribattè: "Sì". Gesù insistette "No". Il muto rimase in silenzio. Gesù non rispose e si mise a scrivere in terra con un dito. I discepoli chiesero: "Gesù, dacci una prova della grandezza del Signore". Gesù fece finta di non aver sentito. Gesù vide che erano molto malati. Mentre diceva loro queste cose, la donna guarì. Tutti si chiesero da dove fosse giunta quella donna. Gesù le disse "Seguimi", e la donna lo seguì. Pietro le disse "Seguimi, e la donna lo seguì. Matteo le disse "Seguimi", e la donna lo seguì. Anche il muto le disse "Seguimi", e la donna lo seguì. E se ne sparse la fama in tutta quella regione.
-Vangeli Ippogrifi
Mentre Gesù attraversava il fiume, la barca che portava Gesù attraversava il fiume. Giunto sulla riva opposta a quella cui era giunto, gli portarono un infermo. Gesù disse: "Riportatelo indietro". L'infermo rosicò. Gesù disse: "Portatemi un muto". I discepoli gli portarono un muto, ma rosicarono, perchè il muto poteva camminare sulle sue gambe. Il muto disse: "Signore, io sono il muto che stavi cercando". Gesù rispose: "Non è vero". Il muto ribattè: "Sì". Gesù insistette "No". Il muto rimase in silenzio. Gesù non rispose e si mise a scrivere in terra con un dito. I discepoli chiesero: "Gesù, dacci una prova della grandezza del Signore". Gesù fece finta di non aver sentito. Gesù vide che erano molto malati. Mentre diceva loro queste cose, la donna guarì. Tutti si chiesero da dove fosse giunta quella donna. Gesù le disse "Seguimi", e la donna lo seguì. Pietro le disse "Seguimi, e la donna lo seguì. Matteo le disse "Seguimi", e la donna lo seguì. Anche il muto le disse "Seguimi", e la donna lo seguì. E se ne sparse la fama in tutta quella regione.
27 maggio 2007
Divento silenzio
Ora che sono una persona qualsiasi. Cerco un film, la scena di un film, una inquadratura per metà bianca e per metà nera, una frase nella scena di un film che mi salvi, che da quel momento non è più stata la stessa cosa. Another line without a hook, un'altra serratura alla quale appoggiare l'occhio destro e nella quale sorprendermi a spiare me stesso. Non è un trucco da risolversi con un semplice specchio. Poi c'è questo uomo, in giacca grigia e cravatta rossa, che se ne sta come morto sul marciapiede. Gli occhi aperti senza incrociare lo sguardo di nessuno, probabilmente aspetta che qualcuno tracci con un gesso la sua sagoma sull'asfalto. Una volta che sarà circoscritto nei suoi nuovi confini, se ne potrà anche andare. Ci sarà sempre una mappa che parlerà al posto suo. Intanto passano anche quattro suore in fila indiana, la seconda alza lo sguardo in questa direzione. Sopra lo sguardo, alza anche un sopracciglio, ma con una incredulità che mi passa sopra la testa sibilante come un proiettile, mi supera, destinata ad un punto fuori me, oltre me.
Al posto del cuore ho una mela verde. Non il cuore metafisico delle sentimenta, ma il pugno rosso di carne sul banco del macellaio. Invece che succhiare e soffiare via sangue, trema di luce in una direzione alla volta, come un faro, come la spirale di scale contro la parete interna del faro, per arrivare in cima.
... e accidenti ai lati opposti di un tavolo troppo grande.
Loro vedono che ci salutiamo, semplicemente.
Magari con un gesto tra le mani.
Non si accorgono che siamo lassù, in alto.
Che da così lontano tutto appare perfetto.
Non te lo chiedi neanche come è possibile,
che due forme possano allinearsi così semplicemente.
Un puzzle risolto in ogni suo pezzo.
Bastano gli occhi che si corrispondono.
Semplice quello che non è stato semplice mai, prima.
Al posto del cuore ho una mela verde. Non il cuore metafisico delle sentimenta, ma il pugno rosso di carne sul banco del macellaio. Invece che succhiare e soffiare via sangue, trema di luce in una direzione alla volta, come un faro, come la spirale di scale contro la parete interna del faro, per arrivare in cima.
... e accidenti ai lati opposti di un tavolo troppo grande.
Loro vedono che ci salutiamo, semplicemente.
Magari con un gesto tra le mani.
Non si accorgono che siamo lassù, in alto.
Che da così lontano tutto appare perfetto.
Non te lo chiedi neanche come è possibile,
che due forme possano allinearsi così semplicemente.
Un puzzle risolto in ogni suo pezzo.
Bastano gli occhi che si corrispondono.
Semplice quello che non è stato semplice mai, prima.
23 maggio 2007
Di quando Amore divenne un avverbio
Nel mondo c'è la tribù di chi mette gli Afterhours in un posto speciale, in un recinto separato da tutte le altre band. Io sento di farne parte: ogni canzone degli after è un sentimento nuovo che, prima di ascoltarla, non sapevo di poter provare. Dopo -after- averla sentita, posso amare qualcuno anche di quella canzone.
Guidava con una sola mano sul volante, il gomito appoggiato contro la portiera della macchina. L'altra mano la teneva molle sopra la gamba destra, pronta ad impugnare la leva del cambio quando ce ne fosse stato bisogno. Da quando aveva preso la patente, l'unica disattenzione alla guida gli era costata il primo e l'unico incidente. Roba da poco, ma non poteva più dirsi immacolato. Adesso si era imposto di non lasciare mai la strada con lo sguardo, e questo era diventato l'unico modo in cui sapeva guidare. Ora che aveva accanto lei, lei che gli parlava, doverle rispondere senza poterla guardare negli occhi gli sembrava un immenso minuscolo tradimento; Di tutte le cose di cui si sarebbe potuto vergognare, questa era per lui la più importante.
Nuvolette di polvere e stelle disegnate male e soli e pianeti ingioiellati. Spaccature nel tessuto con cui è stato ricamato il cielo. Capricci di uomini avvolti come rotelle di liquirizia. Massi in caduta libera verso il fondo del canyon, faranno tremare la terra, vivono per sempre, su nel cielo, colombe supersoniche, ti tirano giù ti tirano giù abbassati! Mi fermo per una sigaretta ed un bicchierino, stasera a casa di Digsy, ci invita sempre tutti a cena, scivoliamo via, sposati con prole.
Il meglio deve sempre ancora venire.
La saggezza dello stilita riassunta nel suo rifiuto di scendere, ogni giorno tagliava un millimetro dal perimetro delle foglie della sua pianta di fiori preferita, sperando di farne un giorno un monumentale bonsai, non sapeva che non sarebbe mai cresciuto un albero. Lei invece sì, sarebbe presto diventata un albero, con le foglie rosse e le radici verdi e le unghie ben piantate nella terra, l'unico posto in cui le lucertole verranno a stemperare il loro sangue. "Se vuoi passare la tua esistenza a battere i tasti..." si sentiva dire mentre stringeva le lame delle cesoie intorno alle proprie dita, nel punto esatto in cui avrebbe dovuto indossare l'anello di fidanzamento di qualcun altro, certamente. Bevo solo succo di arancia e spero non ci sia nessun gatto a guardarmi in questo momento. Temo il gatto che sa capovolgersi in aria e non mostra il bianco degli occhi. Oh, stai zitta! 10.000 ahia, ti canteremo canzoni con intervalli di terza minore. Non ti faranno felice non ti faranno triste non ti faranno male non ti faranno niente non ti daranno da mangiare non ti daranno in pasto ai leoni non ti daranno sollievo non ti tireranno le pietre, a meno che tu non sia innocente. Dio ci riempiva le reti da pesca ed indirettamente approvava il nostro non essere vegetariani. L'ironia è che tutte le volte che vuole farsi un buco in testa, sul tavolo davanti a sè non ha che pistole cariche. Se solo tu sapessi dimostrare teoremi di logica con la stessa abilità con cui sai abbinare le scarpe al colore dei tuoi occhi. Ogni volta che penso a qualche frase d'amore da dirti, lo faccio in inglese e così posso spiegarti tutto e non sentirmi banale. Pare che il mondo vada a fuoco e io ci sto nuotando dentro.
Guidava con una sola mano sul volante, il gomito appoggiato contro la portiera della macchina. L'altra mano la teneva molle sopra la gamba destra, pronta ad impugnare la leva del cambio quando ce ne fosse stato bisogno. Da quando aveva preso la patente, l'unica disattenzione alla guida gli era costata il primo e l'unico incidente. Roba da poco, ma non poteva più dirsi immacolato. Adesso si era imposto di non lasciare mai la strada con lo sguardo, e questo era diventato l'unico modo in cui sapeva guidare. Ora che aveva accanto lei, lei che gli parlava, doverle rispondere senza poterla guardare negli occhi gli sembrava un immenso minuscolo tradimento; Di tutte le cose di cui si sarebbe potuto vergognare, questa era per lui la più importante.
