Succede che alcuni pomeriggi, uscendo dal lavoro, io trovi una cavalletta accomodata sul parabrezza della mia macchina. Io non ho una coscienza, quindi la cavalletta non dice niente.
Entro in libreria. Sorvolo le ultime uscite, snob. Vado agli scaffali della narrativa, alla lettera G, leggo tutti i titoli sul dorso dei libri alla G. Li trovo insipidi, non prendo neanche un libro. Inizio a puntare libri a caso. Di sguincio guardo le ragazze carine. Sbircio i titoli dei libri in mano agli altri avventori. Prendo in braccio tanti libri che vorrei leggere, accudire, svezzare, a cui vorrei cambiare la vita. Ascolto indiscreto le parole senza sugo delle professoresse di italiano e delle loro amiche. Mi interrogo sulla natura dell'ordine alfabetico. Nella mia libreria ideale, i libri sono in ordine di interesse, crescente. Secondo il mio, di interesse. Così potrei entrare in libreria, adocchiare un libro: "uhm, interessante", e poi vederne un altro: "uhm, ancora più interessante", e così via fino al momento di dover andare via, avendo detto un sproposito di volte "uhm". Gli ultimi libri sarebbero quelli, quelli che ho sempre cercato. Rimango in silenzio e guardo. Guardo i libri che ho in mano e penso che idea ci si possa fare del loro lettore. Le cassiere mi mettono sempre addosso l'ansia da interrogazione alla cattedra, me le figuro acide che stanno lì a giudicarmi in base agli acquisti che faccio. "Ecco un altro sfigato che legge Carver e vuole fare lo scrittore". Rimetto sulla sua pila un testo di Calvino che non ho ancora letto, che avevo pensato di prendere e ora ho deciso di lasciare: adesso immagino di avere un debito nei suoi confronti, di Calvino intendo. Dalla porta automatica entra un ragazzino di otto o nove anni, insieme a quello che potrebbe essere il padre. Il ragazzino gli sta spiegando che "... se raccogli abbastanza punti, è come avere una vita in più...". Mi guardo intorno, cercando di incrociare lo sguardo di qualcun altro che abbia sentito. C'è solo un trentenne, giacca e camicia, occhiali dalla montatura nera, spessa, squadrata.
Lo guardo negli occhi.
Lui mi guarda di riflesso.
Non ha capito niente.
Deve essere un altro sfigato che legge Carver e vuole fare lo scrittore.
- E' come avere una vita in più -
Ecco, sì, più o meno.
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