Il logoramento del logo.
Il diavolo nero che non esiste,
e lo stesso m'aspetta seduto sulle scale.
Le elisioni sottili, sfiorarsi a curvatura costante.
La polimerizzazione dei ricordi.
Quando non servono le parole, che basta l'elettrolisi.
18 marzo 2014
09 febbraio 2014
Fumogeni rosa al rallentatore
due lettere dentro un libro, si incontrano e diventano una sillaba. si legano insieme. attraversano un telaio. si gettano in mare e affondano, ancorate. fermano una persona in strada, gli chiedono un accendino in prestito. l'accendino ha un corpo di plastica gialla, e la testa nera. lo accendono tra le pagine, che prendono fuoco. le pagine sono gialle, e i pensieri neri. si apre un baratro nel cuore del libro. un mare di non più, con le rive di carbone.
(Sostituiamo meccanismi con esseri umani. E quando non restano che esseri umani, pretendiamo di avere ancora una macchina.) (Dormiamo in posizioni più grandi di noi.) (Mettiamo parole dentro frasi umoristiche, che ci guardano come animali in gabbia, allo zoo.) (Collezioniamo convinzioni, che sono scivolose come il ghiaccio. Ci lasciamo convincere dalla metafora, e incauti le riteniamo compatte come il ghiaccio. Ci pattiniamo sopra, convinti.)
(Sostituiamo meccanismi con esseri umani. E quando non restano che esseri umani, pretendiamo di avere ancora una macchina.) (Dormiamo in posizioni più grandi di noi.) (Mettiamo parole dentro frasi umoristiche, che ci guardano come animali in gabbia, allo zoo.) (Collezioniamo convinzioni, che sono scivolose come il ghiaccio. Ci lasciamo convincere dalla metafora, e incauti le riteniamo compatte come il ghiaccio. Ci pattiniamo sopra, convinti.)
20 gennaio 2014
Sui visi gotici
Allargo le braccia, e permetto alla macchina di girarmi tutto intorno. Quando entriamo in contatto, tremiamo insieme alla frequenza di rotazione del suo albero motore. La macchina si muove criptica e affilata verso il suo scopo, ché nelle sue direttive non è contemplato dare un senso al movimento. La sensazione è quella di osservare un illustratore che aggiunge righe al ritratto di un animale, prima che sia il ritratto di un animale. Quando la macchina avrà finito, io sarò ancora animale. Ora sono solo righe, e sono solo movimenti. Nessun lusso coreografico.
Nil non voleva evaporare, ma sapeva di essere vicino al punto di saturazione. Sentiva addosso le scanalature, che gli facevano paura perché aveva la certezza che presto si sarebbero riempite di infiltrazioni. Provò a censurarsi, a compensare coagulando. Fu allora che la Deplorazione si sollevò e, indicando lui, proruppe: Suturatelo. Venne allora ricucito e ricoperto di carta e colla, lordato di resina. Nil, con le sue due pelli, divenne un complemento umano, un misero telegramma sottocutaneo. La controfigura di qualcosa di nudo.
Quanti pronomi si possono cancellare dalla propria vita, prima che non rimanga neanche io?
Nil non voleva evaporare, ma sapeva di essere vicino al punto di saturazione. Sentiva addosso le scanalature, che gli facevano paura perché aveva la certezza che presto si sarebbero riempite di infiltrazioni. Provò a censurarsi, a compensare coagulando. Fu allora che la Deplorazione si sollevò e, indicando lui, proruppe: Suturatelo. Venne allora ricucito e ricoperto di carta e colla, lordato di resina. Nil, con le sue due pelli, divenne un complemento umano, un misero telegramma sottocutaneo. La controfigura di qualcosa di nudo.
Quanti pronomi si possono cancellare dalla propria vita, prima che non rimanga neanche io?
15 gennaio 2014
Il tempo ti vede solo se ti muovi
Ci saranno forchette di fuoco.
Piantiamo alberi lungo linee rette, sperando che ubbidiscano.
L'automobilista è stilita: solo e incolonnato.
Cantava: Should I stay broken, or should I go?
Se l'atmosfera può manifestare fenomeni di alta pressione, allora al cielo si può fermare il cuore.
Insopportabile il silenzio che esce dalle teste abitate da una sola mente.
Essere nelle tue mani, un anagramma.
Piantiamo alberi lungo linee rette, sperando che ubbidiscano.
L'automobilista è stilita: solo e incolonnato.
