Il lago artificiale è un luogo appena al di fuori dell'insieme dei luoghi che vale la pena ritrarre. Pochi posti sono meno adatti per coloro che amano la pesca; in compenso, per chi non si è fatto una opinione precisa sulla pesca, questo fatto è totalmente ininfluente. Io preferisco andarci quando ho così tante cose da fare che non ho niente da fare. Il lago artificiale si fa apprezzare perché è un posto pieno di significato, come quella volta che mi sono seduto sopra una panchina fresca di vernice e quando mi sono alzato avevo i pantaloni tutti sporchi di significato.
La coscienza collettiva del krill è uno di quei fenomeni che può lasciare a bocca aperta perfino un animale navigato come la balena. Alcuni scienziati credono che la natura stessa di Dio sia un prodotto emergente dalla coscienza condivisa del krill. Una volta uno studioso del krill mi disse: "Dio è come Mina: una volta stava in mezzo alla gente, si faceva vedere, sorrideva. Oggi nessuno sa che faccia abbia, vive nella reclusione del suo eremo e sporadicamente fa sentire la sua voce".
25 dicembre 2009
20 dicembre 2009
Entra il fragore del tuono, senza bussare
Più ci si avvicina all'orizzonte con lo sguardo, più ci si sente alleggeriti dalla responsabilità. La responsabilità di salire sopra uno sgabello per scrutare più lontano, la responsabilità di sconfiggere la nebbia. Avviene senza che il paesaggio influisca, ma lo stesso ci si aspetta che l'intorno venga annodato da qualche aurora che si muove veloce, o che si apra un sipario lento. C'è spazio per lo scoccare di collisioni. Si percepisce la smania della luce di sgorgare, come la cioccolata nelle fontane delle vetrine, quelle del corso grande. A chiudere la finestra rimane il sapore di una nostalgia, come se si fosse persa l'occasione di imparare a suonare la fisarmonica, e non poter così improvvisare un concertino a solo beneficio della pila di libri sullo scaffale. E quando una scimmietta balla, a chi importa che sia meccanica o meno?
19 dicembre 2009
20 settembre 2009
Massima cattiveria nel silenzio
Beh, era una giornata piena di sole. Non che ci fosse niente di male, ma l'unica caratteristica di quella giornata era l'abbondanza di sole. Essere pieni sole è una qualità come ce ne sono tante altre. Guidavo allegramente, che se la mia macchina avesse potuto saltellare, avrebbe saltellato. Dovete immaginarvi la mia macchina con il parabrezza quasi verticale. Ecco, mentre io me ne stavo a guidare, una cimice molto verde si arrampica sul parabrezza. La cimice era MOLTO verde. Le cimici sono molto verdi solo nelle giornate piene di sole. Camminava sulla mia macchina con quel modo di camminare che hanno le cimici e faceva finta di niente, come se la mia macchina fosse un pianeta. Quando qualcuno cammina su di un pianeta che si muove, lo fa sempre facendo finta di niente, o almeno facendo finta che il pianeta non si muova. Per un attimo ho pensato di chiedervi di considerare il punto di vista della cimice, ma adesso ci ho ripensato. Tutto qui.
Ammettiamo che tu sia una persona che si butta giù facilmente. Arriva un qualcuno qualsiasi e ti dice "Non buttarti giù!". Allora ti chiederai: "Dunque sono una persona che si butta giù facilmente?". Questo pensiero, poichè sei una persona che si butta giù con facilità, ti butterà giù. E succederà che il pensiero di essere buttato giù dal fatto di sapere di essere facile a buttarsi giù, ti butterà giù. A causa di tutto questo essere buttato giù, ti dirai: "Sì, è vero, mi butto giù facilmente." e ti butterai giù di conseguenza. Fin quando non ci sarà qualcuno che, vedendoti così buttato giù, ti dirà: "Non buttarti giù!".
Immaginate di avere davanti a voi un cofano emozionale, uno di quelli che si manovrano solo dall'esterno. Lo aprite e ci trovate dentro qualcuno. La verità è che quel qualcuno non è la vittima. Soprattutto quando ha ancora le chiavi in tasca.
Ora le mie mani non sono dove dovrebbero essere. La riduzione a horror.
Vorrei iniettarmi mine di matite nelle vene, per vedere disegnato in trasparenza il grafico del mio sangue che circola sterile, in un gran premio senza fine e senza premio.
Io esisto nel tempo come un'auto che passa dentro una fotografia.
Sono seduto in un caffè. Davanti a me c'è seduta una donna, in mezzo un tavolo di plastica bianco sporco a dividerci. Alla mia sinistra una vetrata che affaccia su un giorno che comincia o inizia o prosegue sulla falsariga di. La donna è sottile, si stringe nelle spalle, tiene i gomiti sul tavolo non troppo distanti tra loro. Tiene la testa appoggiata sul dorso della mano destra. Indossa una maglia nera di lana, aderente, che le copre gli avambracci fino a metà. Tutto nel suo viso è estremamente orizzontale. Non stiamo dicendo niente, non abbiamo parlato di niente. Lei osserva la parte del mio schienale che raggiunge il muro, dove parte dell'imbottitura è fuoriuscita dalla tappezzeria. Io fisso il bordo interno della tazza vuota che ha davanti. E' macchiato di caffè. Immagino di segarle il braccio a metà, lungo la manica, e osservarne la sezione longitudinale, i muscoli, l'ulna, il radio, il midollo osseo, le vene e le arterie. Immagino che per un momento non vi sia più interazione possibile tra alcun atomo della materia; ogni cosa sarebbe polverizzata, nebulizzata, tutto rientrerebbe anonimo nei processi pseudocaotici della galassia, io, lei, la tazza di caffè, il bar, la strada, il giorno fuori. Immagino di prendere la tazza vuota e tirarla contro il muro, sento già il rumore dei cocci che rimbalzano per terra, sento già il rumore degli sguardi degli altri avventori sul nostro tavolo. Immagino uno scenario meno compromettente. Immagino che d'improvviso la forza di gravità si inverta, ma limitatamente alla tazza di caffè. Cadrebbe verso l'alto, e si andrebbe a schiantare sul soffitto. La gente intorno osserverebbe il fenomeno con stupore e cercherebbe il mio sguardo per darmi di gomito, un nauseante lo-hai-visto-anche-tu, siamo-parte-di-qualcosa-insieme. Ma a quel punto noi saremmo già andati via, e io sarei già lontano.
