Perché una sensazione può divenire messaggio solo indirettamente, come nelle metafore. Non cosa sia, dunque, ma cosa rimarrebbe al suo posto se non vi fosse più. E allora, quello che io provo. Io provo un biscotto di pasta frolla, che si spezza, che ha la forma che hai deciso tu (non dire cuore, per favore, non dire cuore) e dimenticato in fondo alla dispensa diventa il nido delle farfalline bianche. Io provo una cornice che racchiude le cose già messe a fuoco, ma che non oppone resistenza se si prova a toccarne la superficie (sì, è la mano che passa attraverso). Provo i cerchi nel grano fatti con lo stare a guardare le nuvole, che non sono cerchi e che questo forse, nonostante la spiga, non è nemmeno grano. Provo la fine prima del compimento. Le candeline spezzate che si tengono per lo stoppino. La confusione degli oggetti tutti al loro posto. Le catene di Markov. Io provo il contesto che si fa materia, con cui si erigono alte mura.
25 agosto 2010
19 agosto 2010
Storia passeggera della tristezza, raccontata affettando un cotechino
I perfetti compagni di viaggio in treno sono in due, sono soli all'interno dello scompartimento e sono sconosciuti l'uno all'altro. Sono il Maliconico e l'Invadente. Il Malinconico era già nello scompartimento quando è salito l'Invadente. Non gli avrebbe rivolto neanche la parola se l'Invadente non lo avesse salutato per primo. L'Invadente porta scompiglio nell'ordinato e costante guardare fuori dal finestrino del Malinconico. L'Invadente comincia sempre parlando tra se' e se', fin quando uno di quei suoi monologhi esteriori non fa scattare la molla nella domanda meccanica: "E lei...?". A coronare il paradosso, l'Invadente trova che la maliconia dell'altro sia molto invadente, mentre il Malinconico pensa l'altrui invadenza come profondamente malinconica.
Non amo viaggiare in treno. Le motivazioni, se stessi ad elencarle, sono sicuro che sarebbero piene di piccolezze e banalità, questionucole di pura contingenza. Eppure, vi sono due questioni su cui il mio senso del dovere all'adattamento non riesce a prendere il sopravvento.
Per cominciare, il viaggio in treno calpesta i miei sentimenti. Il treno parte e arriva ad orari prefissati, quindi mio desiderio di arrivare non si trasforma in un'accelerazione. Di rovescio, nulla del mio non voler giungere a destinazione provoca un rallentamento. Non c'è modo di saltare le soste, neanche quando sembrano aumentare di frequenza più ci si avvicina alla meta. Non c'è modo di mettersi a girovagare per perdere tempo. Verso il bene o verso il male, un viaggio in treno si trasforma sempre in un esercizio di frustrazione.
Il secondo ostacolo è di natura letteraria. Il problema è che la scena del treno, come quella dello scompartimento, è stata sviscerata. Nel treno è successo tutto. Ogni umanità vi ha incontrato qualunque altra. Non v'è persona, animale, pianta o cosa che non sia stata su di un treno, con qualcuno a raccontarne la storia. E per quanto lo detesti, anch'io in questo momento non sto facendo altro che mettermi su di un treno insieme ad una storia, esaurendo anche questa possibilità. La mia unica speranza è che, come per le formule magica, l'ennesima ripezione della formula sia quella che infine fa scomparire l'oggetto della magia. Niente più storie di vaggio in treno allora, e si potrà tornare a bordo pieni di promesse di avventure.
16 agosto 2010
È solo strano, ma dopo cena è tutto passato
I fratelli immaginari fantasticavano di andare incontro ad una spiritualità fondata sul sangue: la perdita di sangue, l'ostentazione del sangue, la compravendita di sangue, le abluzioni nel sangue. Rincorrevano le porzioni di pastiera napoletana nel bosco, e quando le prendevano le appuntavano nei loro quaderni di tassonomia con grandi spilloni. A tavola erano soliti risputare il bolo nel piatto per fare giochi di prestigio. Giocavano al tiranno, a turno ordinavano all'altro di avvolgersi nel tappeto del salotto, scendere nelle fogne e affrontarle come rapide in un canyon.
I fratelli immaginari facevano soffiare il vento sulla tangenziale per vedere quale fosse il mezzo che si sarebbe ribaltato per primo. Smontavano i loro capricci e li nascondevano nei cavi tronchi degli alberi. Con esperimenti di elettrolisi, laminavano le loro gambe con oro e titanio; in quei momenti avrebbero potuto far piangere di rimorso un uomo adulto con un semplice sguardo seguito da una contrazione dei muscoli pubococcigei. Un giorno giocando a biglie inventarono il determinismo.
I fratelli immaginari, quando trovavano una grotta tra le montagne, sostituivano le stalattiti con aghi ipodermici e le stalagmiti con amministratori delegati. La lingua che utilizzavano per comunicare tra di loro era un misto di melodia, comicità, ametista, fiera di paese e metro da sarto. Potevano permettersi di lasciare il sapone fuori dal portasapone. Nessuno dimenticherà mai il giorno in cui decisero di abbandonare il paese, poiché la notte stessa, la costellazione del toro entrò dentro al pollaio per rubare tre uova.
09 agosto 2010
Scegli un colore e picchialo a sangue
La cucitura del cuscino sul dorso del mio collo, preme, le presto attenzione. Spero di non dimenticare le cose che ho toccato. Sono uno che rinnega lo sporco nei fazzoletti, qualcosa che prima era mio, o ero io. Se mi chiedeste dove trovare il peccato, vi direi di cercare nel passaggio dalla pianura ai monti.
Non credo all'abbracciarsi le ginocchia.
C'è quella parte del pollice, quella un po' più larga, dove si incontrano le due falangi: percossa contro gli oggetti produce un rumore legnoso e ho imparato ad usarla per tenere il tempo. A causa dei ritmi sincopati, fa male e ripenso alla scuola media e ai ragazzi popolari che tenevano per vezzo un anello di metallo intorno alla base del pollice. Suppongo che distinguere la foto di un tramonto da quella di un'alba sia solo una questione di concentrazione.
Mi avvolgo il fil di ferro intorno alle dita.
Provo a non essere troppo sicuro di me quando a penso a cosa è una gabbia e cosa non lo è. Pensieri che assomigliano a quello che volevamo fosse la filosofia, pensieri che sembrano messaggi che si fanno strada tral rumore bianco. Ho cominciato a coltivare un'ossessione ma è venuto fuori un bonsai. Mi fermo a guardare uno scarafaggio scavalcare un pelo pubico sul pavimento. I modellini in scala fatti con la carta si dividono in due categorie: i ruffiani e i prepotenti.
Se ora mi presti le mani ci gioco un po'.
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