Specchietto riassuntivo di una settimana guadata dove il fondale è più basso e la corrente meno veemente.
Specchietto per allodole personali, che ti svolazzano nel petto/gabbietta di metallo, niente di particolarmente acuto, figuriamoci.
Mi prendo una pausa da questa storia del "dormire", un'altra di quelle mode passeggere pompate dallo spirito di emulazione. (Lo spirito di fare come i muli. Tirare avanti finchè non crepi. Impuntarti finchè non crepi. L'elogio della fatica e di non fare quello che ti dicono di fare. Concerto di legnate sulla groppa.)
Una frase che mi è venuta in mente: Polluzioni industriali notturne.
Un'altra frase che mi è venuta in mente: Maledetta maladonna.
Non sono proprio frasi, più simili a molecole linguistiche.
C'è il lettore immaginario che chiede: ma come ti senti? E lo scrittore immaginario risponde: C'è una macchina rossa ferma sui binari di una ferrovia sesquipedale. Sinistra, non arriva alcun treno. Destra, come sinistra. Io sono illanguidito, all'interno dell'autoveicolo in sosta non autorizzata in prossimità di passaggio a livello ferroviario non preannunciato da segnale luminoso o sonoro o croce di sant'andrea. Mi acciambello sonnolento sul sedile del passeggero. Presagio di pericolo nel dormiveglia: se mi addormento capiterà qualcosa di terribile. Mi addormento lo stesso.
E poi ho pensato che ci sono quattro tartarughe in frac che camminano in posizione eretta e portano sulle spalle la mia bara vuota. E' mia nonostante la vuotezza, la vuotezza particolare da me. Il tutto accompagnato da una vibrante melodia per basso e batteria, dall'incedere marziale. Non trasuda nessuna emozione dalle facce delle tartarughe, probabilmente perchè sono tartarughe con la faccia da tartarughe. E stranamente non portano gli occhiali.
Ancora quei botta e risposta immaginari. Ormai li tratto alla stregua di tranelli, o lava-vetri nei-miei-pensieri-attaccabrighe. Testa pensante? ma quale pensante e pensante. Pesante, al massimo. Avessi sul resto del corpo i muscoli che ho sul collo. Ho il collo lungo, io. Diversa cosa è saperla lunga.
Ti vedo lontano. Ti sento lontano. Escludendo tatto e gusto, frenati dalla necessità del contatto, come si ti posso odorare lontano?
Ero in macchina, aspettavo il verde. Piegavo la testa perchè la mia macchina è bassa e io sono alto e se mi infilo troppo sotto il semaforo non lo vedo più. Alla ragazza sotto il mare di capelli corvini, dagli occhi circondati con la notte, con la maglia verde dalle spalline vaporose, che era a bordo del 310, in piazzale 21 aprile, alle 18:30 di martedì 26 giugno 2007, mentre guardava il cielo, volevo dire: ciao. Lo volevo dire minuscolo.
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