Ammettiamo che tu sia una persona che si butta giù facilmente. Arriva un qualcuno qualsiasi e ti dice "Non buttarti giù!". Allora ti chiederai: "Dunque sono una persona che si butta giù facilmente?". Questo pensiero, poichè sei una persona che si butta giù con facilità, ti butterà giù. E succederà che il pensiero di essere buttato giù dal fatto di sapere di essere facile a buttarsi giù, ti butterà giù. A causa di tutto questo essere buttato giù, ti dirai: "Sì, è vero, mi butto giù facilmente." e ti butterai giù di conseguenza. Fin quando non ci sarà qualcuno che, vedendoti così buttato giù, ti dirà: "Non buttarti giù!".
Immaginate di avere davanti a voi un cofano emozionale, uno di quelli che si manovrano solo dall'esterno. Lo aprite e ci trovate dentro qualcuno. La verità è che quel qualcuno non è la vittima. Soprattutto quando ha ancora le chiavi in tasca.
Ora le mie mani non sono dove dovrebbero essere. La riduzione a horror.
Vorrei iniettarmi mine di matite nelle vene, per vedere disegnato in trasparenza il grafico del mio sangue che circola sterile, in un gran premio senza fine e senza premio.
Io esisto nel tempo come un'auto che passa dentro una fotografia.
Sono seduto in un caffè. Davanti a me c'è seduta una donna, in mezzo un tavolo di plastica bianco sporco a dividerci. Alla mia sinistra una vetrata che affaccia su un giorno che comincia o inizia o prosegue sulla falsariga di. La donna è sottile, si stringe nelle spalle, tiene i gomiti sul tavolo non troppo distanti tra loro. Tiene la testa appoggiata sul dorso della mano destra. Indossa una maglia nera di lana, aderente, che le copre gli avambracci fino a metà. Tutto nel suo viso è estremamente orizzontale. Non stiamo dicendo niente, non abbiamo parlato di niente. Lei osserva la parte del mio schienale che raggiunge il muro, dove parte dell'imbottitura è fuoriuscita dalla tappezzeria. Io fisso il bordo interno della tazza vuota che ha davanti. E' macchiato di caffè. Immagino di segarle il braccio a metà, lungo la manica, e osservarne la sezione longitudinale, i muscoli, l'ulna, il radio, il midollo osseo, le vene e le arterie. Immagino che per un momento non vi sia più interazione possibile tra alcun atomo della materia; ogni cosa sarebbe polverizzata, nebulizzata, tutto rientrerebbe anonimo nei processi pseudocaotici della galassia, io, lei, la tazza di caffè, il bar, la strada, il giorno fuori. Immagino di prendere la tazza vuota e tirarla contro il muro, sento già il rumore dei cocci che rimbalzano per terra, sento già il rumore degli sguardi degli altri avventori sul nostro tavolo. Immagino uno scenario meno compromettente. Immagino che d'improvviso la forza di gravità si inverta, ma limitatamente alla tazza di caffè. Cadrebbe verso l'alto, e si andrebbe a schiantare sul soffitto. La gente intorno osserverebbe il fenomeno con stupore e cercherebbe il mio sguardo per darmi di gomito, un nauseante lo-hai-visto-anche-tu, siamo-parte-di-qualcosa-insieme. Ma a quel punto noi saremmo già andati via, e io sarei già lontano.
14 agosto 2009
dlt
dentrolatesta i ricordi si perdono come la crema scivola via da un dolce appena addentato. dentrolatesta ogni pensiero grande è anche audace e riesce sempre ad evadere da dentrolatesta. dentrolatesta milioni di stelle non possono avere torto, è dunque meglio non esserci più e brillare ancora. dentrolatesta il mondo non è più piatto come una mappa, quindi possiamo ancora cadere fuori dai bordi di una mappa, ma non del mondo. dentrolatesta per questo il mondo non ha bisogno di un parapetto. dentrolatesta fotesi + fotoantitesi = fotosintesi. dentrolatesta una volta i telefoni squillavano dove e quando non c'era nessuno pronto a rispondere. dentrolatesta le bottiglie vuote dello shampoo sono perfetti sottomarini. dentrolatesta se non andassi a dormire sarebbe sempre oggi. dentrolatesta i pollici opponibili sono antidemocratici. dentrolatesta da bambino ero così solo che neanche le gemelle di shining volevano giocare con me. dentrolatesta esistere fa il solletico. dentrolatesta c'è una versione di me che non conosci, ma anche quella non parla mai. dentrolatesta l'egocentrismo salva da altri sistemi di riferimento inerziali. dentrolatesta cosa altro fanno i bambini, se non stare seduti sul sedile posteriore? dentrolatesta se fossi un giorno sarei martedì oppure giovedì. dentrolatesta non smetto mai di tamburellare le dita. dentrolatesta sei per me la prima canzone punk mai ascoltata.
14 giugno 2009
Manuale per giovani mar morti
Sta a guardare la gente che si china sul fioco getto d'acqua che sgorga dal marmo, mentre raccoglie le mani a coppa e tenta di dissetarsi.
"non si accorgono che questo è il gesto più religioso che faranno in tutta la vita"
A causa dei piccioni e delle persone e delle coppie di piccioni e delle coppie di persone, chiude gli occhi. Per non essere assediati da luoghi comuni e tubature.