Cantava: Should I stay broken, or should I go?
Se l'atmosfera può manifestare fenomeni di alta pressione, allora al cielo si può fermare il cuore.
Insopportabile il silenzio che esce dalle teste abitate da una sola mente.
Essere nelle tue mani, un anagramma.
04 gennaio 2014
Cresceranno i carciofi a Macondo
Venire alla luce e provocare la risincronizzazione di orologi e calendari. Cannonascere.
La condizione del ragno millimetrico sul fondo scivoloso della vasca. Intrecciando abbastanza pensieri si può fingere una corda per la fuga.
Se i compiti si potessero svolgere, gireremmo semplicemente intorno al luogo cui sono avvolti.
Tutte le onde del mare non sono che un'unica onda, che si muove in secondo piano, facendo tutte le smorfie di cui è capace.
Respirare col ritmo impartito da un tubo fluorescente, quando si accende.
Un blues suonato con le scintille delle stelline di capodanno.
La struttura in tensione di una schiena ha due pietre di volta: un pugno chiuso ed un labbro mortificato tra i denti.
La condizione del ragno millimetrico sul fondo scivoloso della vasca. Intrecciando abbastanza pensieri si può fingere una corda per la fuga.
Se i compiti si potessero svolgere, gireremmo semplicemente intorno al luogo cui sono avvolti.
Tutte le onde del mare non sono che un'unica onda, che si muove in secondo piano, facendo tutte le smorfie di cui è capace.
Respirare col ritmo impartito da un tubo fluorescente, quando si accende.
Un blues suonato con le scintille delle stelline di capodanno.
La struttura in tensione di una schiena ha due pietre di volta: un pugno chiuso ed un labbro mortificato tra i denti.
29 dicembre 2013
Cosa ci facciamo col timo
Se le cose che dico a te potessero parlare, cosa direbbero alle cose che tu dici a me?
Del ballare adesso sulle macerie future.
Per l'idea ultimogenita non ho alcuna rupe.
Col titolo, ma senza le parole del titolo.
Di fronte al filtrare fuori delle cose dentro, la scelta: cauterizzare, o una cauzione.
Un giorno intero per incontrare una canzone. È lunga cinque minuti e dura tre secondi.
Chiacchiere senza bagaglio, labbra separatiste.
Del ballare adesso sulle macerie future.
Per l'idea ultimogenita non ho alcuna rupe.
Col titolo, ma senza le parole del titolo.
Di fronte al filtrare fuori delle cose dentro, la scelta: cauterizzare, o una cauzione.
Un giorno intero per incontrare una canzone. È lunga cinque minuti e dura tre secondi.
Chiacchiere senza bagaglio, labbra separatiste.
27 dicembre 2013
Sei così pelle
Giorni gelati al gusto filo delle cuffie.
Accordi alla chitarra scambiati per incidenti stradali.
Si scompare, e un modo di dire prende il nostro posto.
Le finestre sono introverse.
Dalla scatola del gioco al massacro qualcuno ha sottratto i dadi, non sappiamo più di chi sia il turno.
Uomo diedro manifesta familiarità con il bosco nero. Uomo diedro allunga la mano, ma la maniglia si scioglie via. Uomo diedro trova le porte apertechiuse secondo altre ragioni. Uomo diedro si tiene la carne in bassorilievo. Uomo diedro è siderofobico, uomo diedro ha la cosmopatia.
Accordi alla chitarra scambiati per incidenti stradali.
Si scompare, e un modo di dire prende il nostro posto.
Le finestre sono introverse.
Dalla scatola del gioco al massacro qualcuno ha sottratto i dadi, non sappiamo più di chi sia il turno.
Uomo diedro manifesta familiarità con il bosco nero. Uomo diedro allunga la mano, ma la maniglia si scioglie via. Uomo diedro trova le porte apertechiuse secondo altre ragioni. Uomo diedro si tiene la carne in bassorilievo. Uomo diedro è siderofobico, uomo diedro ha la cosmopatia.
24 dicembre 2013
I forse che restano uguali
Una pigna sull'asfalto, senza i suoi petali di legno, schiacciata dalle auto che passano. Assomiglia ad un trilobite.
Cosa sono io? una stranoteca, uno stranoscopio, e uno stranonauta.
un orecchio contro la schiena. l'estrazione dei pensieri telegrafici, con domande come tenaglie. denti che strozzano altri denti. un gocciolio, raccolto con la lingua. vedersi stracciati. mancanze con la a davanti. parole dispotiche, a tradimento, a detrimento. tappi che non attappano niente. volevo essere il raccordo, il moltiplicatore, lo spettatore della divaricazione, il mare della tranquillità. non cercavo la perfezione, ma l'imperfezione che cancella tutte le altre.