Nuvolette di polvere e stelle disegnate male e soli e pianeti ingioiellati. Spaccature nel tessuto con cui è stato ricamato il cielo. Capricci di uomini avvolti come rotelle di liquirizia. Massi in caduta libera verso il fondo del canyon, faranno tremare la terra, vivono per sempre, su nel cielo, colombe supersoniche, ti tirano giù ti tirano giù abbassati! Mi fermo per una sigaretta ed un bicchierino, stasera a casa di Digsy, ci invita sempre tutti a cena, scivoliamo via, sposati con prole.
Il meglio deve sempre ancora venire.
La saggezza dello stilita riassunta nel suo rifiuto di scendere, ogni giorno tagliava un millimetro dal perimetro delle foglie della sua pianta di fiori preferita, sperando di farne un giorno un monumentale bonsai, non sapeva che non sarebbe mai cresciuto un albero. Lei invece sì, sarebbe presto diventata un albero, con le foglie rosse e le radici verdi e le unghie ben piantate nella terra, l'unico posto in cui le lucertole verranno a stemperare il loro sangue. "Se vuoi passare la tua esistenza a battere i tasti..." si sentiva dire mentre stringeva le lame delle cesoie intorno alle proprie dita, nel punto esatto in cui avrebbe dovuto indossare l'anello di fidanzamento di qualcun altro, certamente. Bevo solo succo di arancia e spero non ci sia nessun gatto a guardarmi in questo momento. Temo il gatto che sa capovolgersi in aria e non mostra il bianco degli occhi. Oh, stai zitta! 10.000 ahia, ti canteremo canzoni con intervalli di terza minore. Non ti faranno felice non ti faranno triste non ti faranno male non ti faranno niente non ti daranno da mangiare non ti daranno in pasto ai leoni non ti daranno sollievo non ti tireranno le pietre, a meno che tu non sia innocente. Dio ci riempiva le reti da pesca ed indirettamente approvava il nostro non essere vegetariani. L'ironia è che tutte le volte che vuole farsi un buco in testa, sul tavolo davanti a sè non ha che pistole cariche. Se solo tu sapessi dimostrare teoremi di logica con la stessa abilità con cui sai abbinare le scarpe al colore dei tuoi occhi. Ogni volta che penso a qualche frase d'amore da dirti, lo faccio in inglese e così posso spiegarti tutto e non sentirmi banale. Pare che il mondo vada a fuoco e io ci sto nuotando dentro.
16 maggio 2007
Eziologia di un rapimento: con più rabbia, meno cacao e mammiferi di piccola taglia
L'aleggiare è uguale per tutti.
Andare a cavallo mascherati, ovvero l'anonima equestri.
Aveva una fame tale che, dopo aver divorato la forma di parmigiano, si mangiò anche la sostanza.
Allenamento: esercitarsi giornalmente alla perdita dell'autocontrollo.
In mancanza di qualcosa di meglio della giovinezza.
Sempre nello stesso angolo della piazza grande, Ludovico McCarthy fa il venditore di sigarette, senza clamore. Ha i capelli bianchi, è taciturno, è un emigrante di ritorno. Nei mesi più freddi, con il paese barricato in casa, prima che faccia buio ha già consumato un terzo della merce esposta. Sulle quattro casse di frutta vuote e accatastate che compongono il suo banchetto, nella settimana che precede una festa di paese, compare sempre qualche fuoco d'artificio di contrabbando. Va a bere, periodicamente, in ognuno dei bar del paese e guadagna quel tanto che basta per non avere mai più di due mesi di bevute a credito.
Emigrato in Canada, aveva trovato lavoro come operaio di fabbrica. Una vita di risparmi e il ritorno, per comprare una casa e aprire un'attività cui dare il proprio nome. Era andata male. Neanche con i soldi della vendita della casa era riuscito ad evitare il disastro.
Adesso vive in una stanza dell'ultima locanda rimasta in paese. Antonio Riperi, un suo vecchio amico di infanzia e commerciante, uno che al cinematografo non si perde una pellicola western, ha preso a chiamarlo "il vecchio Lu". I figli di Riperi, ripetendo quanto sentito in casa, lo evocano nei loro giochi di cortile come il "vecchiulu". Per uno di quegli oscuri moti interni alla lingua dialettale, è diventato il suo vero nome. Anzi, il vecchiulu non è più solo l'anziano ambulante della piazza, ma definisce con precisione un modo di essere. Se uno degli adolescenti del paese, in uno scontato accesso di malinconia, si rintana in casa e non ne vuole più sapere di uscire, i suoi amici lo esortano al ritorno alla vita sociale dicendogli: "Forza, non fare il vecchiulu!".
Il futuro è già inevitabile; l'unico potere di cambiamento che ci è concesso è quello sopra gli eventi che appartengono al passato. Loverflow è la parola in codice per dire che è possibile dare vero piacere solo a chi non si ha paura di far male.
Andare a cavallo mascherati, ovvero l'anonima equestri.
Aveva una fame tale che, dopo aver divorato la forma di parmigiano, si mangiò anche la sostanza.
Allenamento: esercitarsi giornalmente alla perdita dell'autocontrollo.
In mancanza di qualcosa di meglio della giovinezza.
Sempre nello stesso angolo della piazza grande, Ludovico McCarthy fa il venditore di sigarette, senza clamore. Ha i capelli bianchi, è taciturno, è un emigrante di ritorno. Nei mesi più freddi, con il paese barricato in casa, prima che faccia buio ha già consumato un terzo della merce esposta. Sulle quattro casse di frutta vuote e accatastate che compongono il suo banchetto, nella settimana che precede una festa di paese, compare sempre qualche fuoco d'artificio di contrabbando. Va a bere, periodicamente, in ognuno dei bar del paese e guadagna quel tanto che basta per non avere mai più di due mesi di bevute a credito.
Emigrato in Canada, aveva trovato lavoro come operaio di fabbrica. Una vita di risparmi e il ritorno, per comprare una casa e aprire un'attività cui dare il proprio nome. Era andata male. Neanche con i soldi della vendita della casa era riuscito ad evitare il disastro.
Adesso vive in una stanza dell'ultima locanda rimasta in paese. Antonio Riperi, un suo vecchio amico di infanzia e commerciante, uno che al cinematografo non si perde una pellicola western, ha preso a chiamarlo "il vecchio Lu". I figli di Riperi, ripetendo quanto sentito in casa, lo evocano nei loro giochi di cortile come il "vecchiulu". Per uno di quegli oscuri moti interni alla lingua dialettale, è diventato il suo vero nome. Anzi, il vecchiulu non è più solo l'anziano ambulante della piazza, ma definisce con precisione un modo di essere. Se uno degli adolescenti del paese, in uno scontato accesso di malinconia, si rintana in casa e non ne vuole più sapere di uscire, i suoi amici lo esortano al ritorno alla vita sociale dicendogli: "Forza, non fare il vecchiulu!".
Il futuro è già inevitabile; l'unico potere di cambiamento che ci è concesso è quello sopra gli eventi che appartengono al passato. Loverflow è la parola in codice per dire che è possibile dare vero piacere solo a chi non si ha paura di far male.
11 maggio 2007
Reincarnazione di un vegetariano
Io credo che la totale prevedibilità del mondo verrà un giorno ad accoltellarmi nel mio letto e mi troveranno così, morto affogato in me fuoriuscito.
M'immagino una storia di onore e combattimenti tra le coccinelle rosse con i punti neri contro le coccinelle nere con i punti rossi.
Le coccinelle hanno il coccige?
"Tutte le morti, ad un certo punto, contemplano l'arresto cardiaco"
"Ma io ti voglio bene"
"Tu confondi causa ed affetto"
Il racconto di quello che accadde dopo la fine.
Hai presente quando in una giornata di vento, al mare, si vedono gabbiani in cielo e sembrano immobili? Volano, eppure non si spostano di un metro, nè avanti nè indietro. Traboccano di sicura calma. Ecco, io vorrei stare così.
(era per MCp)
"Come vuoi che ti rimanga la cicatrice?"
"Per favore, circolare"
Il resto non lo posso dire. So solo che non lo voglio fare. Ne voglio uscire dissolto e levigato. Velleitario di quelli che lasciano le ustioni più gravi. Con la pelle accartocciata e che non si parli di animali da cortile. Oggi bevendo nuovamente glicerina non sentirei un cazzo di niente. E quella stazione della metro di parigi, e quel vagone. Non so quale dei due stia frenando, ma quella nota la riconoscerei tra mille, figuriamoci tra 7. E il cancello di casa tua che fa lo stesso rumore della intro di una canzone dei Cure. Pizzicore commovente, certo. Ma non mi vedrete mai con le lacrime agli occhi. Sulla lingua, forse. Il mio apparire e scomparire fumoso sarebbe dovuto venire alla maniera dei prodigi della pirotecnia, invece è una cazzata. Vino e foschie, trova la parola di mezzo. Oggi non riesco a infilarmi i guanti, non è incredibile? Ecco un aristocratico capezzolo da cui succhiare il lattice. Ora scrivo di quella vecchina che passa per il quartiere piegata in due nelle sue deformità, a passi piccolissimi e serratissimi, con le buste della spesa sempre azzurre e sul capo un fazzoletto sempre livido. Ora scrivo che un giorno sarà morta e io non la vedrò più passare e semplicemente non ci penserò più. Ora scrivo di come mi fa sentire amaro e apatico e farsesco. Ora vorrei riuscire a dire che il mio concetto di decenza è andare via in silenzio.