"vogliono solo essere felici come animali"
Si trova la bocca con le mani, tenendo gli occhi chiusi. Se la apre infilandoci le dita, come se le fosse sconosciuta e aliena. Allunga una mano e chiede che ci metta sopra qualcosa che possa essere mangiato. Io ho solo una caramella avvizzita. La inserisce in quella fessura con biasimo chirurgico.
"falso"
Dopo un poco.
"non è facile vivere con gli occhi chiusi, quando hai fame"
Certi fogli di giornale se ne vanno in giro da soli, come un teatrino della marionette. Il vento tira le fila. Metto le mani dove è lei, cercando di non farla apparire una spaccatura. Mi sembra una bambina che colora con la testa appoggiata sul foglio, contro la guancia, fissando la matita a tempera mentre oscilla fuori fuoco. Un delirio delfico.
"se io fossi una cleptomane, tu saresti il monogramma di uno sconosciuto sopra un fazzoletto rubato"
Apre gli occhi. Per un istante la sua pupilla si stringe e si stringe, lasciando un forellino d'ossidiana nel mezzo. Capisco che è rimasta delusa quando tutto questo non è semplicemente scomparso.
"ora lasciami stiracchiare un po', poi andiamo via. dobbiamo festeggiare"
festeggiare cosa?
"che ci sia ancora qualcosa da salvare"
"non si accorgono che questo è il gesto più religioso che faranno in tutta la vita"
A causa dei piccioni e delle persone e delle coppie di piccioni e delle coppie di persone, chiude gli occhi. Per non essere assediati da luoghi comuni e tubature.
"vogliono solo essere felici come animali"
Si trova la bocca con le mani, tenendo gli occhi chiusi. Se la apre infilandoci le dita, come se le fosse sconosciuta e aliena. Allunga una mano e chiede che ci metta sopra qualcosa che possa essere mangiato. Io ho solo una caramella avvizzita. La inserisce in quella fessura con biasimo chirurgico.
"falso"
Dopo un poco.
"non è facile vivere con gli occhi chiusi, quando hai fame"
Certi fogli di giornale se ne vanno in giro da soli, come un teatrino della marionette. Il vento tira le fila. Metto le mani dove è lei, cercando di non farla apparire una spaccatura. Mi sembra una bambina che colora con la testa appoggiata sul foglio, contro la guancia, fissando la matita a tempera mentre oscilla fuori fuoco. Un delirio delfico.
"se io fossi una cleptomane, tu saresti il monogramma di uno sconosciuto sopra un fazzoletto rubato"
Apre gli occhi. Per un istante la sua pupilla si stringe e si stringe, lasciando un forellino d'ossidiana nel mezzo. Capisco che è rimasta delusa quando tutto questo non è semplicemente scomparso.
"ora lasciami stiracchiare un po', poi andiamo via. dobbiamo festeggiare"
festeggiare cosa?
"che ci sia ancora qualcosa da salvare"
21 maggio 2009
Con tanti saluti dal basso ereticato
Se fossi una mela probabilmente non la chiamerei gravità, ma libero arbitrio.
21 aprile 2009
Ma poi non sapresti a cosa aggrapparti
vorrei avere da raccontare storie che sanno di bruciato. vorrei assaggiare gli occhi liquorosi del mondo. A volte rigurgito. risputo nel bicchiere prima di buttare giù. per vedere se ci sono parole incastrate tra i denti, parole a marcire contro le pareti bucate della bocca. parole di carne troppo cotta, formiche negre sul tronco encefalico. mi fanno rizzare i peli dietro la nuca. ho questa riserva di stima incondizionata per una ragazza che sapesse bruciarmi sul petto la parola IRONIA. ho questa cosa addosso che arranco sulla superficie delle persone. voi per me siete tutti in salita.
(fino a tre, trattenendo il respiro con una scusa)
1) Questa situazione è del tutto surrenale.
2) Da bambino volevo uccidere tutti con i trasferelli e diventare un decalcomaniaco omicida.
3) Raramente ci è concesso il fiore che desidereremmo. Più spesso, veniamo costretti a scendere a compromessi con i nostri orchideali.
Se le conversazioni sono porte, so fare sospiri a doppia mandata. Contro le persone che per vizio si introducono a vicenda. Come dannate VHS E120 dove non entra mai il finale. Ho l'impressione che mi rimangano solo azioni e manifestazioni troppo visibili per essere viste. Come dire: sono stato sfidato a duello e la mia scelta dell'arma è ricaduta su Torte in faccia. Poter annunciare "Senza rancore, ma abbiamo sbagliato tutto; Dobbiamo tornare indietro di 10 pagine". Tanto ci stavamo leggendo senza capire niente. Perchè comportarsi come se quello che hai in mano debba per forza appartenere ad un luogo e che quello che non hai in mano debba essere tenuto insieme da equilibri già contrattati, da dadi già tratteggiati, equivale a tracciare la rotta del proprio non saper nuotare. Rigore e compassione. Crapuloni coraggiosi.
Strizzo le tempie abbastanza forte da far affiorare i dotti dove scorre la linfa. Filigrana di certe ispirazioni. Mi scorre dentro artritica, a piccole valanghe con le unghie spezzate. Le pareti interne tutte graffitate e carbonizzate, come i bordi delle mappe del tesoro. A seguirne la tessitura con i polpastrelli si potrebbe capire da dove tutto ha inizio. Probabilmente dalla pancia. L'inizio, arroccato intorno a un buco che non va a finire da nessuna parte. Il covo. Scalcio dentro, come un feto cronenberghiano.