Cosa sono io? una stranoteca, uno stranoscopio, e uno stranonauta.
un orecchio contro la schiena. l'estrazione dei pensieri telegrafici, con domande come tenaglie. denti che strozzano altri denti. un gocciolio, raccolto con la lingua. vedersi stracciati. mancanze con la a davanti. parole dispotiche, a tradimento, a detrimento. tappi che non attappano niente. volevo essere il raccordo, il moltiplicatore, lo spettatore della divaricazione, il mare della tranquillità. non cercavo la perfezione, ma l'imperfezione che cancella tutte le altre.
03 dicembre 2013
Avverbi per future generazioni
L'universo sommerso d'acqua. E tu, al centro, perché ti piace nuotare. (ma l'universo si può sommergere?)
Il Dotto di Wharton era un uomo molto saggio. Aveva solo un difetto: a dare una risposta sciocca ad una sua domanda, si rischiava uno sputo in volto.
Capita di sentirsi come un tramezzino. Di quelli un po' menzogneri, con la farcitura tutta sul lato esposto. Di quelli con il peso mal distribuito, che si aprono come le ali di un disegno elementare. Che li addenti affamato, e ti trovi a masticare solo pane.
Da grande voglio essere il gelo del mondo.
Il Dotto di Wharton era un uomo molto saggio. Aveva solo un difetto: a dare una risposta sciocca ad una sua domanda, si rischiava uno sputo in volto.
Capita di sentirsi come un tramezzino. Di quelli un po' menzogneri, con la farcitura tutta sul lato esposto. Di quelli con il peso mal distribuito, che si aprono come le ali di un disegno elementare. Che li addenti affamato, e ti trovi a masticare solo pane.
Da grande voglio essere il gelo del mondo.
25 novembre 2013
e mi correggi le emozioni da lontano
Ci è permessa una mossa alla volta. Vale anche in diagonale, e si può saltare il turno. Anche alle altre pedine è permessa un singolo movimento ogni turno. Si suppone che il gioco sia equilibrato, giusto? Sì, a meno di non essere paranoici. Quando tutte le pedine rincorrono te, i loro movimenti si sommano in una grande, ingiusta, mossa avversaria.
Quanta la vergogna provata dal blocco di marmo grezzo, al momento di entrare nell'atelier del famoso scultore. Come non sentirsi tutti quegli occhi bianchi di statua puntati addosso? Era l'ultimo arrivato, qualcosa che non era nemmeno un corpo. Ne aveva sentite tante di storie. "Non ti preoccupare, erano così anche loro". "Bisogna pur partire da qualche parte". "Lo scultore è colui che sa tirare fuori la scultura che è già dentro la pietra". Si chiedeva quale scultura ci fosse dentro di lui. Se fosse stato in grado di rimanere immobile durante i colpi di scalpello. Sentiva il rossore della vergogna salire verso la superficie. Diventava marmo rosa.
Quanta la vergogna provata dal blocco di marmo grezzo, al momento di entrare nell'atelier del famoso scultore. Come non sentirsi tutti quegli occhi bianchi di statua puntati addosso? Era l'ultimo arrivato, qualcosa che non era nemmeno un corpo. Ne aveva sentite tante di storie. "Non ti preoccupare, erano così anche loro". "Bisogna pur partire da qualche parte". "Lo scultore è colui che sa tirare fuori la scultura che è già dentro la pietra". Si chiedeva quale scultura ci fosse dentro di lui. Se fosse stato in grado di rimanere immobile durante i colpi di scalpello. Sentiva il rossore della vergogna salire verso la superficie. Diventava marmo rosa.
24 novembre 2013
L'interpretazione dei fondi di magazzino
É notorio l'effetto per cui ripetere troppe volte una parola la rende strana alla mente, dismorfica. Mi succede con la parola 'grembiule', ma mi basta ripeterla una volta sola.
Se non fossero state le scimmie, a diventare noi, sarebbe toccato agli orsi.
Consuma pure tutti i colori che vuoi, tanto paga Pantone.
Andare in un supermercato a due piani. Salire al secondo piano. Guardare in giù, verso il primo piano. Vedere i corridoi di scaffali come un intestino, che digerisce le vite degli altri. Che scompone chimicamente quello-che-vogliamo, quello-di-cui-abbiamo-bisogno, quello-che-possiamo-permetterci. Riscendere le scale mobili, essere inghiottiti.