M'immagino una storia di onore e combattimenti tra le coccinelle rosse con i punti neri contro le coccinelle nere con i punti rossi.
Le coccinelle hanno il coccige?
"Tutte le morti, ad un certo punto, contemplano l'arresto cardiaco"
"Ma io ti voglio bene"
"Tu confondi causa ed affetto"
Il racconto di quello che accadde dopo la fine.
Hai presente quando in una giornata di vento, al mare, si vedono gabbiani in cielo e sembrano immobili? Volano, eppure non si spostano di un metro, nè avanti nè indietro. Traboccano di sicura calma. Ecco, io vorrei stare così.
(era per MCp)
"Come vuoi che ti rimanga la cicatrice?"
"Per favore, circolare"
Il resto non lo posso dire. So solo che non lo voglio fare. Ne voglio uscire dissolto e levigato. Velleitario di quelli che lasciano le ustioni più gravi. Con la pelle accartocciata e che non si parli di animali da cortile. Oggi bevendo nuovamente glicerina non sentirei un cazzo di niente. E quella stazione della metro di parigi, e quel vagone. Non so quale dei due stia frenando, ma quella nota la riconoscerei tra mille, figuriamoci tra 7. E il cancello di casa tua che fa lo stesso rumore della intro di una canzone dei Cure. Pizzicore commovente, certo. Ma non mi vedrete mai con le lacrime agli occhi. Sulla lingua, forse. Il mio apparire e scomparire fumoso sarebbe dovuto venire alla maniera dei prodigi della pirotecnia, invece è una cazzata. Vino e foschie, trova la parola di mezzo. Oggi non riesco a infilarmi i guanti, non è incredibile? Ecco un aristocratico capezzolo da cui succhiare il lattice. Ora scrivo di quella vecchina che passa per il quartiere piegata in due nelle sue deformità, a passi piccolissimi e serratissimi, con le buste della spesa sempre azzurre e sul capo un fazzoletto sempre livido. Ora scrivo che un giorno sarà morta e io non la vedrò più passare e semplicemente non ci penserò più. Ora scrivo di come mi fa sentire amaro e apatico e farsesco. Ora vorrei riuscire a dire che il mio concetto di decenza è andare via in silenzio.
06 maggio 2007
Diaria delle eresie. Di aria.
A volte facciamo innocue concessioni alla lingua anglosassone.
"We came, we played, we drifted away"
E' una prigionia che fa il solletico, tra pezzi di pane nero e sorsate d'acqua torbida. Anche per divenire pazzo ho bisogno di certi rintocchi, di quelli lontani, di quelli che arrivano dal di là del mare; nel frattempo, una piccola scultura. Intaglio e scolpisco, mio proprio ed unico capolavoro. "Ma sono i tuoi denti!". Perfetto, e adesso ogni morso è un filo di dolore che parte dalla base del collo e rincula fino alla schiena ultima. Ogni pasto che mi ha reso più concretamente mortale non sarebbe dovuto passare inosservato, e non oserà più.
Si è fatta ancora una volta viva, quella sensazione. Siamo tutti in piedi, in cerchio. A turno si parla, e ciascuno si sforza di tenere il silenzio fuori dal giro. Il meglio di sè in una circostanza sociale. Circostanza, in cerchio stanti. Una mostra guidata nella brillantezza, le spiritosaggini, quale inoffensiva piacevolezza. Peccato che io me ne stia sopra le nostre teste a spiarci. Ovviamente io non faccio parte di tutto questo. Ovviamente, perchè non posso stare nel cerchio e sopra il cerchio contemporaneamente. E io preferisco che il mio punto di vista se ne vada a fare un giro fuori di me e poi torni a raccontarmi com'è il mondo di lato. Non è come essere l'anello debole di una catena, ma più il dente mancante di un ingranaggio: il meccanismo procede ugualmente, i denti prima e dopo di me sopperiscono alla mia assenza, lo spettacolo non si ferma. Non c'è danno, tranne che nella perduta simmetria radiale. Mi sento in colpa perchè mi sto perdendo qualcosa o perchè non mi importa veramente? Mi basta guardarli in volto, uno ad uno, per avere la stupida certezza di conoscere cosa gli passa per la mente. Vi ho studiato, sapete? Sono stato ciascuno di voi, nei miei sogni forse. Riesco a prevedere le vostre mosse. So su quale piede poggerete il peso del vostro corpo. So chi guarderete quando parlerete di un certo argomento. So come terrete occupate le mani. Più di tutto, conosco i desideri che non avete il coraggio di esprimivermi e l'architettura di bugie che vi imboccate per credere di vivere un'esistenza coerente. Perfettamente conscio che non c'è niente di vero in tutto ciò. Ma questo è il mio castello. L'ho costruito io e saprei resisterci ad un assedio lungo un lustro. Fin nei minimi particolari, progettato per non lasciarmi entrare.
"We came, we played, we drifted away"
E' una prigionia che fa il solletico, tra pezzi di pane nero e sorsate d'acqua torbida. Anche per divenire pazzo ho bisogno di certi rintocchi, di quelli lontani, di quelli che arrivano dal di là del mare; nel frattempo, una piccola scultura. Intaglio e scolpisco, mio proprio ed unico capolavoro. "Ma sono i tuoi denti!". Perfetto, e adesso ogni morso è un filo di dolore che parte dalla base del collo e rincula fino alla schiena ultima. Ogni pasto che mi ha reso più concretamente mortale non sarebbe dovuto passare inosservato, e non oserà più.
Si è fatta ancora una volta viva, quella sensazione. Siamo tutti in piedi, in cerchio. A turno si parla, e ciascuno si sforza di tenere il silenzio fuori dal giro. Il meglio di sè in una circostanza sociale. Circostanza, in cerchio stanti. Una mostra guidata nella brillantezza, le spiritosaggini, quale inoffensiva piacevolezza. Peccato che io me ne stia sopra le nostre teste a spiarci. Ovviamente io non faccio parte di tutto questo. Ovviamente, perchè non posso stare nel cerchio e sopra il cerchio contemporaneamente. E io preferisco che il mio punto di vista se ne vada a fare un giro fuori di me e poi torni a raccontarmi com'è il mondo di lato. Non è come essere l'anello debole di una catena, ma più il dente mancante di un ingranaggio: il meccanismo procede ugualmente, i denti prima e dopo di me sopperiscono alla mia assenza, lo spettacolo non si ferma. Non c'è danno, tranne che nella perduta simmetria radiale. Mi sento in colpa perchè mi sto perdendo qualcosa o perchè non mi importa veramente? Mi basta guardarli in volto, uno ad uno, per avere la stupida certezza di conoscere cosa gli passa per la mente. Vi ho studiato, sapete? Sono stato ciascuno di voi, nei miei sogni forse. Riesco a prevedere le vostre mosse. So su quale piede poggerete il peso del vostro corpo. So chi guarderete quando parlerete di un certo argomento. So come terrete occupate le mani. Più di tutto, conosco i desideri che non avete il coraggio di esprimivermi e l'architettura di bugie che vi imboccate per credere di vivere un'esistenza coerente. Perfettamente conscio che non c'è niente di vero in tutto ciò. Ma questo è il mio castello. L'ho costruito io e saprei resisterci ad un assedio lungo un lustro. Fin nei minimi particolari, progettato per non lasciarmi entrare.
29 aprile 2007
Le peripezie di Feticcio e Malmostoso
"Ti andrebbe di sfilarmi le scarpe?"
Ed io che neanche avevo cercato le parole.
Era una festa, era sabato ed era pieno di streghe. Io continuavo a fissare la strega più strana di tutte.
Soddisfazioni e aspettative hanno il loro posto naturale dentro una cartellina in cartone con tanto di elastico, non dentro una mente.
Circondato da fonti, la luce emessa collassa tutto intorno e mi bagna le scarpe.
Il distacco emozionale sperimentato dalle villette schierate come un plotone d'esecuzione addosso al mare.
Non seguo un piano, non rotolo lungo un piano. la parola al groviglio: dice che faccio bene.
Lei alzava la mano e il gesto che stava per compiere avrebbe registrato il loro passaggio. "Non ce n'è bisogno" Lui le disse. Scesero alla fermata successiva, smarcando il controllo. Lanciandomi un riflesso di vecchiaia.
Sarebbe sconvolgente pensare ad una grazia che non scende dall'alto, ma evapora dalle spaccature del terreno e nella quale potremmo muovere le gambe come cucchiai in un piatto di minestra.
Occhi chiari su un volto poco attraente. Meritano una punizione.
Sostituire la morale con l'estetica. Accedere al tempo attraverso una scala graduata. Sotto il rosso si nasconde la sicurezza, oltre il violetto s'apre l'umanità.
Le dicevano: "Togli le mani dalla neve". Le dicevano: "Resterai assiderata". Lei pensava alle stelle.
