Perché una sensazione può divenire messaggio solo indirettamente, come nelle metafore. Non cosa sia, dunque, ma cosa rimarrebbe al suo posto se non vi fosse più. E allora, quello che io provo. Io provo un biscotto di pasta frolla, che si spezza, che ha la forma che hai deciso tu (non dire cuore, per favore, non dire cuore) e dimenticato in fondo alla dispensa diventa il nido delle farfalline bianche. Io provo una cornice che racchiude le cose già messe a fuoco, ma che non oppone resistenza se si prova a toccarne la superficie (sì, è la mano che passa attraverso). Provo i cerchi nel grano fatti con lo stare a guardare le nuvole, che non sono cerchi e che questo forse, nonostante la spiga, non è nemmeno grano. Provo la fine prima del compimento. Le candeline spezzate che si tengono per lo stoppino. La confusione degli oggetti tutti al loro posto. Le catene di Markov. Io provo il contesto che si fa materia, con cui si erigono alte mura.
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