Se non fossero state le scimmie, a diventare noi, sarebbe toccato agli orsi.
Consuma pure tutti i colori che vuoi, tanto paga Pantone.
Andare in un supermercato a due piani. Salire al secondo piano. Guardare in giù, verso il primo piano. Vedere i corridoi di scaffali come un intestino, che digerisce le vite degli altri. Che scompone chimicamente quello-che-vogliamo, quello-di-cui-abbiamo-bisogno, quello-che-possiamo-permetterci. Riscendere le scale mobili, essere inghiottiti.
23 novembre 2013
Col tuo malestare
Se la materia fosse una macchinazione della nostra immaginazione, avrebbe solamente due stati. Solida, quando immobile e connessa a se stessa, e gassosa, quando mobile e in continuo allontanamento. Chiedendoci come sarebbe uno stato intermedio, immagineremmo una mistura eterogenea di solido e gassoso, come rocce frizzanti e pietre con le bollicine. Così noi ci immaginiamo, agglomerati di stare soli, costellati di particelle di stare insieme. Se una relazione non fosse una immaginazione, potremmo riempirla e prenderne la forma con questa cosa che abbiamo. Placidi, come i laghi dentro ai vulcani.
31 dicembre 2012
21 novembre 2012
Il diaspro è una pietra dura, ma giusta
Fare silenzio è una forma impegnativa. Dà l'idea di una piccola opera di meccanica, come costruire la sorpresa trovata dentro l'ovetto kinder.
12 ottobre 2011
succo e polpa di scusa
Se non mi taglio i capelli sono una piccola macchia.
Mi sveglio, oppure torno a casa, e ho sete alle mani.
20 febbraio 2011
Ittiofauna de lo dentro mio
Lo sguardo è un rituale occluso.
I castelli hanno i merli per incastrarsi con altri castelli, in aria, rovesciati.
Jazz e scherma nell'atmosferico, tuono e fulmine. Improv e affondo. Quanto è distante, dove è caduto.
Le buone maniere sono azioni distruttive, buchi nella vena del fare.
I ricordi sono la rateizzazione del tempo, con interessi da usura.
E che ci facciamo col cambiamento? La birra! E il vino. E un po' tutto quello che fermenta.
De l'oppiaceo piacerci.
Passare la lingua su rientranze salate. Addolcimento dei seni. Voglie marsupiali.
Bollire il latte, per prudenza. Distillare l'acqua, per prudenza. Cuocere la carne, per prudenza. Prendere fuoco è una saggia scelta.
Svogliate ribellioni esotermiche. Provare ad immaginare la chimica senza antropomorfizzazione.
Inseguimento sanguinolento tra orgoglio e fame.
L'odiato migliore. L'odiato con le spaccature dei denti, l'odiato con le matite più H, l'odiato con le scopate più livorose. L'odiato con i nomi dei muscoli, l'odiato con la nomeclatura topologica dei dolori, l'odiato con il filo spinato per suturare. L'odiato con il piccone simbolico di classe, l'odiato con l'alzo zero, l'odiato col sangue marrone gastrico. L'odiato con le donnine con la febbriciattola patrizia, l'odiato con l'attività microsismica dell'autocommiserazione, l'odiato con il saccarosio scambiato per felicità. L'odiato affamante.
09 gennaio 2011
Fermento e gola
Chi sono, una parola che comincia con la lettera maiuscola o una persona che inizia con la lettera minuscola? Tutte le persone sono la prima persona? Sono io veramente la prima persona di tutte? Non sono certo la prima che riesco a ricordare. Singolare, poi? Così noiosa, invece. Prima persona quotidiana, casomai.
Il freddo m'è più familiare, ché scende verso terra, come le nevi e le colonne d'aria fredda. E ci s'affeziona anche quando è meglio di me, lui che inizia le correnti convettive e io al massimo flebili invettive. Il freddo è discreto e quieto, sta fuori dalla finestra e protegge. Se il tempo è nemico, il freddo è alleato.
Sei felice? Perché, si può essere qualcosa o in qualche modo? Può una mela essere più rossa di quanto appare rossa? E se la mela è rossa, il rosso cos'è? La mela e il rosso sono la stessa cosa? Sono felice come una mela rossa. E ho il picciolo. La felicità me la raccontano come uno spazio. Lo si attraversa con passi rumorosi, perché colui che si sente felice crede di potersi permettere di camminare buffo, e ama farsi ammirare felice. Tap tap, saltino.
