26 aprile 2015
reductio ad libitum
Il brusio è una piscina che si riempie di spugnette in lana d'acciaio. Il brusio sale e le pagliuzze di metallo s'accomodano, sotto il proprio peso, addosso a. La spinta d'Archimede sotto forma di sanguinaccio che s'arrampica dalle caviglie. Il brusio è il precursore del diavolio e, per ragioni teologiche, ha una verso preferenziale. In mezzo a questo, le nostre conversazioni, misurate in vasche.
25 aprile 2015
Senza reggisenso
- Sembri una persona in attesa della sua punizione
- Noi gente di palude sappiamo aspettare
- Il momento giusto?
- L'inevitabile
- L'inevitabile non esiste
- Essere sommersi lo è. Chi viene dalla palude lo sa
- Comunque intendevo qualcuno che la sua punizione la desidera
- Ho tutto con me e niente per cui tornare indietro
- Brucia?
- Cosa?
- Essere sommersi
- Non fa nemmeno male. Quello che non ci si aspetta è il suono sordo che ingoia tutto. Come essere rinchiusi in una campana che diventa sempre più stretta, insopportabilmente stretta. Alla fine la campana si fonde con le ossa della tua testa e a quel punto cercare di capire è un gesto superfluo. Solo gli arrabbiati e i sofisti ci provano
- Prendi questo, credo che ti sarà d'aiuto
Lei gli passò un cartoncino piegato a metà. Nil lo aprì e vide tanti riquadri di colore giallo. Ogni riquadro era di una tonalità diversa, e all'interno ne riportava il nome: oro, limone, senape, miele, fuoco, giunchiglia, canarino, banana, biondo, dente di leone. Nil era in disaccordo con tutte le sfumature, ma non disse nulla. Le indicò con la mano la luce che cambiava. Desiderò che le parole si fossero esaurite, che fossero migrate via, invece di restare appollaiate sui fili neri stesi tra di loro. Provò ad immaginarsi il suono di quelle parole, e gli sembrarono come colpi di martello, di quelli che si danno alle ruote d'un treno fermo in stazione. Il suono che fa la decisione di restare.
- Noi gente di palude sappiamo aspettare
- Il momento giusto?
- L'inevitabile
- L'inevitabile non esiste
- Essere sommersi lo è. Chi viene dalla palude lo sa
- Comunque intendevo qualcuno che la sua punizione la desidera
- Ho tutto con me e niente per cui tornare indietro
- Brucia?
- Cosa?
- Essere sommersi
- Non fa nemmeno male. Quello che non ci si aspetta è il suono sordo che ingoia tutto. Come essere rinchiusi in una campana che diventa sempre più stretta, insopportabilmente stretta. Alla fine la campana si fonde con le ossa della tua testa e a quel punto cercare di capire è un gesto superfluo. Solo gli arrabbiati e i sofisti ci provano
- Prendi questo, credo che ti sarà d'aiuto
Lei gli passò un cartoncino piegato a metà. Nil lo aprì e vide tanti riquadri di colore giallo. Ogni riquadro era di una tonalità diversa, e all'interno ne riportava il nome: oro, limone, senape, miele, fuoco, giunchiglia, canarino, banana, biondo, dente di leone. Nil era in disaccordo con tutte le sfumature, ma non disse nulla. Le indicò con la mano la luce che cambiava. Desiderò che le parole si fossero esaurite, che fossero migrate via, invece di restare appollaiate sui fili neri stesi tra di loro. Provò ad immaginarsi il suono di quelle parole, e gli sembrarono come colpi di martello, di quelli che si danno alle ruote d'un treno fermo in stazione. Il suono che fa la decisione di restare.
19 aprile 2015
Politopi di campagna
Mi hanno puntato una parola alla tempia
Se ogni foglia che cade rivive la scena iniziale de L'Odio
Ciao sono la gabbia toracica di Faraday
Accessori da polso per divinità orfiche
La vita sentimentale dal punto di vista della rotazione triennale delle colture
L'orchestra finale è l'orchestra dopo la quale non v'è più alcuna orchestra. L'orchestra finale suona una musica drenante, come un'infezione, che lascia agli ascoltatori una febbre altissima. Il pubblico sente di essere stato tradito, di aver subito la delazione totale del proprio più intimo sentire. La musica dell'orchestra finale attraversa come un raggio elementare, che non brucia, ma legge e altera. La musica dell'orchestra finale comincia a masturbarti dopo che sei già venuto. La musica dell'orchestra finale estrae il barocco con la tenaglia e l'odontoiatria. L'orchestra finale si sbriciola. Niente bis.
18 aprile 2015
Una volta qui erano tutti archi
Inspirare e fermarsi ad aspettare. Provare a capire l'aria e il sapore dell'aria. I grappoli dentro ai polmoni, la tensione laringea, il petto che vorrebbe esplodere e implodere con un movimento solo. Dentro questi bronchi ci si può inventare una casa, e andare e venire e staccare il telefono. Certo che puoi restare. Mi piaci perché sei una polvere sottilmente. Sulla pelle ci sono i segni della cellulite e della ribellione. Gli oroscopi basati sulle costellazioni di peli incarniti. I tatuaggi in cui dici di non temere la toxoplasmosi. Quello che dentro ti tiene su, mi racconti, potrebbe benissimo essere legno. Che l'albero lo hai guardato bene, senza riuscire a distinguervi. Uno specchio lungo un'altra direttrice, che scambia il dentro col fuori. Tutto questo dopo un sogno in cui eri legno e sotto processo. La sensazione di essere sul banco degli imputati ed essere il banco degli imputati. Io ti ho visto, avevi una gamba fuori dalle coperte. Deve essere stata una semplice distrazione idrogeologica.
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