Io posso anche fare la parte del cretino spelacchiato, quello che se ne sta a farsi nevicare in testa, quello con gli occhi annuvolati, quello che crede che la pioggia sgorghi solo da un cielo ulceroso, quello dai sentimenti idrodinamici, quello che per fare la corsa col sacco prima col sacco ci deve stringere un legame, quello che sogna di suscitare prodigiose increspature della pelle, quello che inchino e sberrettata, quello che sarà salvato dalla chimica, cavaliere della tavola periodica, quello che ti prego ti prego ti prego chiedimi di tirarti fuori di qui.
(fino a tre, trattenendo il respiro con una scusa)
1) Questa situazione è del tutto surrenale.
2) Da bambino volevo uccidere tutti con i trasferelli e diventare un decalcomaniaco omicida.
3) Raramente ci è concesso il fiore che desidereremmo. Più spesso, veniamo costretti a scendere a compromessi con i nostri orchideali.
Se le conversazioni sono porte, so fare sospiri a doppia mandata. Contro le persone che per vizio si introducono a vicenda. Come dannate VHS E120 dove non entra mai il finale. Ho l'impressione che mi rimangano solo azioni e manifestazioni troppo visibili per essere viste. Come dire: sono stato sfidato a duello e la mia scelta dell'arma è ricaduta su Torte in faccia. Poter annunciare "Senza rancore, ma abbiamo sbagliato tutto; Dobbiamo tornare indietro di 10 pagine". Tanto ci stavamo leggendo senza capire niente. Perchè comportarsi come se quello che hai in mano debba per forza appartenere ad un luogo e che quello che non hai in mano debba essere tenuto insieme da equilibri già contrattati, da dadi già tratteggiati, equivale a tracciare la rotta del proprio non saper nuotare. Rigore e compassione. Crapuloni coraggiosi.
Strizzo le tempie abbastanza forte da far affiorare i dotti dove scorre la linfa. Filigrana di certe ispirazioni. Mi scorre dentro artritica, a piccole valanghe con le unghie spezzate. Le pareti interne tutte graffitate e carbonizzate, come i bordi delle mappe del tesoro. A seguirne la tessitura con i polpastrelli si potrebbe capire da dove tutto ha inizio. Probabilmente dalla pancia. L'inizio, arroccato intorno a un buco che non va a finire da nessuna parte. Il covo. Scalcio dentro, come un feto cronenberghiano.
Io posso anche fare la parte del cretino spelacchiato, quello che se ne sta a farsi nevicare in testa, quello con gli occhi annuvolati, quello che crede che la pioggia sgorghi solo da un cielo ulceroso, quello dai sentimenti idrodinamici, quello che per fare la corsa col sacco prima col sacco ci deve stringere un legame, quello che sogna di suscitare prodigiose increspature della pelle, quello che inchino e sberrettata, quello che sarà salvato dalla chimica, cavaliere della tavola periodica, quello che ti prego ti prego ti prego chiedimi di tirarti fuori di qui.
29 marzo 2009
Mi nascosi all'ombra d'una sagacia
Il cannibale sogna un'umanità glabra.
In pieno agosto,
a bordo del mezzo di trasporto pubblico,
La convinzione dell'umanista vacilla.
Danza d'accoppiamento tra spettatore e tv:
Lo spettatore ammaestra colesterolo ubbidiente.
La tv propone preservativi con intarsi maori.
Lo spettatore affigge la guida ai programmi
fuori dalla porta del salotto
e dal suo modellato scranno, secede.
La tv predica pozze catramose agli eteroformi.
Lo spettatore espia a mezzo carta di credito.
La tv placca in oro idoli dalla chiappa antonomastica.
Lo spettatore dispera dei propri cedimenti idraulici.
La tv dota lo spettatore d'un cervello coibentato.
Lo spettatore, occhi spalancati nella notte
cerbiatto d'autostrada, immobile a fari accorrenti
imbambolato e perduto, applaude.
(il seguente brano è tratto da: "I migliori racconti della tradizione favolostica")
L'uomo mangia l'uovo. L'uovo abbandona la cesta. L'uovo si fa strumento. L'uomo sbuffa. La linea dell'uovo è affilata, la ... dell'... è stilizzata. L'uomo è compiaciuto. L'uomo sceglie un angolo e si dedica alla vestizione. L'uovo l'ha scelto una puttana. Poi di nuovo l'uomo e l'uovo sono insieme, tutto viene registrato, regolato, vantaggiosamente per tutti. L'uomo fissa i piedi della bambola al pavimento con i chiodi. La bambola è narcisa poi recisa. L'uovo barcolla. L'elicottero antincendio supera la linea dell'orizzonte. L'ascesa dell'elicottero è uno sberleffo. La linea dell'orizzonte picchietta contro i vetri. L'uomo apre la finestra. L'uomo va in epistassi. La bambola si preoccupa della disinfezione. L'uovo previene la fibromialgia. L'elicottero sorvola un'impiccagione. L'uovo si tranquillizza, poi insubordina. L'uomo ripiana il debito verso la bambola con un'omelette. La bambola esplode. L'assenza di traffico proietta oscurità contro la strada vuota. Il semaforo solitario recita un'omelia di colore nella notte, inascoltato.
In pieno agosto,
a bordo del mezzo di trasporto pubblico,
La convinzione dell'umanista vacilla.
Danza d'accoppiamento tra spettatore e tv:
Lo spettatore ammaestra colesterolo ubbidiente.
La tv propone preservativi con intarsi maori.
Lo spettatore affigge la guida ai programmi
fuori dalla porta del salotto
e dal suo modellato scranno, secede.
La tv predica pozze catramose agli eteroformi.
Lo spettatore espia a mezzo carta di credito.
La tv placca in oro idoli dalla chiappa antonomastica.
Lo spettatore dispera dei propri cedimenti idraulici.
La tv dota lo spettatore d'un cervello coibentato.
Lo spettatore, occhi spalancati nella notte
cerbiatto d'autostrada, immobile a fari accorrenti
imbambolato e perduto, applaude.