19 ottobre 2010
Pezzi della luna che ho tenuto da parte
All'inizio di questa storia piove appena; perchè ogni storia, per iniziare, ha bisogno di eventi che ne introducano il tono e non ne impediscano lo svolgimento. Per questo, all'inizio di questa storia, non brilla il sole e non piove a dirotto. Potrebbe al massimo nevicare, ma la neve ha la colpa di essere silenziosa, e questa storia non ha niente di silenzioso. Il protagonista della storia potrei anche essere io, o magari una donna che cammina per la strada. Anche un cane andrebbe bene. Non fa nessuna differenza, perchè alla fine della storia il protagonista non sarà andato da nessuna parte, non avrà raggiunto la sua Itaca, non avrà salvato la sua Camelot, non avrà affrontato la sua nemesi, non sarà stato trafitto eroicamente e non sarà stato vittima dell'immedesimazione di chi questa storia cerca ancora di prenderla come tutte le altre storie. Ed è l'unico motivo per cui colui che è veramente il protagonista di questa storia riesce a sopportarlo. Faremo una concessione alla storia, utilizzerò un nome, forse qualcuno in più. Non perchè una storia abbia bisogno di nomi, niente affatto, ma questa storia, senza nomi, con il suo modo di divenire storia, finirebbe per essere più storia della storia che ambisce ad essere. Ed in questa storia un eccesso di storia sarebbe una colpa.
Il nome è Shai.
Shai ha eretto una fortezza di micro-abitudini. La pioggia fa il marciapiede lucido. In scene come queste, chi ha la luce detta la legge. Una luce intermittente è un ordine. La frequenza è misura di perentorietà. Shai è un corpo cavo. Incassa la testa nelle spalle. Le braccia stringile contro il corpo, parallele, piegate appena. Rendi lo sguardo più grigio che puoi. Regola il volume tanto da coprire il mondo fuori, non tanto da essere notato dal mondo fuori. Non scivolare, per ciò che hai di più caro, non scivolare, ti prego. Forse oggi riuscirai a scomparire.
Un uomo distante alza la voce nella direzione di Shai. "Signore, le ho forse fatto torto in qualche modo?". La frase attraversa la strada. Shai, nella rivelazione di sè che sa di sconfitta, si concede uno sguardo verso l'alto. Alcune luci illuminano la strada prive di alcun appiglio logico. Gruppi di falene si arrovellano delle stesse incertezze di Shai, volandoci contro ripetutamente, che è il modo degli insetti di fare domande. Le traiettorie delle falene sono cerchi bianchi contro il cielo. Le traiettorie delle gocce di pioggia sono rette ortogonali a queste circonferenze. Shai riconosce l'immagine. Linee di campo elettromagnetico generate da un filo infinito percorso da corrente continua.
I rifiuti di carta si gonfiano d'acqua e si sciolgono. Shai, notandoli, cerca di immaginarsi la natura dell'essere immorale perfetto. "Sono io così? Potrei esserlo se lo volessi?". Si lusinga. Il riproduttore anameccanico intercetta il pensiero. Shai ne ascolta l'elaborazione attraverso gli auricolari. "Eri un bambino e avevi un gioco composto da scatole di plastica che siedevano l'una dentro l'altra. Ricordi? La più grande era rossa, ed ogni scatola aveva un colore diverso da quella adiacente. Potevano essere impilate per formare una piramide. Una teoria morale, una qualsiasi, è quella piramide. Le stesse scatole, riposte una nell'altra, sono la forma dell'immoralità". Il riproduttore anameccanico è un aggeggio divertente. Tecnicamente è un ibrido tra una macchina connettiva, un EEG portatile, una generatore markoviano e una membrana positronica. In pratica è un compagno di filosofie portatile. Cattura i pensieri e modella le antitesi successive. Usarlo produce la sensazione di avere a che fare con una versione di sè cinquenne che non solo ha tutte le domande, ma anche tutte le risposte. Shai ne ha paura, e bisogno.