E' facile. E' anche bizzarro. Può apparire superfluo. Puoi ignorarlo. Non puoi farlo arrabbiare. Si lascia disprezzare. Si lascia cadere. Si ripete e diventa amichevole. Nasconde una massa nera d'infinita oscurità. Ha preso tutto il nero di cui si circondava un tempo e lo ha compresso e messo là, che si appoggia al muscolo diaframmatico. Respirando forte riesce ancora ad evocarlo. Ci sono dei brividi, come quelli che si provano sotto il sole d'agosto: toccare la massa glieli provoca. E lui, di tanto in tanto, tocca la propria massa, e trema. E' così che si costringe a non dimenticare.
Ed io che neanche avevo cercato le parole.
Era una festa, era sabato ed era pieno di streghe. Io continuavo a fissare la strega più strana di tutte.
Soddisfazioni e aspettative hanno il loro posto naturale dentro una cartellina in cartone con tanto di elastico, non dentro una mente.
Circondato da fonti, la luce emessa collassa tutto intorno e mi bagna le scarpe.
Il distacco emozionale sperimentato dalle villette schierate come un plotone d'esecuzione addosso al mare.
Non seguo un piano, non rotolo lungo un piano. la parola al groviglio: dice che faccio bene.
Lei alzava la mano e il gesto che stava per compiere avrebbe registrato il loro passaggio. "Non ce n'è bisogno" Lui le disse. Scesero alla fermata successiva, smarcando il controllo. Lanciandomi un riflesso di vecchiaia.
Sarebbe sconvolgente pensare ad una grazia che non scende dall'alto, ma evapora dalle spaccature del terreno e nella quale potremmo muovere le gambe come cucchiai in un piatto di minestra.
Occhi chiari su un volto poco attraente. Meritano una punizione.
Sostituire la morale con l'estetica. Accedere al tempo attraverso una scala graduata. Sotto il rosso si nasconde la sicurezza, oltre il violetto s'apre l'umanità.
Le dicevano: "Togli le mani dalla neve". Le dicevano: "Resterai assiderata". Lei pensava alle stelle.
E' facile. E' anche bizzarro. Può apparire superfluo. Puoi ignorarlo. Non puoi farlo arrabbiare. Si lascia disprezzare. Si lascia cadere. Si ripete e diventa amichevole. Nasconde una massa nera d'infinita oscurità. Ha preso tutto il nero di cui si circondava un tempo e lo ha compresso e messo là, che si appoggia al muscolo diaframmatico. Respirando forte riesce ancora ad evocarlo. Ci sono dei brividi, come quelli che si provano sotto il sole d'agosto: toccare la massa glieli provoca. E lui, di tanto in tanto, tocca la propria massa, e trema. E' così che si costringe a non dimenticare.
23 aprile 2007
che s'è costretti, lo schifo, ad esalare
"Non ce la faccio", a denti serrati, con la fronte tumefatta dal dolore, avvolta nel sudore, i capelli incollati alle tempie. Contrazioni sempre più frequenti, accecanti e insostenibili.
"Neanche io", trascinando le parole, riverso, bevuto fino al cielo, bruciato dall'alcol e dalla nausea anche nello spazio tra i muscoli e le ossa.
E poi c'è il cane. Bello, alto, bianco, un bastardo a metà strada tra levriero e pastore maremmano. Sguardo intelligente, gli occhi come quelli di Liz Taylor, il ciuffo di James Dean. Il cane sta trascinando lo schifo di materasso su cui sono buttati entrambi. Cinque centimetri al minuto, verso il centro della strada. Ci vuole una piccola pausa per pensare ad un luogo peggiore, più sporco, in cui far nascere un bambino.
Nessuno dei tre, nessuno dei quattro, che possa mettere a fuoco un pensiero in questo momento. Se deve colmarsi la misura, questo è l'istante perfetto. Che finisca come deve finire, ma che finisca adesso.
-Perchè non hai più chiamato?
-Cosa?!? Avrei forse dovuto?
-Beh, sei tu che mi hai chiesto il numero, o no?
-Esatto
-Cosa lo hai preso a fare, allora?
-Per risentirti, mi pare ovvio.
-Eppure non hai richiamato...
-Non credevo ci fosse una data di scadenza.
-Certo sei proprio un bel tipo, tu. Mi sei stato addosso tutta la serata, praticamente ignorando tutti i presenti: e già il giorno dopo, come non esistessi.
-Ti sbagli, non mi sono dimenticato di te; e certamente ti ho pensata.
-Faresti prima ad ammettere che non ti andava di richiamare...
-In parte hai ragione. Vedi: appena qualcosa mi si profila davanti come un obbligo, io divento di pessimo umore. Dalla mattina dopo la volta che ci siamo incontrati, ho iniziato a pensare "forse dovrei richiamarla" e mi è subito sembrata un'azione poco spontanea. Sono rimasto per giorni a oscillare tra la voglia di risentirti e il desiderio di non fare qualcosa per il semplice motivo che "va fatto".
-E sei anche strano forte. Lo sai che io non pensato a tutto questo, ma solo che non intendevi più voler a che fare con me? A chiunque sarebbe apparso evidente che io sono stata il passatempo di una serata. Ti annoiavi e hai trovato qualcuno con cui flirtare un po'.
-Solo se ci vogliamo fermare alla apparenze. E' un po' più complicato di così.
-No, guarda, non è complicato per niente. A me sembra palese. Ti va di rivederci, mi chiami; se non ti va, allora non chiami. Non hai chiamato, quindi non ti andava.
-Non dovresti giudicarmi in base alle mie presunte intenzioni.
-Infatti lo sto facendo sulla base delle tue assunte azioni. Una settimana di silenzio.
-Mi spiace che il mio comportamento ti abbia dato da pensare. Comunque credo ancora di non aver fatto nulla di così grave, che, se deve nascere qualcosa, lo farà anche se scompaio dalla faccia della terra per qualche giorno.
-Ma come potevi aspettarti che io fossi già a conoscenza del modo in cui sei fatto, di questo tuo modo di comportarti? Avresti potuto darmi almeno una piccola spiegazione. Sai che sforzo dire: "faccio qualcosa che potrà apparire maleducato, ma so che tu capirai". Mi avrebbe aiutato a sentirmi meno stupida.
(termina così questo dialogo, privo di una vera) Fine
"Neanche io", trascinando le parole, riverso, bevuto fino al cielo, bruciato dall'alcol e dalla nausea anche nello spazio tra i muscoli e le ossa.
E poi c'è il cane. Bello, alto, bianco, un bastardo a metà strada tra levriero e pastore maremmano. Sguardo intelligente, gli occhi come quelli di Liz Taylor, il ciuffo di James Dean. Il cane sta trascinando lo schifo di materasso su cui sono buttati entrambi. Cinque centimetri al minuto, verso il centro della strada. Ci vuole una piccola pausa per pensare ad un luogo peggiore, più sporco, in cui far nascere un bambino.
Nessuno dei tre, nessuno dei quattro, che possa mettere a fuoco un pensiero in questo momento. Se deve colmarsi la misura, questo è l'istante perfetto. Che finisca come deve finire, ma che finisca adesso.
-Perchè non hai più chiamato?
-Cosa?!? Avrei forse dovuto?
-Beh, sei tu che mi hai chiesto il numero, o no?
-Esatto
-Cosa lo hai preso a fare, allora?
-Per risentirti, mi pare ovvio.
-Eppure non hai richiamato...
-Non credevo ci fosse una data di scadenza.
-Certo sei proprio un bel tipo, tu. Mi sei stato addosso tutta la serata, praticamente ignorando tutti i presenti: e già il giorno dopo, come non esistessi.
-Ti sbagli, non mi sono dimenticato di te; e certamente ti ho pensata.
-Faresti prima ad ammettere che non ti andava di richiamare...
-In parte hai ragione. Vedi: appena qualcosa mi si profila davanti come un obbligo, io divento di pessimo umore. Dalla mattina dopo la volta che ci siamo incontrati, ho iniziato a pensare "forse dovrei richiamarla" e mi è subito sembrata un'azione poco spontanea. Sono rimasto per giorni a oscillare tra la voglia di risentirti e il desiderio di non fare qualcosa per il semplice motivo che "va fatto".
-E sei anche strano forte. Lo sai che io non pensato a tutto questo, ma solo che non intendevi più voler a che fare con me? A chiunque sarebbe apparso evidente che io sono stata il passatempo di una serata. Ti annoiavi e hai trovato qualcuno con cui flirtare un po'.
-Solo se ci vogliamo fermare alla apparenze. E' un po' più complicato di così.
-No, guarda, non è complicato per niente. A me sembra palese. Ti va di rivederci, mi chiami; se non ti va, allora non chiami. Non hai chiamato, quindi non ti andava.
-Non dovresti giudicarmi in base alle mie presunte intenzioni.
-Infatti lo sto facendo sulla base delle tue assunte azioni. Una settimana di silenzio.
-Mi spiace che il mio comportamento ti abbia dato da pensare. Comunque credo ancora di non aver fatto nulla di così grave, che, se deve nascere qualcosa, lo farà anche se scompaio dalla faccia della terra per qualche giorno.
-Ma come potevi aspettarti che io fossi già a conoscenza del modo in cui sei fatto, di questo tuo modo di comportarti? Avresti potuto darmi almeno una piccola spiegazione. Sai che sforzo dire: "faccio qualcosa che potrà apparire maleducato, ma so che tu capirai". Mi avrebbe aiutato a sentirmi meno stupida.