(il seguente brano è tratto da: "I migliori racconti della tradizione favolostica")
L'uomo mangia l'uovo. L'uovo abbandona la cesta. L'uovo si fa strumento. L'uomo sbuffa. La linea dell'uovo è affilata, la ... dell'... è stilizzata. L'uomo è compiaciuto. L'uomo sceglie un angolo e si dedica alla vestizione. L'uovo l'ha scelto una puttana. Poi di nuovo l'uomo e l'uovo sono insieme, tutto viene registrato, regolato, vantaggiosamente per tutti. L'uomo fissa i piedi della bambola al pavimento con i chiodi. La bambola è narcisa poi recisa. L'uovo barcolla. L'elicottero antincendio supera la linea dell'orizzonte. L'ascesa dell'elicottero è uno sberleffo. La linea dell'orizzonte picchietta contro i vetri. L'uomo apre la finestra. L'uomo va in epistassi. La bambola si preoccupa della disinfezione. L'uovo previene la fibromialgia. L'elicottero sorvola un'impiccagione. L'uovo si tranquillizza, poi insubordina. L'uomo ripiana il debito verso la bambola con un'omelette. La bambola esplode. L'assenza di traffico proietta oscurità contro la strada vuota. Il semaforo solitario recita un'omelia di colore nella notte, inascoltato.
22 marzo 2009
La fine giustifica gli intermezzi
Io non credo che tu esista. Per quel che vale, non credo d'esistere neanche io. Potremmo essere semplicemente l'immaginazione di qualcosa nel mezzo. Questa rivelazione mi solleva da tutte le responsabilità, tranne quella di scoprire le definizioni nascoste tra le più piccole pieghe di questa creazione. Questa rivelazione è la causa che mi rende estranei, all'improvviso, gli oggetti familiari. Non avevo mai visto la serratura della porta di casa mia con questi occhi. E' per questo che vedo l'azzurro solo lungo i bordi di un tetto. E' per questo che non sento calore, ma solo bruciore di cento minuscoli graffi.
Ho provato subito disinteresse per il grande fuoco. Mi sono appassionato, invece, alla giovane scintilla. Con animo incerto ne ho seguito il percorso. Ho forse contribuito alla sua dissoluzione semplicemente osservandola? Io sapevo che le sarebbe bastato posarsi in un punto piuttosto che un altro per spegnersi velocemente o dar vita ad un nuovo baluginare di fiamme, che avrebbe aggiunto la sua lingua al rissoso ululare del grande fuoco. Sì, è meglio bruciare senza avere nessuno a casa che ti aspetti.
Un grande fiocco rosso per presentarsi.
Cielo freddo macchiato, panna a parte.
Corpo fasciato da stringhe nere e digrignare di zip tutt'intorno.
Piuttosto che il sole, disegnare finestre.
Un pube interrogativo.
Il mare è salato perchè le balene sono tristi.
Sì, ma una volta sollevato il velo di Maya, uno cosa deve fare? baciarla?
Obliterami l'anima.
L'altra notte m'ha fatto visita un succubus. Ora devo ristuccare le finestre.
Ofelia, oh Ofelia, ridi come noi ridicoli! T'offro speranza di gentile follia.
Il posto da cui escono le parole ha una porta di servizio.
Dopo, sentirsi un ghiacciolo cui hanno succhiato via l'amarena.
Se questi alberi potessero parlare, chiederebbero di fare un giro sulla ruota panoramica.
Ho provato subito disinteresse per il grande fuoco. Mi sono appassionato, invece, alla giovane scintilla. Con animo incerto ne ho seguito il percorso. Ho forse contribuito alla sua dissoluzione semplicemente osservandola? Io sapevo che le sarebbe bastato posarsi in un punto piuttosto che un altro per spegnersi velocemente o dar vita ad un nuovo baluginare di fiamme, che avrebbe aggiunto la sua lingua al rissoso ululare del grande fuoco. Sì, è meglio bruciare senza avere nessuno a casa che ti aspetti.
Un grande fiocco rosso per presentarsi.
Cielo freddo macchiato, panna a parte.
Corpo fasciato da stringhe nere e digrignare di zip tutt'intorno.
Piuttosto che il sole, disegnare finestre.
Un pube interrogativo.
Il mare è salato perchè le balene sono tristi.
Sì, ma una volta sollevato il velo di Maya, uno cosa deve fare? baciarla?
Obliterami l'anima.
L'altra notte m'ha fatto visita un succubus. Ora devo ristuccare le finestre.
Ofelia, oh Ofelia, ridi come noi ridicoli! T'offro speranza di gentile follia.
Il posto da cui escono le parole ha una porta di servizio.
Dopo, sentirsi un ghiacciolo cui hanno succhiato via l'amarena.
Se questi alberi potessero parlare, chiederebbero di fare un giro sulla ruota panoramica.
13 marzo 2009
E' facile smettere di spostare gli oggetti con il pensiero se sai come farlo
Esperimento n. 1: Scrivi ogni tuo pensiero su foglie di platano secche, con inchiostro nero, utilizzando una vecchia macchina da scrivere meccanica. Metti virgole in corrispondenza delle venature più grandi. Ricorda a memoria le parole che la fanno inceppare e inventa per loro un altro significato.
Esperimento n. 2: In una giornata di pioggia, trova un ombrello monocolore e aprilo. Impugna un paio di forbici e colpendolo follemente pratica dei fori nella tela. Esci a camminare, portandolo con te. Verifica miglioramenti negli episodi di soffocamento. Considera l'universo come una scatola di scarpe. Immagina una foglia di lattuga e sopravvivi.
Esperimento n. 3: Prendi la metro e siedi in uno scompartimento poco affollato. Cerca di incrociare lo sguardo di un altro passeggero. A cattura avvenuta, alzati in piedi e suona una fisarmonica immaginaria. Al termine dell'esecuzione fa un leggero inchino e, togliendoti il cappello, allungalo verso il tuo spettatore con fare questuante. Guardalo negli occhi con impazienza.
