10 giugno 2006
Pubbliche scuse in pubblica piazza
Sulla terrazza stanno ultimando i preparativi per la festa. Palloncini, di quei colori un po' smunti con cui sono decorati i palloncini, sono appesi agli ombrelloni sopra i tavoli; la domestica finisce di sistemare il buffet. Io li guardo e aggrotto le sopracciglia, perché intanto il sole sta tramontando e mi brucia gli occhi. Non è la mia festa, non è la mia terrazza, non è la mia domestica, ma soprattutto non è il mio buffet. Oggi, all'uscita di scuola, i ragazzi non vendevano i libri ma si sgavettonavano amaramente, senza rispetto. Mentre a me che li guardavo infastidito si spegneva nuovamente il motore. Ero sicuro che se uno di loro avesse osato gettare dell'acqua contro me od il mio passeggero non avrei esitato a scendere e rincorrerlo, per procurargli più dolore possibile. Una reazione esagerata? lo spero. Ora, se volete scusarmi, vado a succhiare altra polpa azzurra. La fame non passa mai. Ho fame. Di cosa hai fame? Di cibo, prima di tutto. Di tentazioni. Di sortilegi. Di piacere senza colpa. Piacere il sostantivo, non il verbo. Senza colpa, succhiandone la polpa. Sono già stanco ed ancora non ho combinato nulla. Fastidio, nervosismo, girare in tondo, non riuscire a star seduto, aprire la finestra, chiudere la finestra, prendere il libro, sfogliarlo svogliato, chiudere il libro, andare in cucina, mangiare una ciliegia, tornare in camera, controllare la posta, aprire i siti dei quotidiani, nessuna notizia, ricontrollare la posta, accendere la tv, girare tutti i canali, niente da vedere, spegnere la tv, lanciare firefox, preferiti, cartella "blogs", apri tutti in tab separate, nessun nuovo post, chiudere firefox. Sono già stanco ed ancora non ho combinato nulla.
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