15 ottobre 2006
Il giorno prima di ieri ho detto una parola piena di "s"
Il conto delle cose che possono accadere in due giorni è un fatto di puro calcolo. Un singolo gesto ripetuto un numero incalcolabile di volte è invece un frutto. Frutto di incontrollabile volontà. Puro, in un modo diverso. Puro in tre volte cento modi diversi. Succoso e zuccherino, aspro e mordace. Dare indietro (ed era la prima volta) quello che devo sempre rubarti. Non basta, non basta. Il più grande difetto di due giorni è che non sono tre giorni. E poi scendi giù, lassù. Alte quote. Perigliose, ma non se si è dotati di ali (cosa per pochi) o se si è trovato il modo di cucire insieme un paracadute di fortuna. O se si è avuta la fortuna di riceverne uno in dono. Odio chi rende stucchevoli e toglie significato alle parole, con romanticismo da quattro soldi, come per: indimenticabili. Ma ci sono quei momenti. Quelli in cui il destino, che è sempre cinico e baro, è voltato dall'altra parte, o è in pausa caffè. Quindi non può vederti, e tu afferri quello che puoi, non volendo neanche sprecarlo a pensare chissà quando o se capiterà di nuovo. E' stato un viaggio lungo, faticoso in fine. E io sono tornato cambiato. Il luogo del ritorno si è fatto trovare cambiato. Quel giorno sembrava un martedì, due giorni sono sembrati uno. Uno. Non occhi nuovi, perchè stavolta non è la vista il senso che vince, non è la vista il senso a dare il senso. E ora possiamo inventare le nostre parole. Mmm.
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