Esperimento n. 4: Afferra una frusta e falla schioccare con un colpo secco. Con la mano libera, brandisci una sedia in aria. Trova un fiore grande come la testa di un leone. Aprilo e infilaci la testa dentro. Ripeti l'operazione fino a quando non sia certo il tuo coraggio, oppure l'impollinazione.
Esperimento n. 5: Apri il frigorifero e tirane fuori un frutto per ogni tipo. Con un pennarello indelebile disegna su ogni frutto un volto, triste o allegro, e poi assegna a ciascuno un cognome evidentemente inglese. Componi una pièce teatrale in tre atti, con protagonisti i frutti stessi. Congegna l'opera in modo che si verifichino le seguenti scene:
- nel primo atto, un gruppo di arance finisce in prigione. Tutti coloro che le vanno a trovare non sanno cosa portare loro in dono.
- nel secondo atto, un kiwi muore durante un incendio. Il medico legale, nel referto alla voce 'causa del decesso', scriverà 'mancata estinzione'.
- alla fine del terzo atto, tutti i frutti intraprenderanno un viaggio senza ritorno verso un certo paese della penisola balcanica, di cui ometteremo il nome.
Esperimento n. 6: Scatta una foto a lunga esposizione. Quando la macchina fotografica ti chiederà: "Per quanto vuoi che tenga aperto il diaframma?", tu rispondi: "Per sempre". Al termine del tuo cammino, sviluppa la foto. Prendi coscienza del fatto che, per tutta la vita, non c'è stato che bianco. Bianco, bianco, rumore bianco / bianco, bianco, rumore bianco.
Esperimento n. 2: In una giornata di pioggia, trova un ombrello monocolore e aprilo. Impugna un paio di forbici e colpendolo follemente pratica dei fori nella tela. Esci a camminare, portandolo con te. Verifica miglioramenti negli episodi di soffocamento. Considera l'universo come una scatola di scarpe. Immagina una foglia di lattuga e sopravvivi.
Esperimento n. 3: Prendi la metro e siedi in uno scompartimento poco affollato. Cerca di incrociare lo sguardo di un altro passeggero. A cattura avvenuta, alzati in piedi e suona una fisarmonica immaginaria. Al termine dell'esecuzione fa un leggero inchino e, togliendoti il cappello, allungalo verso il tuo spettatore con fare questuante. Guardalo negli occhi con impazienza.
Esperimento n. 4: Afferra una frusta e falla schioccare con un colpo secco. Con la mano libera, brandisci una sedia in aria. Trova un fiore grande come la testa di un leone. Aprilo e infilaci la testa dentro. Ripeti l'operazione fino a quando non sia certo il tuo coraggio, oppure l'impollinazione.
Esperimento n. 5: Apri il frigorifero e tirane fuori un frutto per ogni tipo. Con un pennarello indelebile disegna su ogni frutto un volto, triste o allegro, e poi assegna a ciascuno un cognome evidentemente inglese. Componi una pièce teatrale in tre atti, con protagonisti i frutti stessi. Congegna l'opera in modo che si verifichino le seguenti scene:
- nel primo atto, un gruppo di arance finisce in prigione. Tutti coloro che le vanno a trovare non sanno cosa portare loro in dono.
- nel secondo atto, un kiwi muore durante un incendio. Il medico legale, nel referto alla voce 'causa del decesso', scriverà 'mancata estinzione'.
- alla fine del terzo atto, tutti i frutti intraprenderanno un viaggio senza ritorno verso un certo paese della penisola balcanica, di cui ometteremo il nome.
Esperimento n. 6: Scatta una foto a lunga esposizione. Quando la macchina fotografica ti chiederà: "Per quanto vuoi che tenga aperto il diaframma?", tu rispondi: "Per sempre". Al termine del tuo cammino, sviluppa la foto. Prendi coscienza del fatto che, per tutta la vita, non c'è stato che bianco. Bianco, bianco, rumore bianco / bianco, bianco, rumore bianco.
05 marzo 2009
Balla maledizione, balla
Sono stato steso in terra, aspettando che qualcuno mi vedesse.
(di lassù, a volte si cade in certe trappole gravitazionali)
Cercavo un rifugio per lo sguardo, senza abbracciare niente.
Guardare le stelle era come leggere il labiale dell'universo.
Che poi, è sempre bastato un altro paio di labbra, per.
Non che io fossi una persona priva di difetti.
(alieno? come alieno?)
Avevo, ad esempio, sette vizi bianchi e cinque neri.
Non mi era molto chiaro come potessi stare senza. me.
Come sapessi mettere la fantasia a modo di segnalibro.
Io, creatura semplice, fantasticavo di scalini di marciapiede per compensare.
Immaginavo di morire soffocato in una stanza colma di palloncini.
Fino al soffitto. L'estasi senza scampo di fronte all'immensità.
C'era ancora una voce per te, nei miei soliloqui.
Meccanici, forse. Tu accusandomi:
"Le nostre giornate insieme sono foto amatoriali, non lomografie."
Io, creatura semplice, mi interrogavo sui sentimenti delle mattonelle.
Di certe mutile, accanto al battiscopa, amputate al loro destino di riempitivo.
Io sarei dovuto essere la cifra rossa del tuo bilancio in passivo.
Io un posto ancora non ce l'ho.
Però.
Guardandola controluce, ho scoperto che la piramide delle mie felicità è capovolta.
(di lassù, a volte si cade in certe trappole gravitazionali)
Cercavo un rifugio per lo sguardo, senza abbracciare niente.
Guardare le stelle era come leggere il labiale dell'universo.
Che poi, è sempre bastato un altro paio di labbra, per.