(termina così questo dialogo, privo di una vera) Fine
19 aprile 2007
Breve guida pratica alla felicità scritta in una familiare e convincente seconda persona
Solo due righe per introdurre l'argomento. Non è intenzione di questa guida fornire una definizione o una mappa dettagliata della felicità. L'autore ritiene che ogni lettore conservi la propria nozione di "sono felice" e "non sono felice" e sia in ogni momento ben conscio in quale si trovi. Si cercheranno allora piccoli accorgimenti pratici per minimizzare la percezione del tempo nei momenti di non felicità.
1) Guarda molta televisione
Ricorda: la tua mente è tua nemica. Ogni pensiero formulato equivale ad un possibile momento di felicità che non tornerà mai più. Ti interessa veramente perderne altri? Ognuno di noi, per vivere, ha bisogno di un modello della realtà con il quale fare i conti. La televisione te ne fornisce uno già bello e confenzionato, facile da digerire, senza chiederti nulla in cambio e senza il bisogno di alcuno sforzo critico. Inoltre la potenza ipnotica dei suoni sincronizzati alle immagini in movimento è in grado di alienarti da ogni percezione dolorosa proveniente dalla realtà. (Sostanze psicotrope -alcol, droghe, frittura di pesce- sono promosse come accettabili sostituti del tubo catodico)
2) Leggi il meno possibile ed evita di frequentare persone che non la pensino come te
Non dimenticare: la tua mente è tua nemica. Ora che hai creato la tua fortezza di certezze, non lasciare che qualcosa o qualcuno insinui in te il dubbio. Il mondo è pieno di egoisti che cercano di allontanarti dalla tua felicità per godere della loro. Non permettergli di farti credere che se ci rifletterai su, la tua vita migliorerà. Semplicemente non è vero.
3) Tratta le persone come se non avessero sentimenti
L'empatia è una cosa per mammolette. L'unica cosa che ottieni cercando di metterti nei panni altrui è di soffrire senza motivo quando anche loro soffrono. Al contrario non ha mai funzionato. Quando loro sono felici, si dimenticano di te e tu non riesci a condividere la loro felicità. E, dopo tutto, perchè dovrebbe importartene? Cosa hanno fatto loro per te? Pensi che ci sia qualcuno cui importi se tu sei felice o meno? Là fuori è una giungla, cerca di cavartela e lascia che gli altri se le cavino da soli.
4) Vesti come la maggioranza, parla come la maggioranza, pensa come la maggioranza
Questa è una tecnica che comporta diversi vantaggi. Primo, ti permette di essere accettato facilmente dalla tua comunità, nessuno sarà spaventato da qualche tua possibile diversità. Comunicherai agli altri un'idea di familiarità che incrementerà notevolemente la tua riuscita in campo sociale. Secondo, gli altri ti saranno inconsciamente grati, poichè grazie al tuo comportamento uniforme non intaccherai il loro sistema di certezze (vedi punto uno). Terzo, non avrai bisogno di mettere in moto la mente per compiere scelte, che siano quotidiane o di vita: fa' in ogni circostanza quello che farebbero gli altri e andrai diritto e a colpo sicuro.
5) Cura il tuo aspetto e l'apparenza in modo maniacale
Dare più importanza alla forma che alla sostanza è un passaggio chiave. La maggioranza (4) ti indicherà come muoverti e tu dovrai seguirla alla perfezione. Dovrà diventare la cosa più importante della tua vita e l'unica a cui presterai vera attenzione. Nel momento in cui cosa indossare in una certa situazione diventa più importante della situazione stessa, sappi che sei sulla strada giusta verso la felicità assoluta. E fai attenzione: chiunque ti accusi di essere una persona superficiale è qualcuno da cui tenersi alla larga.
6) Scegli sempre la strada più facile
Non farti scrupoli, è così comodo! Facciamo qualche esempio: Sei accusato di un delitto grave? Da' la colpa del tuo comportamento alla società, tanto lei non potrà difendersi! Sei a cena fuori con una ragazza e sei a corto di argomenti? Falla ridere prendendo in giro le persone meno attraenti di lei, parla malignamente alle spalle degli altri, prenditela gratuitamente con una minoranza qualsiasi oppure metti in ridicolo chi è diverso da voi: lei resterà affascinata! Hai dei problemi di coscienza? Ci sono tante religioni che si offrono di ripulirtela in cambio di una misera ora a settimana da passare seduto su una panca di legno e di una piccola offerta in denaro. Non ti sembra un'offerta troppo vantaggiosa per poterla rifiutare?
1) Guarda molta televisione
Ricorda: la tua mente è tua nemica. Ogni pensiero formulato equivale ad un possibile momento di felicità che non tornerà mai più. Ti interessa veramente perderne altri? Ognuno di noi, per vivere, ha bisogno di un modello della realtà con il quale fare i conti. La televisione te ne fornisce uno già bello e confenzionato, facile da digerire, senza chiederti nulla in cambio e senza il bisogno di alcuno sforzo critico. Inoltre la potenza ipnotica dei suoni sincronizzati alle immagini in movimento è in grado di alienarti da ogni percezione dolorosa proveniente dalla realtà. (Sostanze psicotrope -alcol, droghe, frittura di pesce- sono promosse come accettabili sostituti del tubo catodico)
2) Leggi il meno possibile ed evita di frequentare persone che non la pensino come te
Non dimenticare: la tua mente è tua nemica. Ora che hai creato la tua fortezza di certezze, non lasciare che qualcosa o qualcuno insinui in te il dubbio. Il mondo è pieno di egoisti che cercano di allontanarti dalla tua felicità per godere della loro. Non permettergli di farti credere che se ci rifletterai su, la tua vita migliorerà. Semplicemente non è vero.
3) Tratta le persone come se non avessero sentimenti
L'empatia è una cosa per mammolette. L'unica cosa che ottieni cercando di metterti nei panni altrui è di soffrire senza motivo quando anche loro soffrono. Al contrario non ha mai funzionato. Quando loro sono felici, si dimenticano di te e tu non riesci a condividere la loro felicità. E, dopo tutto, perchè dovrebbe importartene? Cosa hanno fatto loro per te? Pensi che ci sia qualcuno cui importi se tu sei felice o meno? Là fuori è una giungla, cerca di cavartela e lascia che gli altri se le cavino da soli.
4) Vesti come la maggioranza, parla come la maggioranza, pensa come la maggioranza
Questa è una tecnica che comporta diversi vantaggi. Primo, ti permette di essere accettato facilmente dalla tua comunità, nessuno sarà spaventato da qualche tua possibile diversità. Comunicherai agli altri un'idea di familiarità che incrementerà notevolemente la tua riuscita in campo sociale. Secondo, gli altri ti saranno inconsciamente grati, poichè grazie al tuo comportamento uniforme non intaccherai il loro sistema di certezze (vedi punto uno). Terzo, non avrai bisogno di mettere in moto la mente per compiere scelte, che siano quotidiane o di vita: fa' in ogni circostanza quello che farebbero gli altri e andrai diritto e a colpo sicuro.
5) Cura il tuo aspetto e l'apparenza in modo maniacale
Dare più importanza alla forma che alla sostanza è un passaggio chiave. La maggioranza (4) ti indicherà come muoverti e tu dovrai seguirla alla perfezione. Dovrà diventare la cosa più importante della tua vita e l'unica a cui presterai vera attenzione. Nel momento in cui cosa indossare in una certa situazione diventa più importante della situazione stessa, sappi che sei sulla strada giusta verso la felicità assoluta. E fai attenzione: chiunque ti accusi di essere una persona superficiale è qualcuno da cui tenersi alla larga.
6) Scegli sempre la strada più facile
Non farti scrupoli, è così comodo! Facciamo qualche esempio: Sei accusato di un delitto grave? Da' la colpa del tuo comportamento alla società, tanto lei non potrà difendersi! Sei a cena fuori con una ragazza e sei a corto di argomenti? Falla ridere prendendo in giro le persone meno attraenti di lei, parla malignamente alle spalle degli altri, prenditela gratuitamente con una minoranza qualsiasi oppure metti in ridicolo chi è diverso da voi: lei resterà affascinata! Hai dei problemi di coscienza? Ci sono tante religioni che si offrono di ripulirtela in cambio di una misera ora a settimana da passare seduto su una panca di legno e di una piccola offerta in denaro. Non ti sembra un'offerta troppo vantaggiosa per poterla rifiutare?
15 aprile 2007
Fin da bambino ho bevuto in bicchieri tetradecagonici
Nella sala d'aspetto di un ufficio comunale, sto seduto sopra una panchina di legno compensato e ferro verniciato nero. L'ufficio è chiuso ed io non sto aspettando il mio turno. Le gambe leggermente divaricate, i gomiti appoggiati sopra le ginocchia, la testa tra le mani, le dita tra i capelli, gli occhi chiusi. Contro il muro alla mia destra, riposa un distributore automatico di bibite calde e snack. All'improvviso si mette a vibrare rumorosamente; deve essere il compressore interno che si rimette in moto, servirà a mantenere la corretta temperatura interna. Faccio lo stesso anch'io. Cerco di scuotermi, restando immobile. Ho bisogno di ridare la giusta temperatura ai miei pensieri.
