"Ti andrebbe di sfilarmi le scarpe?"
Ed io che neanche avevo cercato le parole.
Era una festa, era sabato ed era pieno di streghe. Io continuavo a fissare la strega più strana di tutte.
Soddisfazioni e aspettative hanno il loro posto naturale dentro una cartellina in cartone con tanto di elastico, non dentro una mente.
Circondato da fonti, la luce emessa collassa tutto intorno e mi bagna le scarpe.
Il distacco emozionale sperimentato dalle villette schierate come un plotone d'esecuzione addosso al mare.
Non seguo un piano, non rotolo lungo un piano. la parola al groviglio: dice che faccio bene.
Lei alzava la mano e il gesto che stava per compiere avrebbe registrato il loro passaggio. "Non ce n'è bisogno" Lui le disse. Scesero alla fermata successiva, smarcando il controllo. Lanciandomi un riflesso di vecchiaia.
Sarebbe sconvolgente pensare ad una grazia che non scende dall'alto, ma evapora dalle spaccature del terreno e nella quale potremmo muovere le gambe come cucchiai in un piatto di minestra.
Occhi chiari su un volto poco attraente. Meritano una punizione.
Sostituire la morale con l'estetica. Accedere al tempo attraverso una scala graduata. Sotto il rosso si nasconde la sicurezza, oltre il violetto s'apre l'umanità.
Le dicevano: "Togli le mani dalla neve". Le dicevano: "Resterai assiderata". Lei pensava alle stelle.
E' facile. E' anche bizzarro. Può apparire superfluo. Puoi ignorarlo. Non puoi farlo arrabbiare. Si lascia disprezzare. Si lascia cadere. Si ripete e diventa amichevole. Nasconde una massa nera d'infinita oscurità. Ha preso tutto il nero di cui si circondava un tempo e lo ha compresso e messo là, che si appoggia al muscolo diaframmatico. Respirando forte riesce ancora ad evocarlo. Ci sono dei brividi, come quelli che si provano sotto il sole d'agosto: toccare la massa glieli provoca. E lui, di tanto in tanto, tocca la propria massa, e trema. E' così che si costringe a non dimenticare.
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