Non che io fossi una persona priva di difetti.
(alieno? come alieno?)
Avevo, ad esempio, sette vizi bianchi e cinque neri.
Non mi era molto chiaro come potessi stare senza. me.
Come sapessi mettere la fantasia a modo di segnalibro.
Io, creatura semplice, fantasticavo di scalini di marciapiede per compensare.
Immaginavo di morire soffocato in una stanza colma di palloncini.
Fino al soffitto. L'estasi senza scampo di fronte all'immensità.
C'era ancora una voce per te, nei miei soliloqui.
Meccanici, forse. Tu accusandomi:
"Le nostre giornate insieme sono foto amatoriali, non lomografie."
Io, creatura semplice, mi interrogavo sui sentimenti delle mattonelle.
Di certe mutile, accanto al battiscopa, amputate al loro destino di riempitivo.
Io sarei dovuto essere la cifra rossa del tuo bilancio in passivo.
Io un posto ancora non ce l'ho.
Però.
Guardandola controluce, ho scoperto che la piramide delle mie felicità è capovolta.
01 febbraio 2009
Sguardi e ladri
i. Stare sotto la pioggia è un investimento a lungo termine. Lì per lì ti sembra di perderci, ma alla fine ne esci più ricco di prima.
ii. La religione monoteista è un'altra dimostrazione che ci si innamora sempre di qualcuno che non esiste.
iii. Il miglior metodo contraccettivo è la spirale di autodistruzione.
Nodi che più tiri e più si stringono. Le strade in discesa. Le reazioni di fissione nucleare. Cosa succede quando una forza impossibile da fermare si applica ad un ostacolo impossibile da spostare? Le razioni di benessere socioaffettivo le trovi comodamente in vendita nei supermercati, in efficienti scatolette di alluminio monoporzione, di quelle sui cui bordi affilati ti ferisci le dita. Il rumore delle gocce che si schiantano sul fondo del lavello, in bilico tra un principio di emorragia e un cliché che ti tiene sveglio la notte. Espropriazioni governative dell'imprevisto. Stanno tutti bene, nonostante i miei sforzi.
iv. Qual è il tuo piano per cambiare il mondo?
v. Il sole non proietta ombre, fa i compiti di disegno tecnico.
vi. Si chiama polidattilia, è quella malattia per cui da grande ti rifiuterai di prendere lezioni di piano.
Sperimentare l'esistenze altrui come luci che lasciano scie di impressioni chimiche su pellicole esposte troppo a lungo. Il dolce ricordo della pasta rosea stretta tra le mascelle, alla ricerca di una impronta dentale, la colpa, la prima mela, tutto quanto. La bocca sigillata, il calore trasformato in solidità, legame tra respiro e panico. Una volta le sirene avevano le ali, lo giuro, è tutto vero. I pavimenti a scacchiera mi fanno venire voglia di assediarti. Poi di notte sento le urla delle matite colorate chiuse nell'astuccio di legno. Hanno incubi. Incubi che noi creature policromatiche non possiamo concepire. Gli incubi di coloro che sono costretti a far uscire dalla testa quello che hanno dentro. Fotofobia e inadempienza alla propria imbottitura. E questa è una distrazione, un argomento nero come la primavera per gli esasperati.
vii. Ci fu lo scontro di civiltà, e poi il relativo CID.
viii. Era una persona così profonda che alla fine è sbucato dall'altra parte.
ix. Questo silenzio è gentilmente offerto dalla bomba appena esplosa e dai timpani appena dissolti. E' stata una ninna-nanna esotermica.
ii. La religione monoteista è un'altra dimostrazione che ci si innamora sempre di qualcuno che non esiste.
iii. Il miglior metodo contraccettivo è la spirale di autodistruzione.
Nodi che più tiri e più si stringono. Le strade in discesa. Le reazioni di fissione nucleare. Cosa succede quando una forza impossibile da fermare si applica ad un ostacolo impossibile da spostare? Le razioni di benessere socioaffettivo le trovi comodamente in vendita nei supermercati, in efficienti scatolette di alluminio monoporzione, di quelle sui cui bordi affilati ti ferisci le dita. Il rumore delle gocce che si schiantano sul fondo del lavello, in bilico tra un principio di emorragia e un cliché che ti tiene sveglio la notte. Espropriazioni governative dell'imprevisto. Stanno tutti bene, nonostante i miei sforzi.
iv. Qual è il tuo piano per cambiare il mondo?
v. Il sole non proietta ombre, fa i compiti di disegno tecnico.
vi. Si chiama polidattilia, è quella malattia per cui da grande ti rifiuterai di prendere lezioni di piano.
Sperimentare l'esistenze altrui come luci che lasciano scie di impressioni chimiche su pellicole esposte troppo a lungo. Il dolce ricordo della pasta rosea stretta tra le mascelle, alla ricerca di una impronta dentale, la colpa, la prima mela, tutto quanto. La bocca sigillata, il calore trasformato in solidità, legame tra respiro e panico. Una volta le sirene avevano le ali, lo giuro, è tutto vero. I pavimenti a scacchiera mi fanno venire voglia di assediarti. Poi di notte sento le urla delle matite colorate chiuse nell'astuccio di legno. Hanno incubi. Incubi che noi creature policromatiche non possiamo concepire. Gli incubi di coloro che sono costretti a far uscire dalla testa quello che hanno dentro. Fotofobia e inadempienza alla propria imbottitura. E questa è una distrazione, un argomento nero come la primavera per gli esasperati.
vii. Ci fu lo scontro di civiltà, e poi il relativo CID.
viii. Era una persona così profonda che alla fine è sbucato dall'altra parte.
ix. Questo silenzio è gentilmente offerto dalla bomba appena esplosa e dai timpani appena dissolti. E' stata una ninna-nanna esotermica.