Lo guardo, esso inerme. Dentro, in bella fila, merendine che non avevo mai visto. Non so perchè, mi sembra ci sia un ordine sbagliato in quello che vedo. Il cibo mi è sempre sembrato anarchico, senza regole, accatastato, puzzolente, organico. Ora sembra la falange in formazione di un esercito macedone. La sua disposizione non è naturale. C'è una fila però, che ammicca nella mia direzione. Le schiacciatine al rosmarino. Come al liceo. Ci penso un po' su. 35 centesimi. Ci penso un altro po' su. A28. Infilo la mano in tasca, dove so di trovare qualche monetina (è tutta la mattina che tintinnano là dentro, tenendo il ritmo di ogni mio passo (una seconda parentesi ci vuole, anche solo per dire che è un blues)).
In tasca tocco anche un pezzo di cartoncino spiegazzato. Lo tiro fuori. E' il biglietto di un concerto. Devo essermelo dimenticato: di solito li ripongo tutti insieme, visto che mi piace conservarli. Non c'è scritto di chi sia il concerto, in compenso riporta luogo e data.
Chiedo che sia messo agli atti come prova, Vostro Onore.
Per un istante il termometro scende sotto lo zero, e tutto torna freddo e immobile e vuoto.
L'istante dopo c'è solo una pallina di carta, sul fondo di un cestino dei rifiuti, a far compagnia a bicchierini di plastica, sporchi di caffè istantaneo, e ricordi indesiderati.
Inserire
l'importo,
scegliere il
prodotto
e premere
il pulsante.
50 cent, 20 cent.
Eseguo.
Un meccanismo a vite compie due rotazioni complete intorno al proprio asse, lasciando cadere due confezioni (mi ricorda un'illustrazione della vite di Archimede di Siracusa, quella per sollevare l'acqua). Il rumore dei biscotti che si spaccano è meno acuto di quanto mi aspettassi, sarà per colpa del vetro divisorio. Non ho per niente voglia di mangiarle ora, e allora le infilo nella tasca della giacca. Ecco, proprio adesso non è il mio turno, non stanno chiamando il mio numero. E' meglio che mi dia una mossa.
Lo guardo, esso inerme. Dentro, in bella fila, merendine che non avevo mai visto. Non so perchè, mi sembra ci sia un ordine sbagliato in quello che vedo. Il cibo mi è sempre sembrato anarchico, senza regole, accatastato, puzzolente, organico. Ora sembra la falange in formazione di un esercito macedone. La sua disposizione non è naturale. C'è una fila però, che ammicca nella mia direzione. Le schiacciatine al rosmarino. Come al liceo. Ci penso un po' su. 35 centesimi. Ci penso un altro po' su. A28. Infilo la mano in tasca, dove so di trovare qualche monetina (è tutta la mattina che tintinnano là dentro, tenendo il ritmo di ogni mio passo (una seconda parentesi ci vuole, anche solo per dire che è un blues)).
In tasca tocco anche un pezzo di cartoncino spiegazzato. Lo tiro fuori. E' il biglietto di un concerto. Devo essermelo dimenticato: di solito li ripongo tutti insieme, visto che mi piace conservarli. Non c'è scritto di chi sia il concerto, in compenso riporta luogo e data.
Chiedo che sia messo agli atti come prova, Vostro Onore.
Per un istante il termometro scende sotto lo zero, e tutto torna freddo e immobile e vuoto.
L'istante dopo c'è solo una pallina di carta, sul fondo di un cestino dei rifiuti, a far compagnia a bicchierini di plastica, sporchi di caffè istantaneo, e ricordi indesiderati.
Inserire
l'importo,
scegliere il
prodotto
e premere
il pulsante.
50 cent, 20 cent.
Eseguo.
Un meccanismo a vite compie due rotazioni complete intorno al proprio asse, lasciando cadere due confezioni (mi ricorda un'illustrazione della vite di Archimede di Siracusa, quella per sollevare l'acqua). Il rumore dei biscotti che si spaccano è meno acuto di quanto mi aspettassi, sarà per colpa del vetro divisorio. Non ho per niente voglia di mangiarle ora, e allora le infilo nella tasca della giacca. Ecco, proprio adesso non è il mio turno, non stanno chiamando il mio numero. E' meglio che mi dia una mossa.
07 aprile 2007
Candido, o dell'ammorbidente
Mi piacerebbe sapere come si sposta Alessandro Baricco. Ha una macchina? E che modello? Ha un autista? Si fa accompagnare? Usa l'autobus, o magari va in bicicletta? Prende la metro? Quando si sposta da una città all'altra, viaggia in aereo oppure preferisce il treno? Perchè dal modo in cui racconta le storie si vede che ha un rapporto atipico con le persone. E il modo con cui creiamo relazioni con le persone passa attraverso la gente che incontriamo o con cui veniamo in contatto sui mezzi di locomozione. E io sto ancora cercando di capire se i suoi sono personaggi poetici descritti prosaicamente o l'inverso.
Mi piacerebbe anche vedere come si muove Miss R. Come tiene le spalle quando cammina, insieme alle mani e alla testa. Come guarda gli oggetti e come guarda le persone. Come tiene in mano un bicchiere e lo avvicina alla bocca. Quale strada percorre la sua faccia quando parte da un sorriso e arriva alla maschera della serietà. Quanto dura un suo batter d'occhi. Dove guarda, quando è inquadrata da una telecamera. Se arrossisce. E' un'ossessione passeggera. Completamente asettica. Nessun danno arrecato. Quando gli osservatori rientrano nella casistica della normalità, uno zoo mostra le sbarre come i denti dell'atrocità personificata. Il contrario è il contratto che sono pronto a stipulare per garantire l'incolumità delle mie cavie.
E poi mi piacerebbe perdere la testa. Ridere in faccia al mio ultimo confessore e inginocchiarmi sul legno del patibolo. Ah ci sono agevoli istruzioni: "Infilare la testa nell'apposita fessura". C'è un bambino, tra la folla, che non riesce a tenere gli occhi aperti. La causa è il sole che si riflette accecante sulla lama, mia prossima decapitatrice. E' così bella e pulita e affilata che vien voglia di leccarla o sentirne in filo contro una guancia ispida. Come quella volta, che contro quell'asse da cui spuntavano tre chiodi arrugginiti, spinsi la mano atrocemente e la trapassai e puntualizzai la volontà di dolore e toccai un pensiero intoccabile con un'azione tabù. Eccola, scende. E' gelida ed è solo un attimo. Cade in un cesto e si macchia di sangue arterioso. La grottesca sede del mio Io. Anche se adesso sono un fontanile vandalizzato e arrugginito. Che liberazione. Tutta la vita con questa grumo carnifero che mi pende dal collo e non accenna a guarire. Metastatico, metafisicoideo, metà stitico. La mia impiccagione orizzontale e simbolica. Sotto quest'albero, non cresceranno margherite.
Mi piacerebbe anche vedere come si muove Miss R. Come tiene le spalle quando cammina, insieme alle mani e alla testa. Come guarda gli oggetti e come guarda le persone. Come tiene in mano un bicchiere e lo avvicina alla bocca. Quale strada percorre la sua faccia quando parte da un sorriso e arriva alla maschera della serietà. Quanto dura un suo batter d'occhi. Dove guarda, quando è inquadrata da una telecamera. Se arrossisce. E' un'ossessione passeggera. Completamente asettica. Nessun danno arrecato. Quando gli osservatori rientrano nella casistica della normalità, uno zoo mostra le sbarre come i denti dell'atrocità personificata. Il contrario è il contratto che sono pronto a stipulare per garantire l'incolumità delle mie cavie.
E poi mi piacerebbe perdere la testa. Ridere in faccia al mio ultimo confessore e inginocchiarmi sul legno del patibolo. Ah ci sono agevoli istruzioni: "Infilare la testa nell'apposita fessura". C'è un bambino, tra la folla, che non riesce a tenere gli occhi aperti. La causa è il sole che si riflette accecante sulla lama, mia prossima decapitatrice. E' così bella e pulita e affilata che vien voglia di leccarla o sentirne in filo contro una guancia ispida. Come quella volta, che contro quell'asse da cui spuntavano tre chiodi arrugginiti, spinsi la mano atrocemente e la trapassai e puntualizzai la volontà di dolore e toccai un pensiero intoccabile con un'azione tabù. Eccola, scende. E' gelida ed è solo un attimo. Cade in un cesto e si macchia di sangue arterioso. La grottesca sede del mio Io. Anche se adesso sono un fontanile vandalizzato e arrugginito. Che liberazione. Tutta la vita con questa grumo carnifero che mi pende dal collo e non accenna a guarire. Metastatico, metafisicoideo, metà stitico. La mia impiccagione orizzontale e simbolica. Sotto quest'albero, non cresceranno margherite.
29 marzo 2007
Dell'aria me ne affogo
La storia strana di un uomo che uccide altri uomini
mansueto (qui ci va il grafico spaccato
di un vagone della metropolitana)
alla sua vittima tiene la testa sott'acqua per troppo
troppo tempo
con una mano gli paralizza le mani
con una mano gli somministra
il suo secondo ed ultimo battesimo
con le gambe gli blocca le gambe
con il corpo gli ammutolisce il corpo
"Non ci siamo mai visti prima di oggi
e solo io ti sto volendo veramente bene
adesso amico"
...