Per raggiungere il proprio appartamento è costretto ad attraversare il piazzale antistante una caserma militare. Da questo momento in poi, ogni sera, Shai perde la capacità di ignorare. Le mura degli edifici improvvisamente sono, e sono aride e decrepite. I rami tornano contro i vetri delle finestre. Le pietre, le mancanze, le ombre, le infusioni, le smorfie, i tracciati, le storture, i gradienti, le zampe, le confezioni, le ginocchia, le goccioline, le sospensioni, le cavità, le macchie. Shai si sente riempire. Non di nausea, perchè quella appartiene ad un'altra storia. E' una colonizzazione parassita. Una necrosi e le dita che la penetrano per grattarla via. Un ectoplasma da rigurgitare durante una seduta spiritica. Il desiderio di di ustionarsi le mani lavandole con acqua bollente. "Credevi che saresti riuscito a resistere fino all'arrivo a casa, vero?"
Adesso, se Shai si mette a pensare, sente freddo. Non nelle membra, ma nei pensieri. Un dirigibile metallico attraversa il cielo, impassibile. Dei fari lo illuminano da terra, lo rincorrono. "Perchè ho voglia di fine? Perché mi sono insopportabili le necessità scambiate per verità? Perchè ho smesso di ridere e piangere alle finzioni antropomorfe? Perchè non provo più bisogno di particolare e di generale?". Il dirigibile è scomparso, e l'atmosfera torna viscosa ed elettrica. La pressione barometrica aumenta impercettibilmente. Cambia la geografia del cielo nuvoloso. Il riproduttore anameccanico ha scandito le gerarchie logiche, esaurendole. Ha individuato una contraddizione. "Le antiche filosofie sofiste teorizzavano l'inconoscibilità dell'essere, attraverso deduzioni logiche che avevano come presupposto l'incomunicabilità, discendente a sua volta dalla natura incompleta del linguaggio umano. La derivazione moderna è la teoria per cui sia impossibile giudicare un capo di abbigliamento se illuminato dalla luce al neon. Arriverà il nulla, e non avrà bisogno di servitori."
E non avrà bisogno di me.
Sono libero. E torno a casa.
26 settembre 2010
L'eterno ritorno in cuffia
Perché mai qualcuno dovrebbe riempire una bottiglia di coriandoli e lasciarla a testa in giù?
A volte ho lo sguardo perso di un gigante che non capisce la scala del mondo.
Tutte quelle lezioni di piano che non ho mai preso stanno finalmente dando i loro frutti.
Dopo molti anni ho cambiato lo spazzolino. Traumaticamente. Io e quello spazzolino abbiamo fatto molte cose insieme, cose come avventure. Cosa accadrà adesso?
Si può anche essere un set di posate.
Uno squittire della ruota in curva e di subito mi assedia una miriade di nostalgie di notte d'estate con i grilli intorno.
Dove sei statico?
E' forse una ignominia, da parte mia, togliersi la camicia prima di lavarmi i denti?
Il contrario di divieto è permesso od obbligo?
Mi è venuta la solitudine, ma è andata via e non torna più. Lasciandomi solo?
Mi perdo sempre la formazione delle nuvole. Arrivano da altrove e scivolano via, ma non vengono mai alla luce.
La carica più ambita nella società dei mulini a vento è quella di ministro della difesa.
Di notte le strade disgustose. Se accelero dimentico. Mi vengono gli occhi piccoli da insetto. I movimenti percepiti nel campo visivo periferico, mi danno la caccia, mi infestano. Che la pioggia si depositi pure sulle finestre, fatemi vedere in quanti parti si può frantumare il mondo fuori. In quante parti essere frantumati. Sto ossessionando sul come prima mai più. Non sono pronto, sono instabile e informe, dentro. Sui tremori di prima.
18 settembre 2010
Respiro sprofondo
Nil non sta ballando.
Non è qui per ballare.
Vuole più luce possibile dentro di sè.
Qui la luce si muove,
si muove nel modo giusto.
Ci sono anche corpi che si muovono.
Non sono i corpi i giusti.
Non importa.
Quando si muove la luce,
i corpi non si muovono più.
Va bene così.
Nil tiene gli occhi aperti.
Aperti come nessun altro.
Le iridi, a comando, dilatate.
Sottraendo la luce al movimento
rimane il tempo.
Dentro Nil è un visibilio;
pura matematica,
pura misura dell'ego,
dinamica minima dei cieli,
pura moda,
frazioni e rifrazioni.
Sono tutti riduzionisti,
e sono tutti linguisti.
Cercano tutti la lingua
parlata dalla soluzione.
Pensano all'industria
delle materie tessili.
Alle abbreviazioni.
Mentre cercano, ballano.
Ballano intorno al colpevole.
Nil non sta ballando.
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