Penso a quelle illusioni ottiche in cui, in modo alternato, si riesce a vedere un vaso o due volti uno di fronte all' altro. Se quei due volti, invece che di profilo ti guardassero negli occhi, sarebbe molto più difficile vedere lo spazio vuoto tra di loro. Proprio per via degli occhi. Allora provo ad entrare dalla porta di servizio. Mi immergo nella folla, alla stazione, alla fiera, nella piazza del giorno di festa. Tutte quelle facce e io le ignoro, guardo lo spazio nel mezzo, i contorni. Le linee a volte si sovrappongono, come in un grande diagramma Eulero-Venn delle intersezioni umane. Il negativo di un Pellizza da Volpedo. L'ennessimo stato gassoso dell’essere. Una disillusione ottica. Il nostro spazio personale, il nostro spazio negativo. Qui è dove finisco io e comincia la mia equivalenza topologica alla colazione, quella che mi hai fatto trovare sul tavolo della cucina, domani mattina.
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