"Non sei contento di essere arrivato al
traguardo? Non ti interessa vedere com'è
da qui in poi? Ridi amico che ci sei quasi"
...
"Rimango concentrato sulla mia mano e sulla tua nuca
Rimango concentrato sulle tue vie di fuga
Rimango concentrato a soffocare i tuoi tentativi di fuga
Niente può minare la perfezione del mio gesto
Un errore ed io divento te e tu diventi me
Ed io non voglio essere come te,
mio sfortunato amico"
Io me ne sto dentro il mio buco
amanuense di cosa poi
scrivo il mio codex un paragrafo al giorno
sarà finito per quando avrò i miei capelli indietro
sarò finito per molto molto meno
Non sapevo cosa fare
Allora ho impresso la fronte contro il muro
Segue la corsa in ospedale
(sono arrivato terzo)
Mi hanno dato tre punti di riferimento
gentilissimi
I miei capelli per pennacchio
Le parole se ne stanno tutte buttate lì in terra, sparse e disordinate. Loro sono pesanti, vedo alcune brutte occhiate provenire dal gruppo dei sinonimi di "pesante". Io sono fiacco e svogliato. Piuttosto che raccoglierle ci cammino sopra a piedi nudi. Una si rompe e fa "croc", la guardo ed era infatti un pezzo di "accrocchio". Mi rimangono un paio di parole attaccate sotto i piedi, come "ferrita", "taghlio", "l'acerazione". Sono sporche di sangue, errori da matita rossa. Metto il piede sinistro sopra "incautamente" e con quello destro calpesto "scivolare". Un'altra parola si incastra tra quelle che ho già attaccate sotto i piedi, credo sia "tetano". Metto in fila mille parole e poi prendo la prima e la porto in fondo e ripeto ad libitum. Raccolgo "via" che è una parola piccolina e delicata e mi sta facilmente nel palmo della mano. Me la metto in tasca. Io e la processione di parole ce ne andiamo.
mansueto (qui ci va il grafico spaccato
di un vagone della metropolitana)
alla sua vittima tiene la testa sott'acqua per troppo
troppo tempo
con una mano gli paralizza le mani
con una mano gli somministra
il suo secondo ed ultimo battesimo
con le gambe gli blocca le gambe
con il corpo gli ammutolisce il corpo
"Non ci siamo mai visti prima di oggi
e solo io ti sto volendo veramente bene
adesso amico"
...
"Non sei contento di essere arrivato al
traguardo? Non ti interessa vedere com'è
da qui in poi? Ridi amico che ci sei quasi"
...
"Rimango concentrato sulla mia mano e sulla tua nuca
Rimango concentrato sulle tue vie di fuga
Rimango concentrato a soffocare i tuoi tentativi di fuga
Niente può minare la perfezione del mio gesto
Un errore ed io divento te e tu diventi me
Ed io non voglio essere come te,
mio sfortunato amico"
Io me ne sto dentro il mio buco
amanuense di cosa poi
scrivo il mio codex un paragrafo al giorno
sarà finito per quando avrò i miei capelli indietro
sarò finito per molto molto meno
Non sapevo cosa fare
Allora ho impresso la fronte contro il muro
Segue la corsa in ospedale
(sono arrivato terzo)
Mi hanno dato tre punti di riferimento
gentilissimi
I miei capelli per pennacchio
Le parole se ne stanno tutte buttate lì in terra, sparse e disordinate. Loro sono pesanti, vedo alcune brutte occhiate provenire dal gruppo dei sinonimi di "pesante". Io sono fiacco e svogliato. Piuttosto che raccoglierle ci cammino sopra a piedi nudi. Una si rompe e fa "croc", la guardo ed era infatti un pezzo di "accrocchio". Mi rimangono un paio di parole attaccate sotto i piedi, come "ferrita", "taghlio", "l'acerazione". Sono sporche di sangue, errori da matita rossa. Metto il piede sinistro sopra "incautamente" e con quello destro calpesto "scivolare". Un'altra parola si incastra tra quelle che ho già attaccate sotto i piedi, credo sia "tetano". Metto in fila mille parole e poi prendo la prima e la porto in fondo e ripeto ad libitum. Raccolgo "via" che è una parola piccolina e delicata e mi sta facilmente nel palmo della mano. Me la metto in tasca. Io e la processione di parole ce ne andiamo.
23 marzo 2007
La contingente lotta tra Qui e Adesso
Cavalcare tori meccanicistici.
Riprendere il controllo.
Leccare l'interno di una scarpa e salivare copiosamente.
Avere un occhio nero e uno bianco.
Spiare le grate metalliche da sottoterra.
Piantare stelle alpine nella steppa.
Assomigliare a Shirley Manson, ma con p+ù trasparenze.
Mappare la trasformazione da zebra a mucca e ritorno.
Rimanere seri al telefono.
Cancellarla di nuovo.
Gonfiare palloncini fino a quando fanno male le mascelle.
Mettere in fila il giallo, il magenta, il nero e il grigio azzurro.
Incrociare le braccia per sfruttare assieme il linguaggio del corpo e la psicologia inversa.
Parlare a cena del test di Turing.
Spiegare un acronimo.
Scrivere sulla schiena di qualcuno come fosse una tastiera.
Disturbare la percezione del proprio corpo con rombi ed ellissi, ma soprattutto rombi.
Credere di essere i primi ad immaginare la bicicletta con la retromarcia.
Filtrare la luce con della cartilagine, ad esempio dell'orecchio.
Trovare l'alfa e l'omega in una salsiccia abbrustolita, adagiata su un letto di purea di patate.
Indossare la compassione con criterio.
Mettersi nei panni di qualcuno che è nudo.
Trattare gli oggetti come persone.
Liberaci dal male, in cambio di 5 talebani.
Cowabungalow.
Aspettare la propria stazione avendo gli occhi verdi.
Affitta allo stomaco.
Soffitto di cipolle.
Perchè tra il sì e il no, vince il sì.
Ma con un colpo di coda, far vincere il no a tavolinetto. Divanolinetto. Diavolometto?
All'ego non basta una sedia, pretende un divano.
C'è un regista teatrale che si chiama con un certo nome, che è proprio il suo. Il suo più grande problema attualmente è una attrice teatrale, che anche lei ha un certo nome, ma che non è proprio solo il suo perchè lo stesso nome ce l'ha anche un'altra, che però non fa l'attrice, ma è teatrale lo stesso. Beh, c'è questa scena in cui l'attrice dal nome proprio comune deve infilare le mani in una cesta piena di segni e messaggi raccolti nei letti del mondo. Capelli, brandelli di pelle, sopracciglia, macchie di sangue, di sperma, di urina, di saliva, peli di gambe, pezzi di unghie. E l'attrice interpreta la scena sempre con disgusto. Il regista invece si aspetta meraviglia e delirio.
Tatuare nel braccio interno l'atlante delle tempeste, degli assiomi, dei fuochi d'artificio, delle crociere, delle inondazioni, dei fori nelle orecchie, dei liquori clandestini, delle funzioni d'onda, dei denti devitalizzati, della mineralizzazione, delle armi da fuoco da terra da acqua da aria, delle schiene incancrenite, degli errori di grammatica, dei capelli rossi, delle foto sparse sopra un tavolo da biliardo, delle vesti di marche che imitano altre marche più costose ma che non ti puoi permettere e che scuci e ricuci di notte per farle sembrare sempre diverse, della ruggine sulle portiere delle automobili, delle tecniche giapponesi per disegnare i gatti, dei ragni soffiati via dalle loro ragnatele, delle scale metalliche che collegano esternamente i piani di tutti e solo gli edifici rossi, dei finti mal di testa per non andare in cielo, delle scelte sbagliate nell'accostamento dei colori, nelle notti in cui la fase della luna non ha un nome, delle vignette politiche che non fanno ridere, dei disegni fatti cambiando la direzione della peluria sul velluto, dei decessi programmati con ottimistico anticipo.
C'era una volta una principessa, ma era morta due anni prima.
L'amore per la logica produce lussuria per la meccanica.
Riprendere il controllo.
Leccare l'interno di una scarpa e salivare copiosamente.
Avere un occhio nero e uno bianco.
Spiare le grate metalliche da sottoterra.
Piantare stelle alpine nella steppa.
Assomigliare a Shirley Manson, ma con p+ù trasparenze.
Mappare la trasformazione da zebra a mucca e ritorno.
Rimanere seri al telefono.
Cancellarla di nuovo.
Gonfiare palloncini fino a quando fanno male le mascelle.
Mettere in fila il giallo, il magenta, il nero e il grigio azzurro.
Incrociare le braccia per sfruttare assieme il linguaggio del corpo e la psicologia inversa.
Parlare a cena del test di Turing.
Spiegare un acronimo.
Scrivere sulla schiena di qualcuno come fosse una tastiera.
Disturbare la percezione del proprio corpo con rombi ed ellissi, ma soprattutto rombi.
Credere di essere i primi ad immaginare la bicicletta con la retromarcia.
Filtrare la luce con della cartilagine, ad esempio dell'orecchio.