Laocoonte, inventore del tentacle hentai
Ho inventato una parola. Ho inventato una parola che vuol dire che tutte le parole sono già state inventate.
(P.S. la parola è logosaturazione)
Obiettivamente, il passato. Woody, sdraiato sul divano, sdraiato come ci sdraia in bianco e nero, in una sessione di auto-psicanalisi. Elencando motivi sufficienti alla sopravvivenza, tra un movimento della sinfonia Jupiter e un viso di Tracy. Carlo, in viaggio verso Ladispoli, che rompe una bottiglia di olio e si intrattiene a discutere con l'uomo in canottiera sull'etica della manutenzione del bene pubblico. Carlo e gli occhi al cielo per l'archetipica MariSol, sovvertitrice d'esistenza e colpevolmente spagnola. Vabbè, cinenostalgia.
(P.S. la parola è logosaturazione)
Obiettivamente, il passato. Woody, sdraiato sul divano, sdraiato come ci sdraia in bianco e nero, in una sessione di auto-psicanalisi. Elencando motivi sufficienti alla sopravvivenza, tra un movimento della sinfonia Jupiter e un viso di Tracy. Carlo, in viaggio verso Ladispoli, che rompe una bottiglia di olio e si intrattiene a discutere con l'uomo in canottiera sull'etica della manutenzione del bene pubblico. Carlo e gli occhi al cielo per l'archetipica MariSol, sovvertitrice d'esistenza e colpevolmente spagnola. Vabbè, cinenostalgia.
03 gennaio 2009
Di catarsi incatramarsi
Parte tutto da Najla. Sono due traiettorie separate e speculari. Iniziano procedendo divergenti, linearmente. Poi la velocità con cui si allontano decresce dolcemente, arrivano a camminare parallelamente per un po'. Ad un certo punto nasce tra loro una forza attrattiva, si avvicinano, accelerando. Sembra vogliano scontrarsi. Ora la distanza che le separa da Najla è costante, ma quella tra loro diventa sempre più piccola. Ecco che a pochi istanti dalla fine prendono a rallentare, e ad avvicinarsi a lei. Najla saluta il loro incontro, lungo il piano che ha accompagnato la loro simmetria, con una volgare dimostrazione di denti.
Come si guarda un ascensore che sale, che oltrepassa il tuo piano. La luce che riempie la fessura tra le porte: come per una marea extralunare, seguita dal buio che fa la stessa cosa per non sentirsi dimenticato. Lo stesso modo che ha Najla di guardarti negli occhi: d'un interesse passeggero, come a chiedersi di chi sia l'ombra là dentro. Io, che finisco sempre per immedesimarmi, accendo i miei pensieri in sequenza, come spie che annunciano il susseguirsi dei piani. In un appartamento, due piani più sotto, esplode uno scaldabagno. L'ambiente si satura di particelle di vapore in sospensione che vanno ad attaccarsi a tutte le superfici fredde, rendendole opache, umide e umane. Ora che lei scruta lo spazio vuoto che tratteggio nella stanza, temo sia alla ricerca delle linee di un campo metamagnetico, sensibile solo a qualche suo senso felino. Credo sia il suo modo di orientarsi tra gli uomini.
Quando prende a girarmi la testa, non riesco a più a decifrare i segni del mondo. E l'edificio che sta scivolando lungo la strada ghiacciata? E' una delle sensazioni che mi trivella, vana ricerca di cose che prendono fuoco? Sono io la sua morbida scorza terrestre? Perchè ora Najla mi sembra così vuota di realtà, aliena alla struttura delle cose? Sei Najla o un sbuffo di cenere? Sono vittima di una maledizione, una malia, oppure si tratta della semplice interruzione del flusso sanguigno verso la corteccia cerebrale? Ora mi siederò qui e aspetterò che passi, strappandomi di dosso ogni sanguisuga. No, non sanguisughe: didascalie. Vorrei qualcuno che mi dicesse cosa fare di queste mani ingombranti, che non vanno bene neanche per coprirsi la faccia. La psicosi soffia ed io sono un mulino.
Come si guarda un ascensore che sale, che oltrepassa il tuo piano. La luce che riempie la fessura tra le porte: come per una marea extralunare, seguita dal buio che fa la stessa cosa per non sentirsi dimenticato. Lo stesso modo che ha Najla di guardarti negli occhi: d'un interesse passeggero, come a chiedersi di chi sia l'ombra là dentro. Io, che finisco sempre per immedesimarmi, accendo i miei pensieri in sequenza, come spie che annunciano il susseguirsi dei piani. In un appartamento, due piani più sotto, esplode uno scaldabagno. L'ambiente si satura di particelle di vapore in sospensione che vanno ad attaccarsi a tutte le superfici fredde, rendendole opache, umide e umane. Ora che lei scruta lo spazio vuoto che tratteggio nella stanza, temo sia alla ricerca delle linee di un campo metamagnetico, sensibile solo a qualche suo senso felino. Credo sia il suo modo di orientarsi tra gli uomini.
Quando prende a girarmi la testa, non riesco a più a decifrare i segni del mondo. E l'edificio che sta scivolando lungo la strada ghiacciata? E' una delle sensazioni che mi trivella, vana ricerca di cose che prendono fuoco? Sono io la sua morbida scorza terrestre? Perchè ora Najla mi sembra così vuota di realtà, aliena alla struttura delle cose? Sei Najla o un sbuffo di cenere? Sono vittima di una maledizione, una malia, oppure si tratta della semplice interruzione del flusso sanguigno verso la corteccia cerebrale? Ora mi siederò qui e aspetterò che passi, strappandomi di dosso ogni sanguisuga. No, non sanguisughe: didascalie. Vorrei qualcuno che mi dicesse cosa fare di queste mani ingombranti, che non vanno bene neanche per coprirsi la faccia. La psicosi soffia ed io sono un mulino.
Iscriviti a:
Post (Atom)