28 ottobre 2008

vedi alla voce: Astronomia del quotidiano

Adesso non so esattamente sotto che forma io possa apparire, ad un set di occhi standard. Forse bambino, forse cappellaio matto, forse simbologia floreale per carta da parati. Comunque dondolo, sopra un seggiolo di materia plastica. Dentro altalena, dentro sabbiera, dentro giardino, dentro cortile, dentro istituto educativo, dentro dentro dentro: qui reificata la condizione di dentro, la dicotomia delle appartenenze interiori.
Rincorro l'apogeo scalciando. Il bacucco e la bambina non vogliono guardare e si tappano le orecchie: dentro l'avvizzito secchio cerebrale del crapone due pensieri se ne vanno a letto insieme, -emulazione- e -fittizio-. Io vorrei solo quel male di cui tutti parlano, il male che si farà, il male che si è fatto, il male è la droga nei pensieri di loro che parlano di me. Per me quel male è sperimentale e collaterale, come una buca per la terra sotto le unghie.
Importa? Importare significherebbe prendere questa scena e sezionarla come uno scoiattolo sul tavolo operatorio: tirare fuori tutti gli organi, che sono attimi più fili d'erba più anelli metallici, e rimetterli dentro secondo un ordine di gusto arbitrario. Poi, sperare che lo scoiattolo torni ad accatastare ghiande e ad essere adorabile. E' una legge severa quella per cui l'accatastamento delle ghiande avverrà solamente quando non avrà alcuna importanza se ogni ghianda è accatastata o meno.
Millenni, la voglia di buttarsi dall'altalena in swing misinterpretata per desiderio di volare.
Ogni storia umana contempla ineluttabile un ginocchio sbucciato.

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