Trovare l'alfa e l'omega in una salsiccia abbrustolita, adagiata su un letto di purea di patate.
Indossare la compassione con criterio.
Mettersi nei panni di qualcuno che è nudo.
Trattare gli oggetti come persone.
Liberaci dal male, in cambio di 5 talebani.
Cowabungalow.
Aspettare la propria stazione avendo gli occhi verdi.
Affitta allo stomaco.
Soffitto di cipolle.
Perchè tra il sì e il no, vince il sì.
Ma con un colpo di coda, far vincere il no a tavolinetto. Divanolinetto. Diavolometto?
All'ego non basta una sedia, pretende un divano.
C'è un regista teatrale che si chiama con un certo nome, che è proprio il suo. Il suo più grande problema attualmente è una attrice teatrale, che anche lei ha un certo nome, ma che non è proprio solo il suo perchè lo stesso nome ce l'ha anche un'altra, che però non fa l'attrice, ma è teatrale lo stesso. Beh, c'è questa scena in cui l'attrice dal nome proprio comune deve infilare le mani in una cesta piena di segni e messaggi raccolti nei letti del mondo. Capelli, brandelli di pelle, sopracciglia, macchie di sangue, di sperma, di urina, di saliva, peli di gambe, pezzi di unghie. E l'attrice interpreta la scena sempre con disgusto. Il regista invece si aspetta meraviglia e delirio.
Tatuare nel braccio interno l'atlante delle tempeste, degli assiomi, dei fuochi d'artificio, delle crociere, delle inondazioni, dei fori nelle orecchie, dei liquori clandestini, delle funzioni d'onda, dei denti devitalizzati, della mineralizzazione, delle armi da fuoco da terra da acqua da aria, delle schiene incancrenite, degli errori di grammatica, dei capelli rossi, delle foto sparse sopra un tavolo da biliardo, delle vesti di marche che imitano altre marche più costose ma che non ti puoi permettere e che scuci e ricuci di notte per farle sembrare sempre diverse, della ruggine sulle portiere delle automobili, delle tecniche giapponesi per disegnare i gatti, dei ragni soffiati via dalle loro ragnatele, delle scale metalliche che collegano esternamente i piani di tutti e solo gli edifici rossi, dei finti mal di testa per non andare in cielo, delle scelte sbagliate nell'accostamento dei colori, nelle notti in cui la fase della luna non ha un nome, delle vignette politiche che non fanno ridere, dei disegni fatti cambiando la direzione della peluria sul velluto, dei decessi programmati con ottimistico anticipo.
C'era una volta una principessa, ma era morta due anni prima.
L'amore per la logica produce lussuria per la meccanica.
22 marzo 2007
Mixtape n.4
Crime and The City Solution - Six Bell Chime
Rolling Stones - Ruby Tuesday
Nine Inch Nails - Hurt
The Beatles - Eleanor Rigby
Verdena - Non prendere l'acme, Eugenio
Verdena - Trovami un modo semplice per uscirne
Tre Allegri Ragazzi Morti - Il mondo prima
Tre Allegri Ragazzi Morti - Ninnanannapernina
Delicious 69 - La solitudine
Pennywise - Stand by me
The Go! Team - Get It Together
Evanescence - Lithium
Brad Mehldau - Intro
HIM - Killing Loneliness
Penguin Cafe Orchestra - Telephone and rubber band
Penguin Cafe Orchestra - Music for a found harmonium
Penguin Cafe Orchestra - Perpetuum Mobile
Sparklehorse - Wish you were here
Lost Prophets - Rooftops
Finch - Ender
Oasis - Whatever
Air - Le soleil est pres de moi
Air - All I need
Mates Of State - Nature and wreck
Bad Religion - Los Angeles is burning
Radiohead - Fake Plastic Trees
Radiohead - High and Dry
Blackfield - Once
Bear vs Shark - Kylie
Bear vs Shark - MPS
Bear vs Shark - Second
All About Yves - Fuck a loop instrumental
Caspian - Some are white light
Boards of Canada - Dayvan Cowboy
And You Will Know Us By The Trail Of Dead - Wasted state of mind
Genghis Tron - Rock Candy
Silversun Pickups - Melatonin
Explosions In The Sky - The only moment we were alone
Explosions In The Sky - The birth and the death of the day
Elliott - Calm americans
Lucio Dalla e Tiromancino - Come è profondo il mare
Daniele Silvestri - L'uomo col megafono
Brian Eno - By this river
The Appleseed Cast - Convict
The Appleseed Cast - Signal
The Album Leaf - Over the pond
The Weakerthans - Left and leaving
Mogwai - Take me somewhere nice
Babyshambles - Sedative
John Lennon - Instant Karma
Mr Phil Feat. Danno - Fango e piombo
Verbena - Baby got shot
Lou Reed - New york telephone conversation
Fort Minor - Remember the name
Jay Z - 99 problems
Arab Strap - Speed Date
Giorgio Canali - Precipito
Regina Spektor - Hotel Song
Stereophonics - Mr. Writer
Radiohead - Sit down, stand up
Tom Waits - You can never hold back spring
CSI - Intimisto
The Office (US) Theme Song
Tiziano Ferro - Ti scatterò una foto
John Murphy - Who are you
Norma Jean - Like swimming circles
Norma Jean - No passenger no parasite
Grandi Animali Marini - Tu mi fai stare male
Grandi Animali Marini - Io amo il rock
Damien Rice - 9 Crimes
Damien Rice - Me, my yoke and I
Elisa - Eppure sentire (un senso di te)
Deftones - Cherry Waves
My Chemical Romance - Welcome to the black parade
Ben Harper - By my side
Keith Jarrett - Carnagie Hall Concert Part IV
Keith Jarrett - My Song
Keith Jarrett - True Blues
Marta sui Tubi - Vecchi difetti
Marta sui Tubi - Post
Marta sui Tubi - Sei dicembre
Marta sui Tubi - L'abbandono
Marta sui Tubi - Via dante
The Shins - New Slang
Rolling Stones - Ruby Tuesday
Nine Inch Nails - Hurt
The Beatles - Eleanor Rigby
Verdena - Non prendere l'acme, Eugenio
Verdena - Trovami un modo semplice per uscirne
Tre Allegri Ragazzi Morti - Il mondo prima
Tre Allegri Ragazzi Morti - Ninnanannapernina
Delicious 69 - La solitudine
Pennywise - Stand by me
The Go! Team - Get It Together
Evanescence - Lithium
Brad Mehldau - Intro
HIM - Killing Loneliness
Penguin Cafe Orchestra - Telephone and rubber band
Penguin Cafe Orchestra - Music for a found harmonium
Penguin Cafe Orchestra - Perpetuum Mobile
Sparklehorse - Wish you were here
Lost Prophets - Rooftops
Finch - Ender
Oasis - Whatever
Air - Le soleil est pres de moi
Air - All I need
Mates Of State - Nature and wreck
Bad Religion - Los Angeles is burning
Radiohead - Fake Plastic Trees
Radiohead - High and Dry
Blackfield - Once
Bear vs Shark - Kylie
Bear vs Shark - MPS
Bear vs Shark - Second
All About Yves - Fuck a loop instrumental
Caspian - Some are white light
Boards of Canada - Dayvan Cowboy
And You Will Know Us By The Trail Of Dead - Wasted state of mind
Genghis Tron - Rock Candy
Silversun Pickups - Melatonin
Explosions In The Sky - The only moment we were alone
Explosions In The Sky - The birth and the death of the day
Elliott - Calm americans
Lucio Dalla e Tiromancino - Come è profondo il mare
Daniele Silvestri - L'uomo col megafono
Brian Eno - By this river
The Appleseed Cast - Convict
The Appleseed Cast - Signal
The Album Leaf - Over the pond
The Weakerthans - Left and leaving
Mogwai - Take me somewhere nice
Babyshambles - Sedative
John Lennon - Instant Karma
Mr Phil Feat. Danno - Fango e piombo
Verbena - Baby got shot
Lou Reed - New york telephone conversation
Fort Minor - Remember the name
Jay Z - 99 problems
Arab Strap - Speed Date
Giorgio Canali - Precipito
Regina Spektor - Hotel Song
Stereophonics - Mr. Writer
Radiohead - Sit down, stand up
Tom Waits - You can never hold back spring
CSI - Intimisto
The Office (US) Theme Song
Tiziano Ferro - Ti scatterò una foto
John Murphy - Who are you
Norma Jean - Like swimming circles
Norma Jean - No passenger no parasite
Grandi Animali Marini - Tu mi fai stare male
Grandi Animali Marini - Io amo il rock
Damien Rice - 9 Crimes
Damien Rice - Me, my yoke and I
Elisa - Eppure sentire (un senso di te)
Deftones - Cherry Waves
My Chemical Romance - Welcome to the black parade
Ben Harper - By my side
Keith Jarrett - Carnagie Hall Concert Part IV
Keith Jarrett - My Song
Keith Jarrett - True Blues
Marta sui Tubi - Vecchi difetti
Marta sui Tubi - Post
Marta sui Tubi - Sei dicembre
Marta sui Tubi - L'abbandono
Marta sui Tubi - Via dante
The Shins - New Slang
Iscriviti a:
Post (Atom)